Epidemia e politiche per il rilancio creano un’occasione per un ripensamento dell’Italia, riportando al centro dell’attenzione politica il ruolo del Mezzogiorno nella società e nell’economia nazionale. Di seguito le riflessioni di Pierluigi Diso.
Dopo l’ultimo ventennio di inattività e in vista di una rinascita post-pandemica, non possiamo far precipitare le regioni del Mezzogiorno nel baratro. Il Recovery Plan è l’ultima occasione per farlo decollare. Il Governo Draghi ispira fiducia, specie per aver considerato il rilancio del Sud una priorità e uno dei punti principali del Recovery Plan. Si spera così di riparare alle devastanti conseguenze della pandemia sulla nostra economia, perchè solo curando l’aspetto epidemico possiamo curare l’economia. Con la Legge di Bilancio di prossima approvazione e il Decreto Sostegni bis saranno stanziati altri 40 miliardi per le imprese, perché ciò che è stato fatto è poco e il nuovo debito di cui l’Italia deve farsi carico è un debito necessario: il numero dei poveri in Italia ha superato quota cinque milioni. La media dei ristori elargiti sin qui è del 5% delle perdite subite. Poco! Bisogna fare di più, anche in deficit, anche se questo significherà grave peso sulle generazioni future che si troveranno un debito elevato. Questi soldi devono comunque essere spesi bene, passando così dai ristori e dai sostegni agli investimenti e creare ricchezza o i giovani si troveranno un fardello che sarà difficile cancellare. Il 40% degli imprenditori nel corso del 2020 è stato per tre mesi circa senza reddito e non è riuscito a pagare i costi fissi e le spese correnti. Il 40% delle famiglie non ha pagato l’affitto e il mutuo casa. La pandemia ha aumentato il sovraindebitamento delle famiglie. Bisogna guardare oltre e uscire dal circolo vizioso e immetterci in un circolo virtuoso. Non sappiamo ancora con quali risultati, ma è innegabile che l’opportunità di interventi straordinari dettati dai Recovery Fund è l’occasione storica, unica e irripetibile non solo per avviare la ripresa e favorire la crescita dando ossigeno alle imprese, ma soprattutto per realizzare opere di cui il Paese ha bisogno. La perdurante incertezza della politica impone un cauto ottimismo, perché non dimentichiamo che chi deciderà fa parte di quella classe dirigente che ha mancato troppe volte l’appuntamento con la storia e questa è un’occasione storica. Arriveranno molti soldi, forse meno di quel che si dice, ma saranno comunque tanti. Sapremo utilizzarli? La classe dirigente, politica e non, inizi a guardare con attenzione il territorio, sforzandosi di intuire le sue vere esigenze senza rifuggire come per il passato solo alla raccolta del consenso elettorale. Ben venga l’istituzione delle task force locali che aiuteranno le amministrazioni territoriali nella gestione dei fondi del Recovery Plan. A pochi giorni dalla consegna del piano, prevista per il 30 aprile, il presidente del Consiglio ha parlato del coordinamento necessario tra gli enti locali (Comuni e Regioni in primis) e il governo centrale. Le amministrazioni saranno responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme, ma la supervisione politica del piano sarà affidata a un comitato istituito presso la presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti. In questo ambito si è posizionata la Next Generation “Sud”, perché ormai è certo che il benessere del Nord dipende dal Sud. Non va dimenticato che la recente crisi sanitaria pandemica ha messo inginocchio la sanità settentrionale e lombarda in particolare. Dal Sud deve ripartire il treno Italia: non dico dalla stazione di Matera, ma che parta almeno il treno da Bari per Napoli. Fra le debolezze più intense e più radicate dell’Italia vi è certamente l’asimmetria territoriale dei suoi processi di sviluppo che nel ventennio non si è ridotta, insieme al calo della natalità e all’invecchiamento della popolazione, all’emigrazione di molti giovani, anche ad alta qualificazione, come va denunciando da tempo un ex sindaco di Potenza. Il mezzogiorno non può rimanere periferia, ma occorre mettere in atto politiche pubbliche che possano mutarne le caratteristiche strutturali, potenziando l’istruzione, le reti e i servizi necessari a una più ampia circolazione delle idee, delle persone, delle merci, dei servizi. Il Piano di rilancio mette in discussione proprio il ruolo delle politiche pubbliche in tutte le aree del paese: è l’ora di progettare e costruire un paese più coeso socialmente e più forte economicamente, con una base industriale su cui innestare la nuova economia dei servizi. Con la legge sulle ZES e le Zone Franche Doganali, i porti del Mezzogiorno diventano le porte d’Europa e di una parte importante del Paese per i commerci intercontinentali, ma anche i luoghi per un’ottimale localizzazione di attività logistiche, di trasformazione, di assemblaggio finale.