Vertenza Stellantis Melfi e indotto, Mega (Cgil Basilicata): “Bene la mobilitazione unitaria con lo sciopero nazionale del 18 ottobre ma ci auguriamo l’unità sindacale prosegua anche nei giorni successivi e ai tavoli regionali, dove troppo a lungo la Cgil in Basilicata è stata l’unica voce fuori dal coro”. Di seguito la nota integrale.
“Bene la mobilitazione unitaria per l’automotive con lo sciopero dei metalmeccanici il prossimo 18 ottobre, ma non possiamo esimerci dall’evidenziare che come Cgil avevamo lanciato l’allarme in solitaria e in tempi non sospetti sul continuo declino del settore in Basilicata e sulla sopravvivenza dello stabilimento Stellantis di Melfi, tanto da decidere di non sottoscrivere l’accordo per la richiesta dell’area di crisi industriale complessa a fronte di nessuna garanzia sulla tenuta occupazionale e produttiva, né di firmare gli ultimi accordi sindacali per gli ulteriori incentivi all’esodo. L’unità sindacale quindi prosegua anche dopo il 18, non vorremmo poi ritrovarci il giorno seguente a sottoscrivere accordi separati”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Basilicata Fernando Mega.
“La produzione di auto di Stellantis in Italia – ricorda il dirigente sindacale – è crollata nel primo semestre del 2024 a -29,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Dal 2014 ad oggi sono 11.500 i lavoratori diretti usciti dagli stabilimenti italiani di Stellantis. E nel 2024 sono previste ulteriori 3.800 uscite incentivate. A questi vanno aggiunti gli oltre 3000 lavoratori in somministrazione che risultano licenziati al giugno 2024. Se si guarda alla situazione produttiva dei singoli stabilimenti il quadro è allarmante: a Melfi siamo passati da 99.085 vetture prodotto nel 2023 a 56.935 nel 2024, con una riduzione degli addetti da 7.750 a 5.400. Un andamento sull’occupazione che dimostra in maniera esplicita che il problema della crisi di Stellantis non è determinato dalla transizione, bensì da una chiara strategia di disinvestimento. È inaccettabile, a fronte di una ulteriore richiesta di ammortizzatori sociali, non porre alcuna garanzia sulla tenuta occupazionale. E l’istituzione dell’area di crisi industriale complessa, come da noi preannunciato, non ha risolto il problema che va affrontato alla radice. È stata solo una risposta tampone che mette a disposizione dei finanziamenti per garantire l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, ma per un tempo determinato e senza un supporto reale che metta le imprese nelle condizioni di affrontare le sfide della transizione ecologica.
Non c’è nessuna risposta concreta in merito all’occupazione, al futuro e alle condizioni di lavoro – denuncia Mega – Nell’area industriale di Melfi si continua nella politica degli esuberi e degli incentivi all’esodo mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del sito produttivo più grande in Europa del settore. Gli stipendi dei lavoratori sono sempre più miseri per i fermi produttivi che sono ormai strutturali: il turno di lavoro di notte è saltato, con un impatto sulla tenuta dell’indotto e della logistica. Anche i nuovi investimenti previsti dalla Regione Basilicata e pari a 100 milioni di euro non sono sufficienti a colmare il vuoto occupazionale, garantendo appena 120 posti di lavoro.
Da tempo chiediamo unitariamente un confronto con l’amministratore delegato al tavolo regionale e di tutta risposta all’ultimo incontro in Regione Stellantis è risultata assente. Stiamo assistendo ad una lenta dismissione degli stabilimenti Stellantis attraverso uscite incentivate delle lavoratrici e dei lavoratori e il continuo utilizzo degli ammortizzatori sociali. Come si costruisce il futuro se ad oggi non ci sono state assunzioni di donne e giovani per creare, progettare e produrre in Italia e a Melfi?
È questo il momento dell’unione, che – conclude Mega – ci auguriamo prosegua anche ai tavoli regionali, dove troppo a lungo la Cgil è stata l’unica voce fuori dal coro, pur trovandosi purtroppo nella ragione. L’Europa, il Governo e Stellantis devono dare risposte. A Bruxelles e a Roma chiediamo un pacchetto straordinario di risorse per sostenere la transizione del settore attraverso investimenti in ricerca, sviluppo, progettazione, ammortizzatori sociali, formazione, riduzione dell’orario di lavoro, batterie e infrastrutture di ricarica. Questi investimenti pubblici devono vedere la partecipazione dei privati e dovranno essere concessi esclusivamente alle aziende che garantiscono l’occupazione e il futuro degli stabilimenti. Dobbiamo impedire che gli errori delle multinazionali e le speculazioni finanziarie siano scaricati sui lavoratori in termini di occupazione, salario e diritti, con conseguenze ancora più gravi nella nostra regione dove non solo l’automotive ha trainato l’economia regionale ma dove incombono più che altrove povertà e spopolamento. La strada verso la transizione ecologica deve essere fatta con i lavoratori e le lavoratrici. Se dopo il 18 si riprende con il solito copione dell’isolamento della Fiom, continuando a firmare accordi senza prospettive, si rischia di consumare solo un “rito”, prendendo in giro le lavoratrici e i lavoratori lucani”.