Carmine Vaccaro, segretario generale Uil Basilicata: “L’economia sommersa piaga del lavoro e dell’economia regolari”. Di seguito la nota integrale.
L’Istat, puntualmente, dà i numeri aggiornati sulla cosiddetta “economia non osservata”, ossia la somma dell’economia sommersa e delle attività illegali che, secondo l’istituto di statistica, nel 2016 sfiora quota 210 miliardi di euro, vale a dire il 12,4% del Pil. Da questa cifra spaventosa, epurata la quota derivante dalle attività illegali della criminalità (produzione e traffico di droga, prostituzione, contrabbando di tabacco, ecc.), incluso l’indotto, che risulta pari a circa 18 miliardi, è sempre alta la quota del lavoro e dell’economia sommersi. I dati lo testimoniano: nel 2016, le unità di lavoro irregolari sono 3 milioni 701 mila, in prevalenza dipendenti (2 milioni 632 mila), in lieve diminuzione rispetto al 2015 (rispettivamente -23 mila e -19 mila unità). Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (ULA) non regolari sul totale, è pari al 15,6% (-0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente). L’incidenza del lavoro irregolare è particolarmente rilevante nel settore dei Servizi alle persone (47,2% nel 2016, in calo di 0,4 punti percentuali rispetto al 2015), ma risulta significativo anche nei comparti dell’Agricoltura (18,6%), delle Costruzioni (16,6%) e del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,2%).
Anche in Basilicata il lavoro irregolare continua ad essere una metastasi che tocca direttamente tra le 40-50 mila persone e il decremento annuo del 5-6% non ci soddisfa. Un dramma che riguarda tutto il Paese ed investe, soprattutto, i più deboli ed indifesi, risultando sempre più collegato al fenomeno dell’immigrazione, e confermando che la stessa immigrazione irregolare è l’effetto e non la causa dell’economia sommersa. E l’altra faccia della medaglia del lavoro sommerso è costituita dalle tasse che mediamente vengono a mancare in Basilicata pari a circa 1.200 euro l’anno per ciascun residente e che quindi sono sottratte ad investimenti produttivi e sociali. Per un calcolo più preciso, secondo i dati del nostro Ufficio Uil, il gettito evaso è di circa 500 milioni di euro.
Per questo nell’aggiornare l’agenda di lavoro per l’autunno la Uil nella sua visione di Regione 4.0 ha inserito prioritariamente il buon lavoro, vale a dire il superamento del lavoro nero e del precariato. Serve un nuovo slancio programmatico. Un quadro logico, in cui dall’analisi si passa all’identificazione di obiettivi generali, da declinare in obiettivi più specifici, cui legare le singole proposte di policy, da sottoporre a valutazione, in un processo circolare che porta ad una rimodulazione degli obiettivi e delle proposte, e così via. Il che presuppone lo sviluppo di un quadro di misurabilità dei risultati e delle realizzazioni con appositi indicatori e modelli quali-quantitativi di valutazione. In quali macro-piattaforme di policy integrate far confluire e concentrare le risorse del bilancio regionale. I punti di attacco, riletti ed affinati, sono stati offerti nelle più importanti recenti manifestazioni sindacali.
Come sindacati, imprese e Regione abbiamo da tempo individuato due strumenti essenziali: una normativa integrata per il contrasto al sommerso che abbia un profilo soprattutto di incentivazione a chi opera nel rispetto delle normative esistenti in materia di contratti di lavoro e di sicurezza sul posto di lavoro; l’Osservatorio regionale sul sommerso e sulla sicurezza del lavoro che realizzi, di intesa con la Direzione Regionale del Lavoro, delle Entrate, dell’Inps e dell’Inail un “database unico” sulle imprese regionali titolari di contributi pubblici per facilitare i controlli. La Uil di Basilicata ha sempre ritenuto che è indispensabile mettere in campo misure eccezionali, anche se provvisorie. Tra le nostre la sperimentazione del contratto di ricollocazione per soggetti fuoriusciti dal mercato del lavoro e per una nuova occupazione, rivolgendo grande attenzione alla platea di soggetti ammessi agli ammortizzatori sociali in deroga individuati tra giovani e lavoratori di età media (under 45) o a profili professionali che presentano buone caratteristiche per la ricollocazione. Una proposta per sottrarre una platea di persone più esposte al lavoro nero.