L’abolizione dei voucher non è la bacchetta magica per risolvere il problema del “buon lavoro”. Non è casuale la scelta della parola d’ordine della nostra Conferenza di Organizzazione del 24 e 25 marzo prossimi in due sessioni a Potenza e a Tito: “Lavoro, una passione che non passa”. E’ quanto sottolinea la UIL lucana evidenziando la necessità di scongiurare il rischio di lasciare priva di una seppur minima tutela quei lavori davvero occasionali e eccezionali per i quali l’istituto era stato pensato da Marco Biagi. Su questo punto bisognerà trovare la quadra, se non vogliamo far ricadere nel ‘nero’ determinate situazioni in cui possono essere impegnati studenti, pensionati o disoccupati di lungo corso. Insomma, bisogna evitare, come si suol dire, di ‘buttare il bambino con l’acqua sporca’. Proprio come per l’avvio della sperimentazione dell’assegno di ricollocazione che è una buona notizia, ma la vera innovazione, oltre a questo strumento di inserimento e reinserimento attivo al lavoro, dovrebbe essere un chiaro percorso di rafforzamento dell´infrastruttura di tutto il sistema delle politiche attive. In particolare, resta critica ed insufficiente la rete dei centri per l’impiego pubblici, vero cardine di tutti gli interventi. Per questo la Uil lucana ha chiamato il direttore generale del Censis De Rita a discutere del Rapporto Mercato del Lavoro in Basilicata 2016 che il Centro Ricerche e Studi Sociali e del Lavoro presenterà a Tito (Centro congressi Cecilia) il 24 prossimo.
Ma cosa si lascia alle spalle la Basilicata con l’abolizione dei voucher?
In Basilicata nel 2016 – secondo la stima della UIL–Servizio Politiche del Lavoro –i voucher raggiungono il numero record di 1.017.576 con un incremento del 20,1% rispetto al 2015 e del 449,5% rispetto agli anni di introduzione (2008-2009). In dettaglio: sono più numerosi sia pure di poco in provincia di Matera (514.893) rispetto a quella di Potenza (502.683).
Dalle scelte che si sono susseguite negli anni (Governi Berlusconi e Monti) – spiega il segretario regionale della Uil Carmine Vaccaro – era prevedibile lo snaturamento dell’originaria finalità virtuosa dell’istituto: dare legittimità a rapporti di lavoro, occasionali (ogni tanto) e accessori (non insiti nella ragione sociale dell’impresa) che nella stragrande maggioranza dei casi venivano regolati (si fa per dire) informalmente (nero e dintorni). E così, a fronte dell’altalenanza che negli anni hanno subito tutte le tipologie contrattuali (sia di natura subordinata che autonoma), il lavoro accessorio è stato il solo che è andato aumentando anno dopo anno passando in Basilicata dagli appena 1.981 dell’anno di esordio (2008) ai 124.093 del 2012, ai 530.942 del 2014 e agli 847.264 del 2015, sino ad abbattere il “muro” del milione nel 2016. Conoscendo ormai quali sono le caratteristiche di questo istituto (tra cui le principali sono la forte concorrenzialità a livello di costo del lavoro, rispetto alla pletora di tipologie contrattuali esistenti e l’assenza di tassazione), il richiamo al suo utilizzo è stato e continua ad essere molto elevato da parte dei committenti. Certamente al grande numero di persone coinvolte, fa da contraltare un “fatturato” relativamente basso (costo del lavoro) rispetto al dato generale generato da altre tipologie contrattuali.
L’economia dei lavoretti viaggia con altre velocità e sta, sempre più, caratterizzando parte importante della nostra economia. È li, in particolare, che si dovrebbe porre attenzione: il vasto mondo che sta nel mezzo tra il lavoro autonomo (vero) e quello subordinato, caratterizzato da lavori senza regole, con retribuzioni unilateralmente decise dal datore di lavoro e tutele sociali quasi nulle.
Mar 19