La tassa di soggiorno potrà essere applicata da tutti i Comuni su base volontaria. È l’accordo trovato tra il ministro del Turismo Daniela Santanché, il viceministro all’Economia Maurizio Leo e il presidente dell’Anci Roberto Pella, da cui è appunto emerso l’obiettivo di uniformare e semplificare la disciplina su tutto il territorio nazionale . Al centro del confronto il tentativo di far diventare l’imposta di soggiorno imposta di scopo per restituire soldi al settore del turismo, garantendo nel contempo la possibilità, come richiesto dall’Associazione dei comuni italiani, di destinarla anche a decoro urbano e sicurezza. Anche a questo scopo sarà convocato la prossima settimana un tavolo tecnico, che studierà anche le fasce di prezzo per rendere l’imposta proporzionale al costo della stanza e pagabile a persona.
La tassa di soggiorno si paga nel Potentino a Maratea e Melfi, oltre che nel capoluogo; nel Materano a Bernalda, Pisticci, Scanzano, Policoro e Nova Siri, che si aggiungono alla città dei Sassi. In Italia, nel 2023 si sono avvalsi di questa possibilità 1.268 comuni, circa uno su cinque degli aventi diritto. Il gettito più consistente da noi è stato raggiunto nel 2019 con poco meno di 3 milioni di euro complessivi. In attesa di aggiornare il conteggio del tributo pagato dal turista per il soggiorno in una struttura ricettiva, il Comune di Matera è quello che incassa di più, a chiusura del 2023, secondo le ultime stime, dovrebbe incassare circa 1,400 milioni di euro; a Potenza invece circa 60 mila euro è il gettito dello scorso anno
Per le imprese “serve equilibrio”
“Durante l’incontro che abbiamo avuto con il Ministero del Turismo e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze erano state formulate delle rassicurazioni sul fatto che non ci saranno aumenti, che gli adempimenti saranno semplificati e che l’imposta sarà destinata al turismo, ma il resoconto dell’incontro tra i due Ministeri e l’Anci non sembra muoversi in questa direzione”. Così Federalberghi che insieme a Confindustria Alberghi e Assohotel, le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle imprese turistico-ricettive, ribadisce la contrarietà “all’adozione di meccanismi che favoriscano l’aumento della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese e prevedano l’applicazione dell’imposta di soggiorno anche nei Comuni non turistici” suggerendo invece di concentrare l’attenzione sulla messa a punto di quegli aspetti della normativa attuale che non funzionano o funzionano male. In particolare propongono di:
– stabilire che l’imposta sia contenuta entro un tetto massimo, in misura ragionevole, che non ecceda il livello attuale;
– definire un meccanismo semplice da comunicare al cliente e facile da applicare per il gestore, riducendo al minimo gli adempimenti formali;
– adottare un regolamento quadro, per assicurare uniformità sul territorio nazionale;
– garantire la trasparenza sull’utilizzo del gettito, che dovrà essere restituito al turismo.
“Abbiamo apprezzato – concludono le tre organizzazioni – la disponibilità al dialogo del Ministero del Turismo e del Ministero delle Finanze su questi e sugli altri aspetti rilevanti per una completa revisione dell’imposta. Confidiamo che il percorso continui con lo stesso metodo, dedicando adeguata considerazione alle istanze delle imprese turistico ricettive e alle esigenze dei turisti”.
“La nostra contrarietà – sottolinea Michele Tropiano, presidente Federalberghi Potenza – dipende principalmente dall’utilizzo della tassa ad opera dei Comuni. Non ci risultano investimenti consistenti in servizi a favore dei turisti. E poi dobbiamo fare i conti con il tasso di occupazione delle camere da noi tra i più bassi in Italia. unioni di comuni e i comuni turistici) e aumentandone l’importo. “L’obiettivo comune dev’essere quello di sostenerne la crescita, non di frenarla. Non sono certo i nostri ospiti che causano l’overtourism. Ma con questo paventato aumento rischiano di essere i più penalizzati”.