Le differenze di genere tra uomo e donna sono più marcate tra i pensionati toccando persino un picco del 47%: 1.350 euro di indennità per gli uomini contro i 716 euro delle donne. A sottolinearlo è Anna Carritiello, componente della segreteria regionale della Uil e responsabile della Commissione Pari Opportunità Uil Basilicata, sottolineando che oggi in occasione della Festa della Donna, per evitare ogni formalismo e ogni retorica la Uil ha deciso di dedicare l’8 marzo al tema ‘Donne e previdenza, proposte per superare le disparità di genere’. Le proposte della Uil sulla seconda fase di riforma pensioni vanno dall’eliminazione dell’importo soglia per l’accesso alla pensione anticipata alla valorizzazione del lavoro di cura non retribuito; dalle pensioni di garanzia che non penalizzino le donne all’uso di coefficienti uguali per le pensioni complementari di uomini e donne.
Le cause del “compenso diseguale” sono varie: mancano le donne in determinate professioni, in determinati settori e ai livelli più elevati della carriera. Inoltre le donne interrompono o riducono la loro attività lavorativa più frequentemente e più a lungo che gli uomini per motivi familiari. Ci sono però ancora anche casi di discriminazione diretta nei quali le donne sono pagate meno per lo stesso lavoro di pari valore. Questa discriminazione si ripercuote, più avanti nella vita, nel divario specifico tra le pensioni.
La Uil – aggiunge Carritiello – ritiene urgente l’attivazione di tutte le iniziative necessarie per diffondere e sviluppare la previdenza complementare.
Tra queste sono fondamentali:
1. L’armonizzazione delle discipline a cominciare dall’equiparazione del trattamento fiscale. In questo modo verrebbero meno quelle disparità di trattamento che non trovano giustificazione alcuna nella specificità del rapporto di lavoro pubblico ed i lavoratori pubblici avrebbero le stesse regole di accesso previste per i privati, compresa la possibilità di iscrivere i familiari a carico al proprio fondo negoziale di riferimento.
2. La possibilità, per i lavoratori assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000, di aderire rimanendo in regime di trattamento di fine servizio (Tfs) senza dover trasformare questa prestazione in Tfr e con la facoltà di destinare al fondo pensione il solo contributo datoriale ed il Tfs (in tutto o in parte) alla fine del rapporto di lavoro.
3. Conseguentemente la possibilità per il lavoratore di esercitare l’opzione per la trasformazione del Tfs in Tfr anche in una fase successiva all’adesione al fondo pensione.
4. L’adesione contrattuale, con sola contribuzione a carico del datore di lavoro, sul modello delle adesioni contrattuali del settore privato (pe ccnl del settore edilizia), fermo restando il carattere aggiuntivo delle risorse necessarie rispetto a quelle individuate dall’accordo quadro del 30 novembre 2016 per il rinnovo della parte economica dei contratti del pubblico impiego.
5. L’informazione e la sensibilizzazione dei lavoratori, anche con un nuovo semestre di comunicazione sulla destinazione del Tfr, sul modello di quello del 2007 il silenzio assenso, da estendere anche i lavoratori del settore pubblico (che all’epoca non vennero coinvolti) e da ripetere periodicamente.
A questo andrebbe aggiunto l’impegno delle amministrazioni datrici di lavoro ad informare i propri dipendenti. Su queste proposte la Uil chiede che si apra il confronto, pronta a condividerle ed a migliorarle insieme con tutti gli attori istituzionali e sociali ma con la consapevolezza che occorre partire subito e che ulteriori ritardi non sono ammissibili.
Mar 08