I dati sempre più allarmanti per l’occupazione in Basilicata contenuti nel Rapporto Excelsior-Unioncamere sul quarto trimestre 2014, diffusi da Unioncamere, rafforzano la nostra iniziativa contro il Jobs Act (nuove regole per il lavoro) e la Legge di Stabilità (decontribuzione e taglio IRAP): le norme sono tutte concentrate sulle imprese con interventi “quasi a pioggia”, le quali possono sommare, senza vincoli, sia il taglio IRAP (strutturale), sia la decontribuzione per nuove assunzioni. Lo scenario per chi il lavoro ce l’ha specie se con contratti atipici, in calo del 24%, è preoccupante. Nel contempo, con la Legge Delega approvata, si amplia la casistica dei licenziamenti “indennizzati” al posto della reintegra, con il contratto a tutele crescenti. Questo pone e porrà sempre più le lavoratrici e i lavoratori in una condizione di maggiore “sudditanza” nei confronti dei datori di lavoro. Lo sostiene la UIL di Basilicata, riferendo che l’Ufficio Studi UIL ha fatto 4 simulazioni secondo le varie ipotesi relative all’ammontare dell’indennizzo. Da queste, si evince che le imprese potrebbero avere dei benefici ad assumere per poi licenziare, soprattutto se il bonus assunzione diventa strutturale. Questi benefici potrebbero variare dai 763 euro ai 5 mila euro se si licenzia entro il primo anno (a seconda dei mesi di indennizzo); mentre se si licenzia alla fine dei 3 anni i benefici variano dai 12 ai 15 mila euro. Ciò – si precisa nella nota – emerge dalle simulazioni della UIL che ha calcolato i benefici per l’azienda facendo il saldo tra somme a credito e a debito in caso di assunzione e licenziamento con il nuovo contratto agevolato dalla decontribuzione. Si è considerato il costo dell’indennizzo pari, a seconda delle simulazioni, ad 1 ½ mensilità o a 2 mensilità per anno lavorato, calcolando anche l’ipotesi, che sta emergendo nel dibattito, di fissare un’indennità minima (c.d. scalino) di 3 o 4 mensilità se il licenziamento avviene entro il 1° anno. In particolare, se l’indennizzo fosse fissato in 1 ½ mensilità e se il licenziamento avvenisse entro il primo anno, per un reddito di 22 mila euro il saldo per l’azienda sarebbe positivo di 5 mila euro, che passerebbero a 15 mila euro se il licenziamento avvenisse dopo 3 anni. Prevedendo, invece, l’introduzione di un’indennità minima (scalino) di 3 mensilità, il saldo, per un licenziamento dopo il primo anno per un reddito di 22 mila euro, sscenderebbe a 2.450 euro. Con questo stesso meccanismo, il licenziamento diventerebbe “sconveniente” per l’azienda nell’ipotesi di redditi superiori ai 40 mila euro. Se si prendesse in considerazione un indennizzo di 2 mensilità/anno, il beneficio per le aziende ad assumere e licenziare dopo un anno una lavoratrice o lavoratore con uno stipendio di 22 mila euro, sarebbe di 4 mila euro, che salirebbero a 12 mila euro in caso di licenziamento dopo 3 anni. Se la soglia minima dell’indennizzo fosse di 4 mensilità, il beneficio per le aziende scenderebbe a 763 euro. La convenienza scomparirebbe solo in presenza di redditi superiori ai 30 mila euro. Fermo restando che riteniamo inaccettabile il licenziamento illegittimo, sarebbe comunque opportuno che l’azienda non ottenesse alcun vantaggio nel licenziare.
Per questo la UIL, al posto di tanti “bizantinismi” – sottolinea il segretario Carmine Vaccaro – ritiene che i Decreti Legislativi dovrebbero prevedere, in caso di licenziamento illegittimo, che al lavoratore, oltre l’indennizzo, debba essere riconosciuto anche l’ammontare degli sgravi contributivi e fiscali goduti dall’azienda nel corso degli anni per quel lavoratore. In questo modo si renderebbe “meno conveniente” licenziare: dopo un anno di lavoro ad un dipendente licenziato andrebbero a titolo di “risarcimento” tra i 10.500 euro ed i 15 mila euro, a secondo delle ipotesi dell’indennizzo; dopo 3 anni tra i 31.600 euro e i 34 mila euro; dopo 5 anni tra i 39 mila euro e i 43 mila euro.
La proposta della UIL è mirata ad evitare che al danno (licenziamento ingiusto) si aggiunga anche la beffa (benefici da parte delle azienda ad assumere e licenziare). E si premierebbero quelle imprese che, utilizzando i generosi benefici, contribuissero, concretamente, all’aumento del lavoro di qualità.