“Difendere oltre 20 mila posti di lavoro e rimettere le telecomunicazioni al centro della transizione digitale del Paese, specie al Sud”: sono i temi centrali dello sciopero dell’intero settore delle Tlc proclamato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil indetto per martedì 6 giugno. In occasione della giornata di mobilitazione, i sindacati di categoria hanno promosso una manifestazione nazionale a Roma (in piazza Santi Apostoli, dalle ore 10.30), in cui esprimere “contrarietà a: i piani di scorporo di industria e servizi delle principali telco; le drammatiche ricadute occupazionali che ne conseguirebbero; ritardi allarmanti sugli obiettivi fissati dal Pnrr per banda ultralarga e reti 5G; il conseguente digital divide a cui sarebbe condannato il Paese; le minacce di dumping contrattuale delle aziende di customer service in outsourcing, ossia i reiterati tentativi di fuoriuscire dal contratto collettivo nazionale delle Tlc per comprimere salari e diritti”
“Le contraddizioni che il Sindacato confederale unitariamente denuncia da anni, in solitaria e senza la giusta attenzione delle Istituzioni – sottolinea il segretario regionale Uilcom-Uil Giovanni Letterelli – stanno esplodendo con una veemenza che rischia di impattare pesantemente sull’intero perimetro occupazionale del settore. È giunto il tempo di contrastare, con forza, una deriva che rischia di affossare il comparto, avviando un percorso di mobilitazione che interessi tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore.
Il settore delle Telecomunicazioni – aggiunge Letterelli – soprattutto nella nostra regione è arrivato ad un bivio drammatico. Abbiamo già perso troppi posti di lavoro, mentre da mesi va avanti un “surreale” tavolo tecnico presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, nel quale è completamente assente la voce dei rappresentanti dei lavoratori, e dove si fatica ad immaginare di cosa si dibatta. Fra un’audizione e l’altra TIM, anche grazie all’offerta formalizzata da Cassa Depositi e Prestiti, si avvia velocemente a spezzare in maniera definitiva l’unicità dell’azienda; Vodafone chiede una riduzione dei costi pari al taglio di circa 1000 posti di lavoro, il 20 per cento dell’attuale forza lavoro; WindTre ha ufficializzato la vendita dell’infrastruttura di rete imboccando una strada sbagliata e piena di incognite occupazionali, British Telecom ed Ericsson hanno formalizzato, anche loro, eccedenze. Ogni anno fallisce un importante soggetto fra i call center in outsourcing, mentre quelli che rimangono non riescono a garantire alcuna stabilità occupazionale ed economica, ricorrendo quotidianamente ad ammortizzatori sociali.È evidente quanto il modello industriale del settore sia sbagliato. In Basilicata manca ancora una manovra ‘regina’ nel comparto strategico del digitale. Ci vuole – ha detto – un’Amministrazione regionale attiva che trasformi in linguaggio ed infrastruttura digitale l’immagine di un ecosistema digitale regionale che rafforzi le opportunità di sviluppo economico e di integrazione sociale”.