Sul reddito di cittadinanza si registra uno scambio di battute tra lo storico Giovanni Caserta e il politologo materano Franco Vespe, già candidato sindaco alle ultime elezioni con la lista civica “L’Altra Matera”. Di seguito la nota integrale.
Caro Franco, anche l’elemosina è un triste ripiego. Ma, se togli quella, a te che sicuramente la fai, chiedo: che resta se non la morte per fame? Tu dici: la Costituzione è fondata sul lavoro. Ma quando il lavoro non c’è o, addirittura, c’è solo per i raccomandati? L’art. 3 della Costituzione dice: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”! Se tu, se io non avessimo goduto della “carità” dello Stato, avremmo potuto studiare? Che deve fare lo Stato per il disoccupato e i suoi figli? Certo il diritto di cittadinanza è problema complesso. A chi tocca? Come scegliere? Come metterla con il bilancio dello Stato? Ma liquidarlo come problema improponibile non mi sembra giusto. Mi piacerebbe sentire i tuoi corrispondenti, cui vorrei girassi la presente. La questione è troppo importante.
Un sincero saluto.
Giovanni
Caro Giovanni,
prendo spunto dal tuo commento per integrare la mia nota da cui ha avuto origine questo dibattito. Voglio chiarire che io sono tutt’altro che contrario al reddito di cittadinanza e che esso va nella direzione che indica l’art. 3 della Costituzione che tu citi. Pertanto non lo reputo affatto improponibile come argomento. Ho invece molto da eccepire che possa diventare obiettivo strategico da perseguire dalla politica tanto da farlo diventare prioritario (il reddito) rispetto al lavoro. Non può e non deve diventarlo perché finisce altrimenti di essere una dichiarazione di resa rispetto alla temeraria impresa di modernizzare il nostro paese! Non voglio ovviamente nemmeno sfiorare la questione della sostenibilità economica attraverso la quale la cultura neo-liberista de-rubrica questa necessità.
Non sono poi affatto d’accordo che lo stato ci ha fatto la “Carità” nel farci studiare. Tutt’altro! Ha fatto un serio investimento! Oggi il vero problema è proprio quello di capire qual è il ruolo dello stato. Il vero problema che ignorano le politiche neo-liberiste e le agenzie di tutela sociale tradizionali per opposti motivi, che l’indebitamento degli stati non necessariamente è pernicioso..o, per opposti motivi, salutare. Lo stato funzione esattamente come una normale famiglia. Ci sono debiti sani perché serviti per fare investimenti (la casa per esempio, gli studi o l’avviamento professionale dei figli ecc.) e ci sono debiti malati che servono per farsi vacanze faraoniche , oppure andare a giocare a carte o alle slot machine. La differenza fra lo stato americano o giapponese o Cinese e quello Italiano consiste nel fatto che loro hanno contratto debiti sani serviti ad incentivare la innovazione e la modernizzazione del loro paese (caldeggio caldamente la lettura a tal proposito dell’illuminante libro della Mazzuccato: Lo Stato Innovatore); mentre l’indebitamento dello stato italiano è malato perchè avvenuto per incentivare prevalentemente i consumi (al Sud soprattutto per pompare invece investimenti al Nord!) prestando totale disattenzione rispetto alle questioni della innovazione e della modernizzazione del nostro paese. E’ un peccato originale questo dei nostri economisti a cominciare proprio da quelli che sembrano essere fra i più rivoluzionari come Bagnai. Per fare giusto un esempio. Gli incentivi alla rottamazione sono un tipico vergognoso esempio di come lo stato si indebita per incentivare i consumi. Per esempio potrebbe utilizzare gli stessi fondi per promuovere sviluppi tecnologici nuovi nel settore dell’auto… La II regola aurea da applicare quando lo stato interviene nell’economia è quella che non può e non deve decidere chi vince e chi perde! Invece accade eccome! Proprio questo è alla base, a ben vedere, dell’alto tasso di corruzione dell’apparato pubblico del nostro paese!
Noi Europei oggi ci mangiamo più della metà delle risorse mondiali destinate al wellfare state e il pensiero unico neo-liberista ci sta colpevolizzando a tal punto, tanto da ispirare tagli che incidono le carni di noi europei mediterranei, fino a toccare l’osso. Il wellfare conquistato invece deve essere tutelato e difeso con i denti, se mai, propagato. Si può certo passare dal wellfare state al wellfare community per renderlo più efficiente (è l’esperimento proposto in modo temerario e moderno dal dossier per CEC 2019 proposto da Lecce che per me rimane il migliore! n.d.r.). Possibile che non si comprende che esso si può salvare solo e soltanto grazie alla innovazione tecnologica ed alla capacità di occupare nicchie di mercato che pochi altri paesi hanno la capacità di coprire? Possibile che non si è capito che con i paesi emergenti non si può competere sul piano del costo del lavoro? La lotta è senza speranza ed impari e si finirà per dissipare inutilmente tutte le conquiste del wellfare. Io non so se gli epigoni di quelle corazzate che hanno rastrellato consensi da tifo (sgradevolissimo fra l’altro! Quando ce vò ce vò!) alle ultime elezioni a Matera proponendo programmi (?) e mentalità vecchie ed inutili abbiano contezza di questo scenario e del fatto che l’urto maggiore di queste dissennatezze le stanno subendo le nostre città. Chi scrive ha l’effimero orgoglio di averlo ben chiaro!
Un abbraccio
Franco Vespe