Vincenzo Tortorelli, segretario regionale UIL Basilicata: “Il Fondo sovrano norvegese ha registrato nel primo semestre 2021 profitti per 94 miliardi di euro. Quanto avrebbe prodotto il Fondo lucano?”. Di seguito la nota integrale.
Il fondo sovrano Norvegese – è di ieri la notizia – ha reso il 9,4% nel primo semestre del 2021, registrando profitti per circa 94 miliardi di euro. Quanto avrebbe prodotto il fondo sovrano della Basilicata alimentato dalle royalty del petrolio e istituito sul modello norvegese ? E’ una domanda legittima almeno per noi della Uil che con il Centro Studi sociali e del lavoro e il supporto del Censis già nel 2018 abbiamo lanciato l’idea progettuale con un calcolo preciso: per ogni euro depositato nel Fondo si possono creare circa 1,7 euro di redditi da investimenti per lo sviluppo e per nuova occupazione. Tenuto conto che solo l’Eni in cambio dell’estrazione del petrolio ha versato 1,6 miliardi di euro in poco meno di 20 anni, parliamo di tutt’altre cifre rispetto ai 60 milioni di spesa programmati di recente e tra l’altro per il prossimo triennio da Regione e sindaci del comprensorio petrolifero per il Programma Operativo Val d’Agri. Un programma sicuramente utile ai 32 Comuni del POV specie per far fronte ai servizi essenziali ai cittadini ma che servirà a poco per lo sviluppo e soprattutto l’occupazione. Invece sul modello del fondo sovrano norvegese, che ha abbandonato ogni investimento oil – il più grande detentore di azioni nei mercati azionari globali, con partecipazioni in circa 9.000 aziende in tutto il mondo – la nostra proposta è ispirata da due sentimenti-guida: quello della generatività delle commodities da far attecchire alla economia di famiglie e imprese lucane, massimizzandone i risultati e quello della destinazione per programmi rivolti al futuro delle nuove generazioni. Il Fondo – sul modello norvegese tradotto nelle competenze e nella strumentazione regionale – arricchito da un impiego prudente sul mercato finanziario, proietta la programmazione al futuro e al dopo-petrolio alimentando un flusso di risorse utili, sia come accumulo di “previdenza sociale” per i cittadini lucani e sia per costituire uno stock di risorse a “tesoreria regionale”, da investire nello sviluppo del territorio. Tutto questo non solo grazie al petrolio e al gas. C’è infatti una relazione stretta tra i “beni comuni”, l’identità e il futuro della regione. L’ ha spiegata bene Giuseppe De Rita (Censis). Una relazione che tuttavia deve essere intessuta, architettata perché non è un dato naturale. Ci vogliono le basi di un nuovo costruire per combinare la risorsa idrica, quella appenninico-forestale e del paesaggio e quella dell’energia petrolifera. Per restare nel concreto nei prossimi 10-20 anni l’indotto del barile petrolifero genera 8-10 miliardi di euro, comprensivi dell’introito dell’Ires ottenuto con la negoziazione sullo Sblocca Italia. A questi valori si possono aggiungere ulteriori risorse rivenienti da politiche di valorizzazione dell’acqua (e dalle concessioni per lo sfruttamento di acque minerali attualmente incassate dalla Regione) e dei prodotti delle foreste demaniali (circa 18,6 milioni di euro di introiti all’anno). Fondo che rimarrebbe investito fino alla sua scadenza (fra 70-80 anni) e, con una gestione accorta, potrebbe avere un rendimento annuo medio prudenziale del 3-4% e quindi fruttare, a scadenza, circa 56-60 miliardi. Con un obiettivo preciso che non è quello di erogare soldi ai cittadini, ma di creare una riserva di valore crescente, da spendere quando il petrolio scemerà, per ristorare le future generazioni, stimando una curva di invecchiamento della popolazione.
Per la Uil è dunque tempo subito dopo questa pausa di agosto di pensare agli ‘Stati generali dell’energia’ , autentico crocevia per affrontare questi problemi e superare i ritardi e le sottovalutazioni che si registrano in Basilicata in tema di transizione energetica nonostante da tempo Cgil, Cisl, Uil a livello nazionale abbiano lanciato la piattaforma unitaria per ‘la giusta transizione’ che a livello regionale abbiamo declinato nei differenti aspetti. Lo richiede il Recovery Fund che concentra le risorse principalmente su due driver: rendere le aree metropolitane veramente green e l’idrogeno che per noi ha anche un altro valore per accompagnare i programmi di costruzione di nuove auto alimentate ad idrogeno.