L’accelerazione che il Governo intende imprimere per l’introduzione del Reddito di Cittadinanza impone l’attuazione di un sistema di nuovi “Servizi per l’impiego”. Una necessità che la Uil ha più volte posto all’attenzione di Governo e Regione, ognuno per le proprie competenze, e che trova una proposta molto dettagliata nel quinto rapporto sul mercato del lavoro lucano 2018 redatto dal Centro Studi Sociali e del Lavoro Basilicata. E’ quanto afferma il segretario generale della Uil lucana Carmine Vaccaro sottolineando che si ipotizzano per i Centri per l’Impiego funzioni e compiti sempre maggiori per la fase istruttoria del Reddito di Cittadinanza senza valutare l’attuale situazione dei Cpi caratterizzata da carenza di personale e strutture inadeguate.Dal rapporto dell’Anpal emerge infatti un grande sottodimensionamento operativo e strutturale che si ripercuote sulle funzioni e sulle azioni di servizio più complesse e delicate. «I centri per l’impiego – come si legge nel rapporto – realizzano un servizio incentrato in un set minimo di azioni, quasi esclusivamente limitato alla presa in carico dell’utenza». Mettendo sotto la lente le tipologie di professionalità mancanti, gli operatori amministrativi sono poco più di un quarto delle richieste di personale aggiuntivo, in gran parte dei casi si lamenta invece il vuoto di figure specialistiche, gli orientatori in primis (circa il 34% delle richieste), gli esperti in consulenza aziendale (14%) e i mediatori culturali (11%).E solo una minima quota di percettori di politiche passive ha ricevuto servizi di politiche attive, e una quota ancora più contenuta ha ricevuto un’opportunità occupazionale che ha permesso al sistema degli ammortizzatori sociali di risparmiare e al disoccupato di trovare lavoro.
Tutto ciò sempre in attesa dei nuovi finanziamenti contenuti nella Legge di Bilancio 2018 che prevede 250 milioni di euro l’anno per 1600 nuove unità nei Cpi. Per la Uil – dice Vaccaro – l’obiettivo centrale è quello di concepire il progetto di Capitale/Lavoro in modo integrato e coordinato per includere tutte le azioni di contrasto all’esclusione sociale, quindi allargare la sua sfera di attività dall’inclusione lavorativa in senso stretto, verso le misure di lotta alla povertà. Questo perché – continua – le politiche di contrasto all’esclusione sociale e lavorativa non possono avvenire per segmenti spezzettati, ma hanno senso solo se adottano una logica unitaria di presa in carico dell’individuo in tutti gli aspetti del suo disagio sociale. Questo concetto di integrazione è peraltro il cardine della L.R.4/2007, che definisce il sistema regionale di inclusione sociale come una filiera in cui tutti gli anelli (educativo, socio-assistenziale, formativo, di contrasto alla povertà economica, socio-sanitario, di inserimento lavorativo) si innestano l’uno con l’altro in una filiera integrata delle politiche. Le direttrici fondamentali: il coinvolgimento attivo delle imprese, che generano la domanda di lavoro, non in misura formale ma sostanziale; l’orientamento gestito dai Centri per l’Impiego dovrà, sin dalla presa in carico del soggetto, includere una ricognizione della domanda di lavoro proveniente dalle imprese in termini di profili professionali.
E – sottolinea Vaccaro – serve un “cervello” in grado di supportare l’operato della Regione nella fase di programmazione ed in quella, a valle, della valutazione e dell’analisi di impatto delle politiche. Un board di valutazione e proposizione, che sia in grado di orientare le politiche del lavoro, in una forma integrata rispetto alle politiche sociali : un unico strumento, il mai attivato osservatorio regionale delle politiche sociali di cui all’art.18 della L.R.4/2007, ovvero dello stesso Osservatorio del Mercato del lavoro. Perché politiche sociali e del lavoro hanno un ovvio punto di contatto e raccordo.
Set 17