“I numeri drammatici del rapporto Svimez siano da monito ad una classe politica che impiega il tempo a battibeccare sui social network e a fare e disfare la legge di bilancio. Ora si riparta dal documento unitario di Cgil Cisl Uil e Confindustria per fermare il declino economico e sociale del Mezzogiorno”. Così il segretario generale della Cisl Basilicata, Enrico Gambardella, commenta a caldo i dati del rapporto Svimez presentato questa mattina alla Camera dei Deputati. “L’allarme inascoltato delle forze sociali – continua il segretario della Cisl lucana – ha prodotto un esito che si può considerare scontato: se il Mezzogiorno esce dal radar della politica nazionale è normale che aumenti il divario con il Nord. Mentre i partiti si fanno la guerriglia, il paese reale arranca e nel paese reale il Sud scivola in una condizione di declino che senza un cambio di rotta della politica economica rischia di diventare irreversibile”.
“Come si fa a non rimanere basiti – si domanda Gambardella – davanti al drammatico bilancio demografico con oltre due milioni di residenti in meno dal 2000 ad oggi? Come non restare sconcertati davanti al fatto che la metà di questo nuovo flusso migratorio interno ha meno di 34 anni e per un quinto è costituito di giovani laureati? Davanti alla trappola demografica che sta uccidendo il Mezzogiorno ci sarebbe da aspettarsi un sussulto di coscienza da parte della classe politica di ogni colore che pare invece coltivare esclusivamente interessi di corto respiro, incurante della vita concreta delle persone”.
“Ora ci aspettiamo dal governo e dai partiti un cambio di rotta radicale. Si riparta dal documento nazionale di Cgil Cisl Uil e Confindustria che ha individuato negli investimenti su infrastrutture, green economy, innovazione, istruzione e pubblica amministrazione la leva per invertire la tendenza della crescita e dell’occupazione nel Sud, da sostenere con un incremento della spesa ordinaria e l’accelerazione della spesa aggiuntiva nazionale e comunitaria, nonché con l’attuazione effettiva della clausola del 34 per cento della spesa pubblica, da estendere al settore pubblico allargato”.