Pnrr e carenza di personale, Fp Cgil: Nel decreto legge del governo Meloni briciole per gli enti locali. Dal 2015 a oggi in Basilicata persi oltre 3mila lavoratori pubblici. Di seguito la nota integrale.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge sul rafforzamento della capacità amministrativa della pubblica amministrazione: oltre 3.000 assunzioni di cui due terzi riguardano le forze dell’ordine e una tagliola sul fronte degli enti locali, per i quali viene respinta la norma con l’esclusione dei costi dei rinnovi contrattuali dai calcoli sui tetti di spesa che avrebbe consentito l’allargamento degli spazi per le assunzioni.
Uno sbandierato rafforzamento che si traduce in briciole per gli enti locali, pur considerati il fronte più critico nell’attuazione del Pnrr anche a causa dei loro asfittici organici. Basti pensare che, come emerge dal report sul Piano straordinario per l’occupazione nel settore pubblico, dal 2000 al 2020 i dipendenti pubblici sono diminuiti di circa 200mila unità. Solo in Basilicata, dal 2015 a oggi, abbiamo perso oltre 3mila lavoratori pubblici. Una vera e propria emorragia le cui conseguenze negative si stanno palesando oggi con i ritardi per l’attivazione del Pnrr, così come evidenziato dallo Svimez e dalla Corte dei Conti. I Comuni lucani sono afflitti da problemi di scarse risorse e organici al lumicino, e le assunzioni fatte non riescono a colmare il vuoto che si è creato per effetto dei numerosi pensionamenti e blocco del turn over.
Cartina di tornasole rappresenta la composizione del personale negli enti locali: la percentuale di personale under 40 dei Comuni è solo del 4,8% nel Mezzogiorno (10,2% nel Centro-Nord); solo il 21,2% dei dipendenti comunali del Mezzogiorno è laureato (28,9% del Centro-Nord). Anche l’ultimo conto annuale della Ragioneria generale dello Stato ha confermato come i giovani siano una sorta di chimera nella nostra Pubblica amministrazione. Nel 2021 gli under30 sono circa 180mila, contro gli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici. Appena poco più del 5%. Dal 2001 al 2021 l’età media nel pubblico impiego è passata da 43,5 a 49,8 anni, con un incremento di oltre 6 anni.
I decreti che l’attuale governo ha varato non hanno fatto ciò che serviva: per rafforzare la capacità amministrativa e tecnica della “macchina pubblica” bisognava collocare strutturalmente competenze e risorse dove serve, a partire dal territorio dando corso ad una stabilizzazione e valorizzazione professionale adeguata del personale assunto a tempo determinato per sostenere la progettazione e programmazione. In questa direzione va l’approvazione dell’emendamento caldeggiato dalla Fp Cgil che prevede la possibilità per gli enti di stabilizzare quanti maturino 24 mesi di servizio, previo colloquio selettivo e all’esito della valutazione positiva dell’attività svolta. Una norma che riguarda precari, assunti a tempo determinato presso Comuni, Province, Regioni ed altri enti locali del Meridione per il supporto alle politiche di coesione.
Gli impegni da noi assunti in questi anni nella lotta al precariato, e ribaditi in occasione dell’iniziativa del 30 marzo scorso “Superare il precariato costruire il futuro”, hanno prodotto un primo risultato. Un importante passo avanti che colma la distanza tra queste procedure di stabilizzazione e quelle previste per le amministrazioni centrali e una opportunità per molti Comuni della nostra regione, ormai al collasso da tempo, da utilizzare in sinergia con le altre leve assunzionali a tempo indeterminato per restituire alle case comunali, primo presidio istituzionale dei territori e, in molti casi, l’unico rimasto, la possibilità di garantire alla comunità servizi indispensabili.