“Il 2015 deve essere l’anno dei contratti: ci stiamo riuscendo e anche unitariamente. Basterebbe già questo a cantar vittoria per i lavoratori, per l’economia del Paese, per i Sindacati. Ma abbiamo appena iniziato”. La riflessione di Carmelo Barbagallo, segretario generale UIL, guarda ai rinnovi dei Ccnl del commercio (circa tre milioni di addetti) e dei bancari (309.000 lavoratori interessati): entrambi di durata quadriennale e caratterizzati da un aumento di 85 euro a regime.
E’ evidente come il leader della Uil guardi anche al rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici (più di un milione e mezzo di unità). La strada è sicuramente in salita, ma questa volta Fim, Fiom e Uilm mostrano la consapevolezza che devono stare unite se vogliono centrare l’obiettivo contrattuale.
Mentre i metalmeccanici si stanno muovendo per preparare la piattaforma rivendicativa da presentare a breve, il governo ha approvato il Documento di Economia e Finanza da dove fanno capolino un miliardo e seicento milioni di euro per sostenere la crescita.
La Uil ha già messo le mani avanti, sostenendo che col recupero di un altro miliardo dall’evasione fiscale, si realizzerebbero le condizioni per ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, agli incapienti e per sbloccare i contratti dei lavoratori del pubblico impiego. I numeri del documento in questione, con la crescita del Pil per il 2015 stimata dello 0,7% e il rapporto tra deficit e Pil innalzato al 2,6% per il medesimo anno, dimostrano che le risorse annunciate si sono trovate aumentando il debito dello 0,1%.
Il Def, in verità, presenta cifre impostate alla cautela, dato che nei prossimi mesi è prevista una crescita ancor più robusta, dovuta al calo dei costi dell’energia, alla svalutazione dell’euro, agli effetti del “Quantitative easing” voluto dalla Bce. In questo contesto, ci sarebbero, invece, tutte le condizioni per trovare il coraggio di determinare una svolta radicale nell’economia italiana, basata sull’investimento di almeno cento miliardi di euro rivolti ad un concreto piano di rinascita industriale.
Questa somma potrebbe davvero essere individuata, a ragion veduta, come un “tesoretto” da utilizzare per la crescita economica e l’inclusione sociale. Dove trovare i soldi? Si potrebbero tirar fuori dalla cartolarizzazione del patrimonio pubblico, quello non strategico, le cui quote andrebbero sottoscritte da banche, assicurazioni e fondi d’investimento; poi, dai tagli ancora possibili alla spesa pubblica improduttiva; infine, dalle effetti delle tante riforme messe in cantiere. Ci vogliono investimenti rivolti alle infrastrutture materiali ed immateriali del Paese, affinchè si realizzino effetti benefici nel breve periodo soprattutto nel settore manifatturiero.
Così si può dare sostanza alla politica industriale, concentrandosi di conseguenza anche sul rinnovamento generale della cultura organizzativa, cioè su quello dei vertici delle imprese, delle istituzioni economiche e sociali, sindacati inclusi. Se sarà così, avremo appena iniziato a fare un bel salto di qualità.