La pianificazione urbanistica a Matera. Il ritardo della Regione nel legiferare in materia danneggia sia la qualità dell’urbanistica che l’economia locale.
Intervenendo nel dibattito di questi giorni sull’urbanistica a Matera, Confapi evidenzia che il ritardo della Regione nel legiferare in materia, lasciando spazio alla normativa nazionale, può creare guasti dal punto di vista urbanistico, in una città che vanta una lunga tradizione pianificatoria.
Ricordando che la Basilicata è l’unica Regione d’Italia a non avere ancora emanato una propria legge, Confapi inoltre evidenzia che questo vuoto normativo non permette alle imprese di fare il proprio mestiere e di scrollarsi di dosso la patente di speculatori che spesso viene loro affibbiata. Una legge regionale, invece, consentirebbe alle imprese di svolgere i propri programmi, creando lavoro ed economia in un periodo in cui la crisi dell’edilizia si è ulteriormente aggravata.
Confapi rileva che il Piano Casa giace da un anno e mezzo nel cassetto e che questa inerzia sta portando al fallimento diverse imprese locali. Di qui l’invito alla Regione ad emanare una propria legge in materia e al Comune di Matera a sollecitare la Regione in tal senso.
L’approvazione del Piano Casa, oltre a risolvere i guasti dell’interpretazione della legge n. 106/2011 che apre ad una deregulation con scarse garanzie di trasparenza, rimetterebbe in moto un’economia praticamente ferma in città. L’assenza della Regione Basilicata sulla legge 106, invece, rischia di innescare una speculazione incontrollata senza un’adeguata programmazione.
Condividendo l’invito dell’assessore Macaione alla trasparenza e alla legalità e senza nulla togliere alla serietà del dirigente, Confapi rileva che lo sviluppo della città non possa essere affidato alle decisioni di una sola persona, sia pure autorevole e competente, ma debba democraticamente essere affidato agli organi collegiali deputati.
Rifugiarsi dietro escamotage interpretativi delle leggi denota, al contrario, scarsa trasparenza e accentuata miopia. Derogare agli ordinari strumenti di pianificazione urbanistica generale, se pure consentito da un’interpretazione forzata, quantomeno è poco corretto nei confronti di una comunità un tempo abituata ad un’urbanistica di qualità e di un settore imprenditoriale, quello delle costruzioni, in forte crisi.