Uil: le attese dal nuovo Piano Socio Sanitario lucano. Di seguito la nota integrale.
Il prossimo 27 gennaio si terrà il primo incontro sul nuovo Piano socio sanitario, con la presentazione da parte dell’AGenas.
siamo in attesa di avere in anticipo la proposta affinchè il Sindacato lucano, dopo la grande mobilitazione del 19 novembre scorso, possa, insieme alle altre parti sociali,finalmente veicolare le tante proposte, contenute nel Documento, già consegnato al Governo Regionale. la UIL, oggi, vuole partire da una riflessione sul tema della costruzione sul territorio di una ” sanità di prossimità”, quella già immaginata nel lontano 2008 con la LRn.4/2008. Una vera e propria riforma del SSR nella quale era centrale il ruolo del Distretto Sanitario.
di quella felice intuizione oggi rimane ben poco, tuttavia, la sfida di riequilibrare il sistema delle acuzie con la medicina territoriale rimane ancora una priorità assoluta poichè la sanità lucana continua ad avere il suo baricentro nell’ospedale e nel sistema delle acuzie.
Quella sanità di prossimità , immaginata allora, non trovato sbocco consentendo così alla pandemia di dilagare e di mandare in tilt gli ospedali e la medicina ordinaria più in generale. Perciò i vecchi distretti diventano attuali pur in un contesto economico e sociale radicalmente cambiato. Il PNRR, infatti, di Ospedale di Comunità e Case di Comunità, ma la sostanza è la stessa in quanto non è un problema di appellativi, ma di dare sostanza alle cose.
L’obiettivo fondamentale che il Nuovo Piano Sanitario Regionale deve perseguire è quello dell’incontro tra domanda e offerta di salute.
Recuperare quei contenuti, alla base dei distretti, perciò significa partire dalla valorizzazione dal potenziamento della più grande infrastrutturazione immateriale di cui il SSR dispone: i suoi circa ottomila operatori che ogni giorno con forza, coraggio e senso di responsabilità assicurano i servizi e contribuiscono a tenere unito il sistema sociale ed economico della regione.
Nei nuovi distretti vanno messe tante cose: l’assistenza domiciliare e degli anziani, i centri di Igiene mentali, la telemedicina, le dipendenze patologiche, la neuropsichiatria infantile, i Servizi per la donna e il bambino ecc…
Ma ciò che occorre veramente è praticare la cultura del decentramento, invertendo la dinamica troppo ” ospedalocentrica” del nostro SSR in modo da garantire l’appropriatezza delle cure. Decongestionare gli ospedali è il punto di partenza per abbattere le liste di attesa e riequilibrare il SSR. Le Case di Comunità, pertanto, devono non solo assicurare le cure, ma perseguire la prevenzione il benessere psico/fisico. Ospedali di Comunità, Case di Comunità, dunque, come sedi uniche spazio fisico dove trovano allocazione ed operano in forma integrata i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie. Strutture capaci di prendersi in carico per tutto l’arco della vita la comunità locale.
Centri in cui opera un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri, medici specialisti, infermieri di comunità, assistenti sociali ecc. fortemente integrati e che si interfacciano con le dinamiche del territorio.