Rosa Gentile (Comitato imprenditoria femminile Camera di Commercio Basilicata): “Fondamentale considera esigenze di conciliazione vita-lavoro”. Di seguito la nota integrale.
Le imprenditrici devono fare i conti con un welfare che non aiuta le donne italiane a conciliare il lavoro con la cura della famiglia.L’Osservatorio di Confartigianato Imprese mette in luce che la spesa pubblica italiana è fortemente sbilanciata sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria per anziani mentre quella per le famiglie e i giovani si ferma.Tutto ciò si riflette sull’occupazione femminile e sulle condizioni per conciliare lavoro e famiglia: Confartigianato Imprese rileva infatti che il nostro Paese rimane ultimo nell’UE per il tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni. Per supplire alle carenze dei servizi pubblici, le donne si caricano di una notevole mole di impegni, tra cura della famiglia e attività domestiche, cui dedicano in media 3 ore e 45 minuti al giorno di lavoro non retribuito.
Intanto, la leadership femminile nelle imprese cresce, ma le donne restano una netta minoranza rispetto ai colleghi maschi. Le donne manager sfondano quota 1 milione, crescono ad un ritmo più che doppio rispetto a quello degli uomini, ma restano meno di un quarto del totale dei dirigenti italiani. Una situazione che però cambia se si guarda ai singoli settori: nei servizi di cura alla persona e sanità e assistenza sociale, ad esempio, le donne che siedono in posti di comando sono quasi alla pari con gli uomini. A fotografare la situazione è un approfondimento sulle cariche manageriali detenute dalle donne nelle imprese italiane contenuto nel IV Rapporto sull’imprenditorialità femminile realizzato da Unioncamere, che fa il punto sugli ultimi 5 anni. Rosa Gentile, presidente Comitato Imprenditoria Femminile Camera di Commercio Basilicata, riferisce che nel 2019 le donne che siedono nei posti di comando delle imprese italiane sono pari a 1.078.627, con un aumento del 7,2% rispetto a cinque anni prima. Un tasso di crescita doppio rispetto ai colleghi maschi, che tra il 2014 e il 2019 sono cresciuti appena del 3,5%, arrivando a oltre 3,2 milioni. Sul totale dei manager, tuttavia, le donne continuano a rappresentare una fetta di appena il 24,7% del totale. Ma ci sono comunque alcuni ambiti in cui la leadership femminile è forte e le ‘quote rosa’sono un dato di fatto. Nei settori della cura della persona e della sanità e assistenza sociale, le donne manager sono infatti quasi la metà del totale, raggiungendo fette rispettivamente del 50,8% e del 44,1%.
Ci sono poi i settori della manifattura legata alla moda, oltre a quelli dell’ospitalità e del turismo, e dell’istruzione, in cui le donne al vertice sono oltre il 30%. Negli ultimi 5 anni, inoltre, le donne manager sono aumentate molto soprattutto in settori non tradizionalmente femminili: l’incremento maggiore si registra nell’agricoltura (+31,1%, con una quota che è passata dal 21,1% al 23,6% del totale), ma anche nel trasporto, logistica e magazzinaggio (+18,6%, passando dal 17,6% al 19,1% del totale) e nei servizi assicurativi e finanziari, con oggi le donne al vertice rappresentano il 18,4% contro il 16,7% di 5 anni fa.
Con oltre 218mila manager donna, la Lombardia è la regione che traina la graduatoria a livello regionale della presenza femminile nei luoghi di comando, seguita da Lazio ed Emilia Romagna. Guardando però alla quota femminile rispetto al totale, è la Valle d’Aosta (nonostante negli ultimi 5 anni le donne manager siano calate dell’8,9%, in linea con il calo anche dei manager maschi) la regione in cui le donne sono la fetta più consistente (29,1% del totale), seguita da Sardegna (27,2%) e Piemonte (27,1%). Rispetto al 2014, infine, la crescita più forte di donne ai vertici si registra in Basilicata (+28,1%, più di 16mila imprese con donne titolari), seguita da Puglia e Sicilia.
In uno scenario di ripartenza, dopo il lungo periodo di lockdown, – afferma Gentile – dove le donne hanno continuato a lavorare con la formula del lavoro agile, alcune si sono reinventate pur di alleggerire il peso del mancato fatturato, producendo mascherine, camici, ecc., ora è fondamentale considerare le esigenze di conciliazione vita-lavoro. Le aziende rosa hanno bisogno di concretezza. Le imprenditrici che hanno subito i danni economici legati al lockdown, chiedono da una parte che venga resettato il sistema fiscale e dall’altra che vengano aiutate nello svolgimento del doppio ruolo: in famiglia e sul lavoro. Occorre in pratica un’attenzione maggiore della politica nei confronti della donna che lavora e un welfare in grado di andare incontro alle esigenze al femminile, attraverso iniziative capaci di conciliare la vita familiare, le scuole che non ripartono e la ripartenza del lavoro”.