Petrolio, Summa (Cgil): “Siamo a un punto di non ritorno, serve con urgenza tavolo nazionale con Governo e parti sociali”. Di seguito la nota integrale.
Il petrolio della Val d’Agri e tutta la vicenda energetica della Basilicata devono conoscere un punto di svolta, puntando così a chiudere un decennio di contrapposizioni e preconcetti e aprendo la via di una transizione intelligente.
Riteniamo sia questo il punto di non ritorno e sia questo il momento per aprire con urgenza un tavolo nazionale con il Governo e le parti sociali, affinché si affronti sia la questione che attiene al presente – e cioè del come si può fare attività estrattiva in sicurezza – ma soprattutto allo scopo di delineare i tempi e le risorse per uscire dal combustibile fossile salvaguardando, allo stesso tempo, i livelli occupazionali.
Pensiamo sia giunto il momento per approfondire un tema che è di strettissima urgenza, il tema delle infrastrutture per la fornitura di carburanti alternativi al petrolio (biocarburanti, Gnl, elettrico, idrogeno), per la strategicità conseguente e relativa al sistema della mobilità e della filiera industriale coinvolta da questo grande cambiamento.
Pensiamo sia giunto il momento di un nuovo patto di sviluppo, che assuma oggi la questione della transizione energetica secondo le linee tracciate dall’Unione Europea, istituendo un fondo di transizione strutturale che permetta di accompagnare la riconversione e il mantenimento dei posti di lavoro. Un fondo finanziato con risorse dell’Unione Europea e del governo nazionale, con i fondi delle royalties regionali e comunali per un grande investimento pluriennale e per un definitivo superamento dell’economia viziata della sussistenza che molto spesso il regime di royalties ha garantito. Una grande sfida che punta alla sostenibilità e alla capacità di saper cogliere le trasformazioni in atto, tracciandone già da adesso la traiettoria.
In estrema sintesi e ripercorrendo velocemente le tappe della “Basilicata energetica” si può sostenere che, sin dall’inizio di una operazione (metà anni Novanta) sì inedita ma allo stesso autorevolmente condotta, la naturale cautela di larghi strati della società e delle istituzioni ha lasciato il passo all’entusiasmo di una nuova stagione programmatoria in cui l’intesa istituzionale e gli accordi tra Eni, Regione e Stato sono stati un punto di avanzamento e si sono segnalati per autorevolezza e credibilità.
Nel corso del tempo si è insediata una sorta di reciproca declinazione di responsabilità, perdendo di vista la originaria missione produttiva e di sviluppo. Le compagnie sono scivolate verso comportamenti di mero sfruttamento economico, considerando le royalties non più in chiave di compensazione e di scelte strategiche quanto piuttosto un costo passivo e vagamente risarcitorio, con tutte le conseguenze sulla finanza locale e sull’accomodamento deteriore.
Su questa china, il danno di credibilità prodotto – la questione ambientale su tutte, ma non la sola – ha innescato una reazione imprevista, scivolando verso dinamiche selettive e poco lungimiranti nei rapporti tra istituzioni e compagnie, con grave lesione di diritti, di qualità ambientale, di sicurezza della salute, di fiducia dei cittadini, di futuro.
A questo punto, date le più generali condizioni dell’economia da fonti energetiche, l’aspetto che più deve suscitare attenzione per una regione “energetica” come la Basilicata (colto e sintetizzato nei programmi di investimento europeo delle nuove strategie al 2020) è non tanto la progressiva diminuzione di produzione mondiale di petrolio (secondo gli esperti fino al 2030 non si coglierebbe questo aspetto), quanto la più rapida diminuzione delle quantità che di esso si rendono disponibili sul mercato delle esportazioni.
Se un paese come l’Italia aspira a rimanere una realtà industrializzata e sufficientemente competitiva anche in futuro, dovrebbe cominciare seriamente a fare i conti con questa realtà, atteso che la “sfida energetica” non potrà certo essere vinta prevedendo semplicemente un aumento di estrazioni, quanto piuttosto riposizionando gli investimenti strategici senza valicare la capacita produttiva regionale riveniente dagli accordi sottoscritti.
La Basilicata può assumersi il compito di mostrare la strada verso l’alternativa necessaria, smettendo i panni della “regione strategica” buona solo per attingere risorse funzionali alla conservazione di uno stato di cose, offrendo il proprio contributo per la costruzione di un modello di sviluppo che faccia dell’economia verde il volano di una nuova Basilicata energetica e produttiva.