Un dibattito trasversale e multidisciplinare, che segna l’avvio di un nuovo percorso di dialogo interordinistico e interistituzionale quello ospitato, ieri, nella Sala Inguscio della Regione Basilicata, promosso dall’Ordine degli Psicologi della Basilicata, in collaborazione con l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Potenza, l’Ordine lucano degli Assistenti Sociali e l’Ordine delle Professioni Infermieristiche della provincia di Potenza, sul tema “Strategie di prevenzione e gestione della violenza contro le operatrici e gli operatori sanitari: l’approccio multidisciplinare per la gestione del rischio nel processo di cura”.
I lavori sono stati divisi in tre momenti. L’introduzione alla giornata è stata affidata alla vicepresidente dell’ordine degli Psicologi, Maria Antonietta AMOROSO; i contributi istituzionali a cura di Luisa LANGONE, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Basilicata, Rocco PATERNÒ, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Potenza, Serafina ROBERTUCCI, presidente OPI Potenza, Giuseppe PALO, presidente dell’Ordine lucano degli Assistenti Sociali, Cosimo LATRONICO, assessore Salute e Politiche della Persona della Regione Basilicata, Ivana PIPPONZI, Consigliera Regionale di Parità della Basilicata e Benedetta DITO, direttore generale INPS di Basilicata.
A seguire, le relazioni di Alfonso MAZZACCARA, coordinatore Comitato Scientifico per la Educazione Continua in Medicina Istituto Superiore di Sanità, di Salvatore GENTILE, già Direttore ff. UOC di Psicologia ASM, di Carlo STIPO, direttore UOSD Ser.D. ASP e di Angela GERMANO, assistente sociale IDF Consultorio Familiare ASM. In chiusura, gli interventi di Natalina FILARDI, direttore Psicologia Clinica UOSD ASP, Vincenzo PIERRO, direttore ff. SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) ASM, Aldo DI FAZIO, direttore Struttura Interaziendale Complessa di Medicina Legale AOR San Carlo, Giuseppe BERTOZZI, Clinical Risk Manager ASP.
La presidente dell’ordine degli Psicologi, Luisa Langone, accogliendo i convenuti, ha sottolineato: «La violenza contro gli operatori sanitari è un fenomeno preoccupante e in crescita e riguarda non solo l’ambito fisico ma anche quello psicologico ed emotivo. L’impegno di chi lavora in questo settore è spesso messo a dura prova da episodi di aggressioni e tali vicende minacciano non solo la sicurezza ma anche il benessere; l’approccio psicologico diventa fondamentale per prevenire e gestire ogni tipo di violenza. Le motivazioni alla base dei fenomeni violenti sono molteplici e vanno dalla frustrazione dei pazienti per i tempi di attesa, a problemi psichici e fino a difficoltà nel controllo del senso di impotenza; gli effetti psicologici della violenza sugli operatori sociali e sanitari sono altrettanto molteplici e vanno da ansia a depressione, a burnout, a disturbo post-traumatico e fino alla perdita di autostima. È complesso ed è necessario un intervento a più livelli e un approccio integrato e multidisciplinare. Per passare dall’analisi alle azioni concrete, occorre ribadire che è fondamentale investire in formazione, supporto psicologico e informazione per preservare la salute mentale e il benessere dei cittadini e degli operatori e migliorare la qualità del servizio sanitario complessivo, in termini di efficienza e sostenibilità».
Così il presidente dell’OMCeO di Potenza, Rocco Paternò: « Mi piacerebbe non parlare di emergenza, ma purtroppo persiste e auspico fortemente che vi sia un passo avanti rispetto alla legge di recente approvazione che prevede l’arresto in flagranza differita nei casi di violenza contro gli operatori sanitari. Gli ospedali, i presidi sul territorio non sono e non devono diventare trincee, i medici nascono per curare e stare vicino alla gente. Risaliamo alle origini; il sistema sanitario nazionale non è più abitato da equità e uguaglianza, ci sono meno medici, meno infermieri, meno personale, dobbiamo correre da un paziente all’altro, con pochi strumenti e tanta, troppa, burocrazia cui assolvere. Le prospettive non sono certo rosee, se consideriamo anche l’autonomia differenziata; ci aspettiamo che la politica intervenga e comprenda che lavorare 12 ore al giorno, con turni stressanti, sacrificando la famiglia e se stessi, non è sostenibile. Ricevere un’aggressione comporta il distacco dall’azienda in cui si opera, prevale la voglia di andare via, i giovani scappano. Ora più che mai, bisogna mettere gli operatori in condizioni di lavoro degne, restituire il rapporto fondamentale tra medico e paziente, perché il tempo della relazione è il tempo della cura. Va fatto con le professioni sanitarie, sociali e politiche, insieme in un tavolo permanente; ci credo, ci crediamo ancora».