Le Confederazioni dell’artigianato sono dalla parte dei ristoratori che continuano a pagare un prezzo altissimo dalle prescrizioni prolungate con l’impossibilità del ricorso alla “zona gialla” per tutto il mese di aprile. Lo afferma Rosa Gentile componente della Giunta nazionale Confartigianato, riferendo che un documento unitario è stato inviato da Confartigianato, Cna e Casartigiani per sollecitare il Governo e il Comitato Tecnico Scientifico a consentire la riapertura in sicurezza delle attività di ristorazione. L’evidenza epidemiologica non consente di imputare a bar e ristoranti e alla ristorazione in genere, la trasmissione del virus che è rimasta a livelli particolarmente elevati anche da prima di Natale, da quando queste attività sono praticamente chiuse. Nel frattempo i ristori e i sostegni per il settore sono stati del tutto inadeguati a compensare le perdite subite e il blocco dei licenziamenti nasconde una realtà ben più amara che purtroppo costringerà le imprese che non ce la faranno comunque di chiudere. Abbiamo chiesto unitariamente – dice Gentile – che venga fatto ogni sforzo affinché non sia raggiunto il punto di non ritorno. Altri mesi di chiusure senza alcuna certezza per il futuro andrebbero ad infliggere un nuovo e ancor più doloroso colpo al settore della ristorazione. Il solo comparto degli eventi rischia di vedere sfumati quasi due anni di fatturato, dal momento che la pandemia sta stravolgendo l’intera programmazione 2021. Il senso di responsabilità deve essere di tutti in egual misura.
L’unica possibilità di poter riaprire in sicurezza è accelerare la vaccinazione della popolazione secondo le priorità e le regole disposte con il Piano nazionale. Le Confederazioni dell’artigianato tuttavia esprimono il forte auspicio che, terminata la vaccinazione delle fasce esposte a maggiore rischio (anziani e persone fragili), possa essere prestata una attenzione particolare anche agli addetti (titolari e personale) delle categorie economiche come la ristorazione che hanno subito le maggiori restrizioni. La chiusura di un altro mese può valere, da sola, una parte dirimente del fatturato. Il che vuol dire che la sopravvivenza di molte attività della ristorazione è messa duramente alla prova. Non è secondario segnalare, inoltre, come ciò determini una concatenazione di effetti, in grado di incidere in negativo su più rami dell’agroalimentare, e di conseguenza del Made in Italy. Si stima che soltanto l’invenduto concernente vini ed alimenti abbia raggiunto, lo scorso anno, un valore pari a 9,6 miliardi di euro. Una filiera – quella dell’agroalimentare – cui si collega il destino di circa 4 milioni di posti di lavoro.
Per Confartigianato, Cna e Casartigiani è tempo, dunque, di individuare un rigoroso assetto di regole, suscettibile di far ripartire in sicurezza quel sostanzioso raggruppamento di imprese che operano nel campo della ristorazione e degli eventi. L’unica richiesta che quest’ultime eccepiscono è la certezza di poter tornare a svolgere la propria attività con un certo grado di regolarità. Le aperture ad intermittenza costituiscono un ostacolo per l’ordinaria pianificazione del lavoro, che si struttura – come è ovvio che sia – sull’acquisto e la trasformazione di prodotti che per loro natura presentano carattere di deperibilità. La salute, quale diritto fondamentale del singolo e, insieme, interesse dell’intera collettività, non verrebbe in alcun modo scalfita. L’apparato giustificativo in vigore appare, infatti, deficitario sotto il profilo motivazionale. Attraverso la stretta applicazione degli indirizzi definiti dal legislatore è ben possibile assicurare, per esempio, il distanziamento dei posti a sedere, la limitazione degli accessi e la registrazione dei nominativi di ogni singolo cliente, In parallelo, questo addendum di prescrizioni muove nella direzione di consentire alle dette attività il prolungamento degli orari di apertura dei locali. Appare, cioè, opportuno che i prossimi provvedimenti del Governo riconoscano la possibilità di usufruire – a partire dalle ore 18.00 – di un ulteriore intervallo di tempo per l’esercizio delle attività inquadrabili nella ristorazione. E ciò alla duplice condizione che risulti in ogni caso esperibile il consumo al tavolo e che l’ingresso al locale avvenga, in un orario congruo (es. entro le ore 21.00), solo su prenotazione. La chiusura dei locali alle ore 23.00 implicherà – com’è ovvio che sia – il dilazionamento di un’ora dell’inizio dell’orario di “coprifuoco”. All’atto pratico, la prenotazione dovrà fungere da strumento imprescindibile per poter accedere ai locali dell’attività, parimenti, il mezzo per poter effettuare i dovuti accertamenti. Resta inteso che al medesimo tavolo non possono sedere più di 4 persone. Allorché conviventi, si potrà raggiungere un numero di persone non eccedente il limite di 8. Per concludere, è il caso di porre in rilievo come la documentazione attinente alla registrazione di chi, in concreto, entra nel locale in qualità di cliente dovrà essere conservata dall’esercizio limitatamente ai 14 giorni successivi. Così da poter essere trasmessa all’Autorità competente, nell’eventualità in cui ne emerga la materiale esigenza.