Domenico Palma, segretario regionale Feneal-Uil, illustra in una nota le soluzioni da mettere in campo per arginare la “strage” in atto nel settore delle costruzioni. Di seguito la nota integrale.
La “ricetta” della Feneal-Uil per arginare la strage nel settore delle costruzioni, che continuerà anche nel 2013 ed i dati lo confermano denunciando ulteriori perdite, è composta da pochi ma fondamentali ingredienti: «manutenzione del territorio, necessità di colmare il gap infrastrutturale, recupero edilizio, politiche di risparmio energetico, programma di piccole opere funzionali al territorio».
A novembre scorso i dati Istat rilevano che la produzione nelle costruzioni segna una nuova caduta, scendendo del 3,4% rispetto ad ottobre e del 17,9% su base annua. Indebolito dalle tante crisi il settore è divenuto facile preda di interessi illeciti, caporalato, fenomeni che lo destrutturano, lasciando i lavoratori non solo senza lavoro ma senza diritti e tutele. I motivi sono tutti da ricercare ovviamente nella crisi finanziaria mondiale che ha colpito l’intera economia, ed in particolare il nostro settore, ma a peggiorare la situazione ci ha pensato bene la politica con “i soliti effetti annuncio”, i progetti a lungo termine senza alcun effetto immediato, l’assenza di provvedimenti ed investimenti per la crescita, l’inerzia di una politica che non si è degnata di rispondere alle nostre sollecitazioni per salvare il settore ed arginare l’illegalità e l’irregolarità.
Quanto alla riforma del lavoro, il nostro giudizio è piuttosto critico e siamo molto preoccupati, soprattutto per quanto riguarda la questione dei requisiti di accesso e la durata della nuova ASPI (Assicurazione Sociale Per l’Impiego) che potrebbe, una volta a regime e cioè dal 1° gennaio 2017, non essere sostenibile in realtà ad alto tasso di disoccupazione come il Mezzogiorno d’Italia, dove si arriva a percentuali del 40%. La riforma si basa, infatti, su criteri di contribuzione che, a differenza dei precedenti, non terranno più conto delle diversità sociali ed economiche del Paese e dei diversi tassi di disoccupazione tra una zona ed un’altra annullando di fatto il maggiore sostegno al reddito previsto dalla precedente normativa per le aree di crisi. In tal modo e se non si interverrà per cambiare la norma, la strumentazione di sostegno per gestire le grandi de cantierizzazioni risulterà insufficiente e verrà così ad esserci meno protezione sociale lì dove ce n’è più bisogno, in realtà cioè come quelle dei due capoluoghi e dei centri medi e piccoli lucani dove il lavoro manca ed è più precario con una media lavorativa di poco superiore ai tre mesi l’anno.
Quello che ci attende nel dopo elezioni non possiamo saperlo né ci azzardiamo a fare supposizioni al riguardo, ma una cosa è certa: gli italiani hanno pagato abbastanza gli errori compiuti dalla finanza e dalla politica, la crisi è ed è stata pesantissima e la politica deve rigenerarsi. Dunque snellimento della burocrazia e corretta gestione amministrativa, insieme ad una seria politica di riduzione dei costi della politica, non possono che rappresentare una parte concreta degli interventi da attuare nell’immediato. Quello che però ci preme più di tutto è che si passi finalmente dal piano del risanamento dei conti a quello della crescita e che si agisca al più presto per rilanciare la politica industriale ed il confronto con le parti sociali. Intervenire per il settore è una priorità per il Paese. Le risorse possono essere trovate e concretamente utilizzate su progetti utili ed essenziali: edilizia scolastica, piccole infrastrutture, interventi per il Sud, pagamenti alle imprese, tutela e salvaguardia del territorio e del patrimonio storico-artistico. Noi abbiamo suggerito di partire, ad esempio, dal liberare risorse attraverso lo sblocco del patto di stabilità e rendendo immediatamente spendibili i fondi stanziati dal CIPE.
L’Italia deve ritrovare la via della crescita e della modernizzazione e noi, come sindacato, dobbiamo rafforzare la capacità di iniziativa di categorie come la nostra, che paga un prezzo salatissimo in termini occupazionali ma si trova anche a poter svolgere un ruolo fondamentale per trainare la ripresa attraverso strumenti peculiari come la bilateralità che, negli anni, ci ha consentito di affrontare le complessità del nostro settore e che nella fase di passaggio verso la ripresa può garantire coesione sociale e risposte nuove.
Abbiamo urgenza di avere risposte, che vanno date non solo al settore delle costruzioni, ma più in generale al Paese che da questo settore deve passare se vuole una crescita equilibrata e competitiva. C’è bisogno di politiche chiare e concrete su obiettivi prioritari: la manutenzione del territorio, la necessità di colmare il gap infrastrutturale, il recupero edilizio, le politiche di risparmio energetico, un programma di piccole opere funzionali al territorio. Il settore ha già subito una trasformazione e nei prossimi anni non potrà che riadattarsi alle esigenze dei tempi che vanno nella direzione innanzitutto di un diverso sviluppo di edilizia basato su sostenibilità e qualità, di un mercato nuovo basato sulla riqualificazione dell’esistente, sull’innovazione delle tecniche di costruzione, gli investimenti nella green economy, project financing, orientamento all’ export e scoperta di nuovi mercati.
Gen 29