Pietro Simonetti, presidente del CSERES, esprime alcune riflessioni sull’evento regionale organizzato dai sindacati Cgil Cisl e Uil per il Primo Maggio a San Costantino Albanese. Di seguito la nota integrale.
“Primo Maggio a San Costantino Albanese, una buona iniziativa in una giornata di festa, di lotta e di riflessione per uscire dalla difesa e intraprendere il percorso del protagonismo unitario e per rimettere al centro il lavoro.
Alle pendici del Pollino, uno dei grandi parchi europei, tenendo conto del passato anche recente, si tratta di pensare diversamente alla ricostruzione di un movimento sindacale unitario che schieri la rappresentanza di base e la partecipazione dei lavoratori per ricostruire la vertenzialità e della proposta di sviluppo
In due parole:uscire dalla linea difensiva e spesso non unitaria costruita negli ultimi anni anche da governi e dal sistema imprenditoriale.
Valorizzare la grande partecipazione al rinnovo delle Rsu riprendento la contrattazione nei luogi di lavoro e nel territorio.
San Costantino è il micro specchio della realtà fattuale: un paese di immigrati degli anni 1000 in fuga per sopravvivere. Oggi i razzisti e sovranisti la indicherebbero come “invasione” per chiedere il rimpatrio in Albania e in aree circostanti.
Il fatto è che in paese ci sono circa adesso 700 abitanti, 18 migranti, nessuno dei quali di pelle nera. In effetti le badanti sono di più, mentre l’infanzia latita con poche unità e gli studenti sono 68, pochi per ottenere aule, asili e servizi.
In Regione ci sono ora 2800 studenti figli di migranti che chiudono le falle aperte dalla denatalità dei lucani. Molte scuole sono state salvate.
Intanto ora risiedono in Basilicata 23mila migranti, 4,2% dei residenti complessivi, mentre nel 2017 sono stati 44 mila i lavoratori e lavoratrici migranti a contribuire al PIL della regione anche in mobilità da atre regioni (8,2%della popolazione) in presenza di 2400, richiedenti asilo (0,40% dei residenti) che danno lavoro a circa 750 giovani lucani nel comparto della accoglienza.
Dal micro al macro.
Sulla situazione demografica italiana, lucana europea per anni c’è stata la prevalenza dell’ignorare. L’abbondanza dei flussi immigratori dall’est ha sopperito come esercito di riserva a tutto:forza lavoro nelle fonderie, nell’agro alimentare e nel lavori di cura.
Ora accade il contrario con i corposi rientri al passo di 8 milioni nel solo 2017 per Romania, Polonia, Romania e Bulgaria. Insomma l’idraulico Polacco torna a casa come le badanti e i raccoglitori di frutta. Restano gli autisti sfruttati dai padroncini.
Anche il racconto sulla fuga dei cervelli e delle nuove emigrazioni comincia a mostrare la corda. Nel 2017 sono usciti dal Paese circa 120 mila persone, di cui 30 migrati stranieri che si spostano in altri Paesi, in prevalenza lavoratori con basse qualifiche e titoli di studio (come in Basilicata).
Nel contempo sono stat 80mila i rientri.
Si emigra più dal centro e dal nord che dal sud, in percentuale siamo allo 0,20 della popolazione italiana.
Al tempo del falso e dell’industria della paura e della precarità occorre reagire.
C’è bisogno di un piano di ripopolamento e di occupazione, di piattaforme e di vertenze.
Non solo commentare il passato ma costruire il futuro con idee, progetti, vertenze come negli anni sessanta, settanta e alla fine del secondo millennio.
San Costantino oggi annuncia la Basilicata di domani.
Può essere diverso con l’unità sindacale, bloccando il declino, e lottando come quando si occupavano le terre o si conquistava la parità retributiva o lo statuto dei lavoratori.”