Sono 16 in Basilicata i terreni agricoli (di cui 11 in provincia di Matera) per circa un centinaio di ettari confiscati alle mafie, a cui si aggiungono 2 terreni comprensivi di fabbricati rurali e 3 terreni in definizione. Lo riferisce l’Agia-Cia Basilicata che ha effettuato un’indagine sulla base dei dati, aggiornati al 2016, dell’Agenzia nazionale che si occupa dei beni confiscati ad organizzazioni ed appartenenti alla criminalità mafiosa. Per il presidente dell’Agia-Cia Rudy Marranchelli i terreni vanno assegnati a giovani e a cooperative per consentire un doppio obiettivo: lo sviluppo di progetti di agricoltura sociale e l’occupazione diretta dei giovani nelle attività dei campi. L’uso sociale dei luoghi confiscati – spiega – è la miglior bandiera della legalità perché mostra che vincere le mafie è possibile. Questi beni diventano un’occasione di rigenerazione quando fanno nascere speranza, dignità e lavoro, nel segno di un’economia che non dimentica il senso etico d’impresa per il bene comune.
Secondo la presidente nazionale Agia Maria Pirrone sono almeno 3.500 i terreni agricoli confiscati solo al Sud con la Sicilia al primo posto (1.599 terreni più 178 con fabbricati rurali), seguita da Calabria (776 più 34 con fabbricati), Campania (499 più 24 con fabbrica) e Puglia (423 più 33 con fabbricasti). E – continua – non mancano le difficoltà, specie al Sud, dove gli appezzamenti agricoli si prestano bene alle rappresaglie delle cosche. Per questo durante l’estate abbiamo promosso insieme a Libera 51 campi giovanili, più di 150 settimane complessive di formazione, in 13 regioni coinvolte, all’insegna della corresponsabilità e dell’impegno contro le mafie e la corruzione. Fino a novembre, ragazzi, studenti, giovani e adulti, gruppi, da tutta Italia e dal mondo, potranno partecipare ad un’esperienza di impegno civile con i campi sui terreni e beni che una volta appartenevano ai boss delle principali organizzazioni criminali. Dalla Piana di Gioia Tauro sulle proprietà confiscate ai Piromalli, alle terre un tempo appartenenti a Brusca e Riina nel corleonese, passando per la Puglia sulle tenute che erano della famiglia Screti e delle altre famiglie mafiose della Sacra Corona Unita, ai beni del clan casalesi nel casertano. Tutti i terreni e i beni confiscati alle mafie coinvolti in “E!State Liberi!” sono restituiti alla collettività grazie alla legge 109/96 che permette il loro riutilizzo sociale. Sono sedi di cooperative e/o associazioni che rappresentano dei veri e propri presidi di responsabilità su territori provati dalla violenza mafiosa, in totale 524 in tutta Italia come emerge dalla nostra ricerca “BeneItalia”.
L’obiettivo principale dei campi di impegno e formazione sui beni confiscati alle mafie è quello di diffondere una cultura fondata sulla legalità democratica e giustizia sociale che possa efficacemente contrapporsi alla cultura della violenza, del privilegio e del ricatto. L’attività dei campi si svolge su vari momenti: l’affiancamento all’impegno della realtà che gestisce il bene confiscato o l’attività di risistemazione, lo studio e l’incontro con il territorio per uno scambio interculturale. I partecipanti incontreranno e si confronteranno con i familiari delle vittime di mafia, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni, con le realtà che animano il territorio e con gli operatori delle cooperative sociali.