Duemila agricoltori in rappresentanza dei 20 mila associati e 100 trattori. Sono i numeri dell’imponente manifestazione che Coldiretti Basilicata organizzerà il prossimo 21 marzo a Potenza, dinanzi alla sede della Regione Basilicata per chiedere “rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali per far fronte alla grave crisi dovuta ai rincari e al conflitto in Ucraina”. Per l’organizzazione agricola lucana “la pandemia prima e la guerra, poi, hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito”. “ In poco più di 10 giorni di guerra la sicurezza alimentare europea ha mostrato tutta la sua fragilità – evidenzia il presidente regionale di Coldiretti Basilicata , Antonio Pessolani – sono cresciuti ulteriormente anche i costi di produzione, già saliti oltre le soglie di guardia per alcuni prodotti: dal +170% dei concimi, al +80% dell’energia e al +50% dei mangimi, senza trascurare il +150% del gasolio agricolo”. Per Pessolani “oltre ad interventi urgenti e scelte strutturali
a livello europeo e nazionale, sono urgenti anche misure di sostegno da parte della Regione Basilicata per evitare gravi e irrimediabili ricadute sul futuro dell’agricoltura lucana. Per questo chiediamo risposte immediate per gli agricoltori e per questo scendiamo in strada. Solo attraverso scelte trasparenti – continua Pessolani – come l’etichettatura d’origine obbligatoria e politiche di sostegno al percorso di transizione economica, ecologica e digitale, l’Europa può costruire il suo futuro e l’Italia può giocare un ruolo da protagonista avendo sviluppato un modello agricolo tra i più sostenibili del mondo. La stessa PAC post 2023 e il PNRR oggi sembrano già inadeguati a rispondere alle esigenze del tempo nuovo che stiamo vivendo”. Se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione. “Una situazione insostenibile che mette a rischio le forniture alimentari della Regione e non solo – aggiunge il direttore regionale, Aldo Mattia – garantite da circa 20 mila imprese agricole che non hanno mai smesso di lavorare durante la pandemia ed ora sono strozzate dalle speculazioni e dalle conseguenze della guerra in Ucraina” conclude Mattia.