Gli uffici e i posti di lavoro in generale anche in Basilicata cominciano a ripopolarsi. Ma le vacanze non sono state lunghe allo stesso modo per tutti e c’è anche chi non le ha mai fatte. Secondo una rielaborazione del Centro Studi Turistici Thalia dei dati di una ricognizione effettuata dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro è andata decisamente meglio ai 15mila docenti rispetto ai 12mila manovali di cantiere. In generale, a un lavoratore del pubblico (35mila) sono state concesse due settimane in più che a un dipendente del privato.
Come è noto a regolare i periodi di riposo sono infatti i contratti nazionali, che disciplinano il lavoro dei dipendenti. A un operaio del settore edile, sia esso parte dell’industria (50mila compresi gli edili) che dell’artigianato, tendenzialmente sono concesse soltanto le quattro settimane “di base” previste dalla legge nazionale. Una condizione che può essere migliorata nell’ambito della contrattazione collettiva, tanto che per un commesso di negozio o a un receptionist di un albergo (quindi entrando nel settore del commercio e turismo e servizi, 62mila), si sale a due settimane di calendario e due giorni, indipendentemente dal fatto che la settimana lavorativa termini il venerdì (sia dunque di 5 giorni) o il sabato (6 giorni). Mentre per gli operai della Fca di Melfi le vacanze sono quasi totalmente determinate dal periodo stabilito dall’azienda.
L’altra faccia della medaglia: per molti le vacanze non sono mai cominciate e forse non cominceranno mai. Sono gli “stakanovisti del lavoro”. Secondo il CS Thalia tra i 5-600 in Basilicata. Chi lavora eccessivamente e sviluppa una vera e propria ossessione per il lavoro, a lungo andare mostra sintomi di malessere affettivo, irritabilità, ansia, depressione e anche un’elevata pressione sanguigna. Lo studio di questo fenomeno, chiamato ‘Workaholism’, è stato condotto da Cristian Balducci, professore associato di Psicologia del lavoro dell’Università di Bologna, in collaborazione con Lorenzo Avanzi, ricercatore in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, e Franco Fraccaroli, professore ordinario nella stessa disciplina all’Università di Trento.
Il ‘workaholism’ è una forma negativa di forte investimento nel lavoro, in cui la persona non solo lavora eccessivamente – spesso ben oltre quanto richiesto dall’organizzazione – ma sviluppa una vera e propria ossessione per l’attività lavorativa, non riuscendo a staccare e provando un disagio significativo quando si allontana da essa.
Agli “stakanovisti del lavoro”si aggiungono quelli che hanno paura delle vacanze: per alcune persone può essere spaventoso perchè si ha più tempo per rilassarsi, riflettere e fare i conti con se stessi, per altri allontanarsi da casa può essere una fonte di stimoli forti che non tutti sono in grado di reggere, per altri ancora significa passare più tempo con i propri familiari, cosa che può essere fonte di tensione. Almeno il 2 % delle persone vive l’arrivo delle vacanze con molta angoscia e al solo pensiero di doversi organizzare, di prendere un mezzo di trasporto, di andare lontano da casa, comincia a sviluppare una serie di sintomi ansiosi, che in alcuni casi si trasformano in veri e propri attacchi di panico con corredo di palpitazioni, respiro bloccato, tremore e mal di stomaco.
Su queste problematiche il Centro Studi Turistici Thalia ha chiesto il parere alla prof. Liliana Dell’Osso, lucana di nascita (Premio Ester Scardaccione 2014), direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa.
Questo problema – sottolinea la Dell’Osso – è vissuto non solo da chi soffre di una fobia specifica per i viaggi, ma anche da chi si trova a convivere con altre fobie che in qualche modo possono essere correlate alle vacanze. Sono le donne a soffrire maggiormente di questo problema: ben una donna su tre ad esempio teme che il cibo o l’acqua consumati all’estero possano essere dannosi. Altre fobie tipiche correlate alle vacanze sono, ad esempio, quella degli insetti (più diffusi nei luoghi tranquilli della villeggiatura), dell’acqua, dello sporco, dei tunnel in autostrada e prima fra tutti quella dell’aereo. Questa fobia nega l’accesso a molte possibili mete ed è significativo considerare che solo il 6% degli individui che ne soffrono ha avuto in passato brutte esperienze in volo: la maggior parte di loro temono l’aereo anche se non hanno mai avuto problemi in volo, addirittura 1 persona su dieci lo evita pur non avendo mai volato.
Ma – aggiunge il direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa – non parliamo solo di disturbo di panico: altri disturbi ansiosi e non possono indurre le persone a non partire. Penso, per esempio, al disturbo d’ansia di separazione in cui il soggetto teme l’allontanamento dai luoghi familiari non perché ha paura di sentirsi male lontano da casa (come nel disturbo di panico), ma perché fatica a staccarsi dai familiari, temendo che qualcosa di terribile possa accadergli mentre è lontano, impedendogli di ricongiungersi a loro, oppure temendo continuamente che a casa possa succedere l’irreparabile quando lui è via. Se il disturbo e’ grave, la riluttanza a partire non riguarda solo le vacanze, ma investe anche la sfera lavorativa, inducendo queste persone a rifiutare viaggi di lavoro o a scegliere lavori “sedentari”.
Ago 23