Giancarlo Vainieri (Centro studi UIL Basilicata): Le ‘voci di dentro’ e le sfide per cambiare il Sistema sanitario regionale. Di seguito la nota integrale.
Le ‘voci di dentro’ al sistema sanitario lucano sono il frammento di un racconto appassionato. Una sorta di autocoscienza collettiva delle tante cose che non funzionano. Manca il loro ascolto per riprogrammare l’intera rete dei servizi ospedalieri, con ‘gli occhi del paziente’ e con le storie di vita degli operatori.
E manca la ‘voce’ delle comunità nella gracile rete territoriale, che ancora non è governata dai Distretti della salute, previsti fin dal 2007 nella LR n 4 del 2007. Funzioni innovative già sperimentate con i Piani di salute e l’Adi di Venosa, ripresi in altre Asl della Regione.
Adesso i servizi sono diventati inaccessibili!
Certo non è cosa di oggi. Tanti lucani, 140mila, rinunciavano alle cure nel 2016. Alti erano i livelli di mobilità passiva e crescenti le liste di attesa (Welfare day del Censis nel 2017).
Ancora oggi sono questi i nodi storici di una crisi strisciante e di un contrarsi delle cure; un ritorno al vissuto della malattia come ‘lato notturno’ della vita (S.Sontang), subita in piena solitudine.
Ora avanzano bisogni nuovi e mutati nel panorama delle generazioni. Di quelle anziane, e di quelle più giovani.
Un ciclo lungo si è chiuso. Ed è cosa necessaria averne piena e diffusa consapevolezza, con la ricerca di nuovi orizzonti ed assetti del servizio sanitario.
Il ‘nuovo’ corso non deve fare sconti a nessuno, né ‘fare le cose allo stesso modo’, con la farina del vecchio mulino.
È il tempo di abbandonare le ‘passioni fredde’ e di ritornare all’accoglienza calda’ delle persone.
Riorganizzando e combinando risorse, nuove tecnologie e le notevoli energie di chi lavora nel sociosanitario, meglio retribuito.
Questa attività si chiama riforma e ‘riprogrammazione’!
Un complesso di cose da fare tra ‘vecchio e nuovo’. Sperimentando ora, senza rinvii, i ‘Punti unici’ di accesso, o ‘Punti di salute’. Un nuovo approccio ai bisogni ed alle aspirazioni di buona vita dei soggetti. Sono le cose immaginate nella ‘missione 6’ del Pnrr.
Un laboratorio cooperativo di figure professionali multifunzione, ‘a scorrimento’ tra struttura ospedaliera e territorio, capace di prendere in carico il paziente nel flusso di valutazioni e di atti assistenziali validi ed efficaci. Senza separatezze, potenziando il lavoro di équipe, nel dipartimento forte delle cure primarie, posto tra ospedale e Distretto della salute.
Recuperando i Medici di famiglia ad una funzione nevralgica di dirigenti-animatori del sistema territoriale, con l’apporto di figure innovative come gli infermieri di comunità. Una risposta di salute nuova e più efficace nella regione dei longevi, con bisogni di assistenza legati alla cronicità e non-autosufficienza.
Fino ad allestire funzioni di eccellenza, come nel caso dell’Irca, Istituto marchigiano di ricerca e cura degli anziani.
Territorio ed ospedale abbisognano di una sintesi nuova. Prossimità connessa alla nuova rete ospedaliera.
Una griglia di presidi riclassificati, in relazione ai fabbisogni di salute rivisitati secondo gli schemi del Dm 70 e le funzioni di Hub per le reti tempo-dipendenti (rete stroke, politrauma, emergenze cardiologiche, etc.).
Si riprenda così una netta e doverosa distinzione degli ospedali ricompresi nella grande Azienda S.Carlo.
‘Ospedale di ospedali’, com’è diventato il S.Carlo, multicentrico e di alta specialità, con notevoli punte di eccellenza. Una complessità di funzioni, prive tuttavia del modello di Policlinico regionale.
Si investa sulla specificità delle strutture di Melfi, Villa d’Agri e Lagonegro, come poli autonomi dell’emergenza, riassunti nel Dea di II livello.
Con direttori di ospedale stabili, muniti di delega forte, per attuare le mission dei singoli presidi, agganciati a Dipartimenti altrettanto ‘forti’. E così rivolgere lo sguardo alla cura di funzioni più legate alle realtà territoriali.