“La transizione energetica ed ecologica oggi è un processo molto importante che non può essere nè rinviato né rallentato. Chi afferma il contrario mette a rischio non solo l’ambiente e il futuro di intere generazioni ma anche l’economia del nostro paese”. Così la segretaria generale Fiom Cgil Basilicata Giorgia Calamita intervenendo oggi a Potenza all’incontro “Uniti per la dignità” promosso dalla Fiom Cgil nazionale per affrontare le tematiche relative all’industria del Mezzogiorno di fronte alla sfida della transizione energetica a partire dallo stabilimento Stellantis di Melfi e del suo indotto.
Dopo la relazione della segretaria generale Fiom Cgil Basilicata Giorgia Calamita e i saluti del segretario generale di Potenza Vincenzo Esposito e del segretario generale della Cgil Basilicata Fernando Mega, hanno preso la parola Giulio Marcon, portavoce della campagna “Sbilanciamoci” e i delegati Fiom Cgil. Ha concluso il segretario generale nazionale Fiom Cgil, Michele De Palma.
“Bisogna iniziare a ragionare su nuove produzioni e nuove tecnologie – ha detto Calamita – a fare investimenti pubblici e privati per una nuova idea di sviluppo del sistema industriale nel nostro paese. Bisogna avere il coraggio di fare scelte diverse da quelle del passato. Abbiamo accumulato troppi ritardi rispetto ai paesi europei e non solo, ritardi che stanno mettendo a rischio il sistema industriale, economico e sociale, con l’effetto di una recessione irreversibile”.
Per la dirigente sindacale “l’effetto di questa politica industriale ha prodotto crisi di interi settori e anche la
nostra regione ne sta pagando le conseguenze. Una regione che ha grandi poli industriali importanti come quello dell’auto, dell’industria edile, della siderurgia e del peltrolchimico, ma quasi la totalità vivono condizioni di crisi e sofferenza congiunturale. Stiamo assistendo a una continua contrazione produttiva e occupazionale, con l’utilizzo massiccio di ammortizzatori sociali e il peggioramento delle condizioni di lavoro e di salario”.
Per quanto riguarda l’auto, “anche Stellantis a Melfi – ha sottolineato – risente delle scelte politiche sbagliate del passato. Oggi la multinazionale d’oltralpe compie scelte unilaterali che penalizzano la capacità installata di tutti gli impianti, compreso quelli in Basilicata. L’ automotive in Italia è passata dal produrre circa un milione e 500mila vetture nel 1990, alle circa 500 mila del 2022. Da seconda manifattura europea, è divenuta fanalino di coda nella produzione di auto perdendo oltre il 20% degli occupati negli ultimi venti anni in concomitanza con l’essere l’unico paese industrializzato ad ospitare gli stabilimenti produttivi di un solo produttore. Con l’acquisizione di Fca a favore di Stellantis, la situazione del settore è diventata ancora più difficile. L’interlocutore francese orienta ormai le produzioni fuori dall’Italia, investendo in paesi come Marocco, Polonia, Spagna, dove il costo del lavoro è inferiore, senza alcuna interferenza da parte del governo italiano che assiste alla deindustrializzazione dell’automotive in un silenzio pericoloso.
A Melfi – ha aggiunto Calamita – ormai si lavora solo qualche giorno al mese, nonostante non sia ancora partita la produzione dei modelli elettrici. Siamo stati i promotori di accordi che prevedono la trasformazione dello stabilimento per le nuove produzioni delle vetture elettriche, rivendicando la garanzia dell’occupazione e del futuro produttivo di tutta l’area, ma la multinazionale procede senza alcun confronto con il sindacato e
con il governo, disattendendo tutti gli impegni assunti”.
Secondo la Fiom “non ci sono prospettive sui volumi e sulla tenuta occupazionale dello stabilimento e di tutto l’indotto. Ormai quasi tutti i lavoratori della logistica, circa 600, hanno perso il lavoro. La mancata acquisizione delle commesse per i nuovi modelli e la richiesta di ulteriore efficientamento per tutte le aziende dell’indotto confermano l’ incertezza occupazionale, salariale e il peggioramento delle condizioni di lavoro, salute e sicurezza, che la Fiom, unitamente ai propri delegati, spesso anche in modo isolato, sta contrastando, denunciando anche agli organi ispettivi esterni”.
Il punto per Calamita è che “a Melfi sono state previste solo produzioni di modelli di auto elettriche di alta gamma, a differenza del passato in cui si producevano auto di massa, con una capacità produttiva che risulterà essere meno della metà, forse 200 mila vetture l’anno a fronte delle 400 mila che si producevano nello stabilimento di Melfi.
Il risultato è alti margini di profitto per l’azienda, riduzione dei volumi, effetti
devastanti sull’occupazione e sull’economia dell’intera regione.
Siamo già passati da 7600 dipendenti all’avvio produttivo a 5400 e si prevedono ulteriori richieste di incentivo all’esodo per ridurre lo stabilimento. Il turno di notte è saltato e per intere settimane anche i lavoratori dell’indotto stanno a casa senza stipendio”.
In conclusione, per la Fiom “la transizione elettrica dovrà avvenire mettendo al centro il lavoro di qualità, le professionalità, l’innovazione, la ricerca, la tutela del salario e dei diritti.
Per questo è importante continuare a rivendicare un tavolo con l’amministratore delegato e il governo perchè le rassicurazioni e le pacche sulle spalle di Tavares cui abbiamo assistito a Melfi non rispondono al superamento delle criticità evidenziate. È fondamentale che ci sia l’accordo che da tempo rivendichiamo e che preveda la saturazione degli impianti con la produzione di auto che confermino i volumi passati”.