“Non è il buon lavoro, quello stabile e di qualità a crescere, mentre la decisione del Governo di tagliare gli sgravi per le aziende del Sud, con la conseguenza di non confermare il taglio del costo del lavoro per oltre tre milioni di lavoratori dipendenti, aggiunge ulteriori rischi sul fronte occupazionale soprattutto nelle regioni meridionali”. Lo sostiene il segretario regionale della Uil Basilicata Vincenzo Tortorelli. “A pochi giorni dal Primo Maggio l’Istat ci fa sapere che a marzo l’occupazione cresce sia per gli uomini sia per le donne, oltre che per dipendenti e autonomi e per tutte le classi d’età, esclusa quella dei 35-49enni che fa registrare invece un calo per effetto della dinamica demografica negativa. Quasi lo stesso succede anche su base annua. In questo caso il tasso di occupazione, che nel confronto annuo nel complesso è in aumento di 1,0 punti percentuali, sale anche in questa classe di età (+0,6 punti) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno evidente rispetto a quella della corrispondente popolazione complessiva. Un altro dato è stato segnalato dall’Istat. Sempre a marzo 2024, su base mensile, il tasso di disoccupazione è sceso al 7,2% (-0,2 punti), mentre quello giovanile al 20,1% (-2,3 punti), con il tasso di inattività stabile al 33%. Ma a parte le differenze Nord-Sud e territoriali che non sono modificate è sufficiente incrociare questi dati con quelli dell’Osservatorio Inps sul precariato per registrare – aggiunge Tortorelli – che su 60.920 contratti di lavoro instaurati in Basilicata nel 2023 le cessazioni sono state 57.821. I contratti a tempo indeterminato si riducono a 8.570 con un numero maggiore di cessazioni (12.029). Il più alto numero delle assunzioni resta dunque per il lavoro precario: 34.700 contratti a termine (con 28.766 cessazioni), 6021 stagionali (6025 cessazioni) 5229 in somministrazione (5362 cessazioni), 4865 con contratto intermittente (4657 cessazioni). Lo abbiamo detto nella manifestazione di Villa d’Agri: per il lavoro ci vogliono misure ed interventi veri. E se si considerano anche le enormi incertezze sull’avvio della Zes unica per il Sud, la mancanza di chiarezza sul rispetto della percentuale relativa ai progetti Pnrr e l’assenza di politiche industriali, ne emerge un quadro drammatico per lo sviluppo complessivo del Mezzogiorno che, nei fatti, diventa un capitolo del tutto marginale dell’agenda di Governo. È vero che il lavoro e la crescita non si creano per decreto, ma un sistema strutturato di finanziamenti certi e di programmazione definita è assolutamente necessario per invertire la deriva alla quale sembra essere stato abbandonato il nostro Sud. Rilanciare quei territori è interesse di tutto il Paese: il Governo, dunque, faccia un passo indietro, confermando e rendendo strutturali quegli sgravi, e dia finalmente impulso ai progetti delle Zes e del Pnrr, valorizzando il ruolo delle Regioni nell’attuazione di quelle politiche”.
Mag 04