Pierluigi Diso: “Due appuntamenti importanti per la nascita della Zes Taranto-Basilicata”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Fortunatamente la perseveranza del Comitato Zes Lucana potrà almeno vedere i primi effetti entro l’anno corrente, data l’importanza dei due appuntamenti di novembre 2018 organizzati il primo a Taranto e l’altro a Matera che, alla presenza del Ministro Lezzi, sanciranno sicuramente dei punti fermi per la nascita della Zes Taranto-Basilicata. Attendiamo con ansia buone nuove dal Governo. Di seguito la nota integrale invita alla nostra redazione.
Oggi in Basilicata si sta votando per il rinnovo dei presidenti delle due provincie, cartina di tornasole per la campagna elettorale del 2019 che vedrà i lucani recarsi alle urne per il rinnovo del Consiglio Regionale, senza aver prima verificato se gli elettori sono ancora allineati e coperti, dopo il voto del 4 marzo che ha spaccato in due lo stivale.Nessuno si chiede se esiste ancora una questione meridionale o trattasi di geopolitica. La mappa bicolore dell’Italia, in cui a un Centro-Nord maggioritariamente leghista si contrappone un Meridione compattamente grillino, è in parte ingannevole. Perché uniforma cromaticamente una realtà – il Mezzogiorno – eterogenea, inducendo a credere che questa esprima un’individualità geopolitica. E’ certo che il voto politico di marzo riflette delle differenze che stanno contagiando la politica estera e interna. Dopo la crisi globale finanziaria di dieci anni fa, molti processi economici si sono caratterizzati per le loro divergenze piuttosto che per le loro convergenze, ecco la mappa dello scontento al Sud, ancora proteso verso un assistenzialismo dal Nord e dall’Europa. E’ già successo in altri Stati del mondo che il risultato elettorale ha portato ad un ripensamento delle scelte economiche. Speriamo che il “Resto al Sud” resti qui veramente e che le zone economiche speciali vedano la luce al più presto, con questo Governo e gli appuntamenti di Taranto del giorno 8 novembre e poi quello del 9 a Pisticci Scalo facciano da apripista e il Governo centrale dia subito le risposte tanto attese. Non va dimenticato che le misure economiche di dieci anni fa, raccomandate dalla Banca Mondiale non hanno avuto successo; forse perché privilegiavano le zone ricche del paese a discapito di quelle da sviluppare perché più deboli.Ma la dottrina economica e politica ci insegna che le politiche di sviluppo delle zone più svantaggiate, se ben strutturate e implementate, risultano essenziali per il miglioramento globale dello Stato. Oggi è fondamentale lo studio della geopolitica per la crescita di politiche di sostegno pubblico e di impegno privato al servizio della comunità locale, per favorire a questa una sua maggiore autonomia nello stabilire le priorità di sviluppo locale ed evitare la fuga dei cervelli dal Sud. Ecco che il contesto politico deve partire dal basso, dal locale al nazionale, affinché le politiche di sviluppo locale possano essere modificate in base alle caratteristiche locali e non imposte…e basta. Forse sarebbe bene copiare alcuni Paesi più sviluppati del nostro, solo perché hanno attuato politiche sociali vincenti, per verificare come le politiche localizzate stanno diventando il punto di partenza su cui costruire la pianificazione nazionale. In vista delle prossime consultazioni regionali questo dovrebbe essere un argomento di discussione attiva nel dibattito politico in regione per capire come le diverse esperienze socio-economiche possano determinare le diverse scelte elettorali, perché le diverse zone di uno stesso paese o di una stessa regione mettono in difficoltà la coerenza politica e sociale, quando alcune zone prosperano ed altre arrancano, quando il quadro dei lavoratori medi viene meno impoverendo la vitalità delle singole comunità locali, mentre le città globalizzate e ricche prosperano attirando persone giovani e istruite. D’altronde, l’Italia è fra i paesi con le maggiori disparità regionali. Al centro-nord, il reddito è molto più alto; il tasso di occupazione, soprattutto femminile, assai maggiore; lo stesso accade per quantità e qualità delle imprese. Nel secondo dopoguerra, durante il ‘miracolo economico’, le differenze di reddito si sono significativamente ridotte. Il sud si è modernizzato, ha ridotto un po’ il suo forte gap infrastrutturale – anche se in Basilicata dato cruciale è proprio la mancanza di infrastrutture – rispetto al resto del paese, ha visto crescere l’industria. Questo è stato frutto di una intensa e determinata politica pubblica nazionale. Dal punto di vista economico e industriale, ancora troppo forte era e rimane la diversa convenienza nel ‘fare impresa’ fra centro-nord e sud in termini di dotazione di infrastrutture, disponibilità di servizi pubblici e privati, presenza di lavoratori ben qualificati, distanza dai mercati di sbocco, presenza di agglomerazioni produttive e connesse economie esterne. Forse la recente introduzione delle zone economiche speciali al Sud darà nuova linfa vitale al Mezzogiorno. Negli anni Ottanta, fino alla crisi fiscale del 1992, il Sud è stato parzialmente compensato da flussi di spesa pubblica corrente, che ne hanno sostenuto i redditi ma non promosso lo sviluppo, limitandone potenziale di crescita. Le regioni meridionali hanno un patrimonio di risorse, innanzitutto umane, ma anche ambientali e culturali, poco o male utilizzate. Matera è adesso l’esempio di un nuovo rinascimento del Mezzogiorno con la proclamazione della città dei Sassi da vergogna nazionale a patrimonio dell’Unesco prima e, da quattro anni ormai, a Capitale europea della cultura per il 2019. Il mancato utilizzo di queste risorse limita il tasso di crescita dell’economia. Con una maggiore occupazione al sud, non solo il reddito nazionale, ma anche il gettito fiscale e contributivo sarebbero ben maggiori. Ma per ottenerli è indispensabile uno sviluppo assai più ampio dell’impresa privata, a partire dai Comuni interessati che devono realizzare e aumentare le occasioni di convenienza del ‘fare impresa’ al sud, oltre all’ente regione che deve provocare un forte sviluppo delle politiche industriali al Sud e la conseguente crescita dell’occupazione.
Pierluigi Diso
Belle parole e concetti manca solo dire chi è Pierluigi Diso che magari non tutti conoscono….