Uil e Centro Studi Sociali e del Lavoro Basilicata: “Dal rapporto Svimez la spinta a fare di più e meglio”. Di seguito la nota integrale.
Il rapporto Svimez contribuisce a cogliere i segni di una ripresina che oltre ogni previsione persiste nel 2016, ma al tempo stesso conferma quanto siano necessarie nuove politiche industriali e interventi di maggior spessore a sostegno della crescita per il SUD. La crescita del prodotto conseguente all’aumento sia dei consumi che degli investimenti, in particolare privati, hanno più che compensato la riduzione degli investimenti pubblici. Oltre ad un importante recupero del settore manifatturiero meridionale e del turismo.
Più che un dato di arrivo e di soddisfazione questa congiuntura positiva del Mezzogiorno – ed in esso della Basilicata – è una sfida ed un invito a fare ancora di più e meglio perché la ripresa lascia intravedere che gli effetti della crisi ed i fenomeni strutturali delle economie meridionali sono ben lungi dall’essere superati.
Anzi la tendenza positiva di alcuni indicatori sembra accoppiarsi alla persistenza e radicalità di fenomeni sociali di deprivazione, di arretramento sociale e di marginalizzazione.Tant’è che a voler cercare di ritrovare un bandolo di questa intricata matassa ancora una volta è il tema del lavoro che torna prepotente. Permangono alti i livelli di povertà ed esclusione sociale Nel 2016, al Sud, dieci su cento erano in povertà assoluta e il 34% a rischio povertà.
L’emergenza sociale nel sud e’soprattutto il “rischio povertà”, causata principalmente dalla mancanza di reddito da lavoro, da cui deriva che è necessario dare continuità agli incentivi per assunzioni stabilidei giovani, evitando così la trappola del prolungamento ditirocini, e avviare una vera politica attiva ed inclusiva per fermare il colabrodo della emigrazione e di quella intellettuale in particolare.
Ad ogni buon conto è come se si sperimentasse una forte soggettualità di forze e di formazioni sociali, nuova imprenditorialità giovanile e femminile ,cooperazione ,associazionismo immigrazione integrata,luoghi e territori che si sintonizzano per cercare di entrare nella grammatica di un nuovo sviluppo.Insieme a fattori contingenti ,le buone annate agrarie,la conclusione di un ciclo di spesa con fondi europei.Tutte cose da leggere in positivo.Ma anche un insieme di tessere che non fanno ancora il mosaico.
La società continua a funzionare nel quotidiano,dice Censis, rumina e metabolizza gli input esterni, cicatrizza le ferite più profonde. È una «macchina molecolare» senza un sistemico orientamento di sviluppo, in cui proliferano figure lavorative labili e provvisorie.
Il punto è di accompagnare, facilitare e potenziare questa reattività del sistema locale nei suoi diversi congegni e componenti con manovre e piani consistenti,coerenti .Una nuova stagione di politiche e di strumenti insieme al convincimento che occorra una ‘forza creatrice’che è la capacita di ‘fare insieme’ le cose, di accordarsi. Quello speciale slancio vitale che viene fuori solo nelle emergenze. Insomma riprendere quello spazio vero del ‘regionalismo’ anche di quello ‘differenziato’.
Ora è un dato che il Titolo V della Costituzione comunque è la formula dentro cui i corpi sociali e le istituzioni debbono operare. E’ giusto che ci siano più spazi decisionali nei territori e nelle autonomie del Mezzogiorno.Come si è chiesto in alcune regioni del Nord.
Ma per fare cosa?Per avviare un nuovo ciclo dello sviluppo che non può essere formulato e costruito da e ad appannaggio di elites senza alimentare un modello partecipativo.
Dice bene Derita: la verticalizzazione non può reggere il governo di processi complessi che avanzano sia pure in modo contraddittorio. I conti vanno fatti con una società liquida,molecolareche ‘vive e va governata con dinamiche tutte orizzontali,vale a dire condivisi per contatto e confronto con chi opera nel quotidiano ,nei luoghi e nel le dinamiche locali.Si pensi alle buone pratiche ‘inventate’ e non programmate dall’alto, di sindaci e bravi amministratori locali valorizzando ‘i beni e le risorse comuni’.
Quindi va beneadottare una strategia generale che può partire dal dotarsi di una leva di forte attrazione di investimenti esterni (come ad esempio le Zone Economiche Speciali,da modificare con maggiore spazio per le forze sociali e locali) e dall’agire sul contesto, attraverso il rilancio degli investimenti pubblici nell’area. Per fare ciò andrebbe rapidamente attuata la norma che garantisca alle aree meridionali il 34% delle risorse destinate agli investimenti pubblici.
Ma ancor più conta convincersi che solo un nuovo programmato e ben strumentato rilancio della rete locale delle politiche può offrire quel’quid’ in più che serve per riconoscere un processo di sviluppo che diventa affare e questione di tutti.E che conviene agire e partecipare perchè le istituzioni riprendano a lavorare in modo evidente, riconoscibile per lo sviluppo.