Dal Vinitaly si rafforza la nuova tendenza del contatto diretto con la terra, con il produttore, con i luoghi dove nasce il vino. Scelta che premia anche la spesa. Si possono, infatti, senza scegliere per forza la bottiglia doc e docg, acquistare prodotti di ottima qualità a prezzi molto convenienti. E nello stesso tempo la lunga schiera di “eno-appassionati” ha la possibilità di instaurare il rapporto con la campagna. C’è la riscoperta di antiche tradizioni, di usanze secolari e, quindi, anche delle cantine. Si approfitta di un “week-end” per un percorso eno-turistico per assaggiare e scegliere le etichette. Per incontrare chi le produce e visitare il posto dove l’uva si trasforma in vino. A sottolinearlo è il responsabile dell’Ufficio Economico della Cia Basilicata Paolo Carbone, evidenziando che la 47esima edizione di Vinitaly coincide con i primi passi ufficiali dell’Enoteca Lucana di Venosa alla quale i vitivinicoltori lucani affidano il compito principale di rafforzare immagine e marketing del vino della nostra regione. E in attesa delle prime azioni della stessa Enoteca -sottolinea il dirigente della Cia – è necessario che i nostri produttori assumano piena consapevolezza che è cambiata la mappa degli acquisti di vino nel nostro Paese. La grande distribuzione vede crescere le vendite, mentre le tradizionali enoteche faticano a tenere il mercato e cercano di superare le difficoltà offrendo proposte innovative, dai “wine club” alle degustazioni guidate da produttori, enologi, personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, agli aperitivi che vengono legati alle varie tipicità agroalimentari. Proprio le cantine -afferma la Cia- registrano un vero “boom”. Nel 2012, grazie alle sagre e agli eventi diffusi sul territorio, tra i quali “Cantine Aperte” nel Vulture e quella che è la manifestazione con un numero maggiore di presenze (sino a 25mila in tre giorni) a Sant’Angelo Le Fratte nel Parco delle Cantine, si è avuto un incremento delle “visite” negli “agri-wine” del 20 per cento rispetto all’anno precedente. Non siamo in presenza di una semplice moda, ma di un’inversione di rotta nei consumi determinata in particolare dalle mutate condizioni economiche delle famiglie che cercano di abbinare il risparmio con la qualità.
Eppure, nonostante successi e traguardi collezionati dal nostro vino, il comparto mantiene delle contraddizioni su cui bisogna intervenire. Innanzitutto -evidenzia Carbone- non basta raggiungere nuovi mercati all’estero, bisogna anche trovare nuovi consumatori “in casa”. Dal 1995 al 2012, infatti, il consumo pro capite di vino in Italia è passato da 55 litri a 39, “perdendo” per strada ben 16 litri. Complici la crisi economica, le diete, i nuovi stili di vita. Anche lo stesso export, per intercettare al meglio la domanda proveniente dai nuovi bacini di consumo, richiede ora una piattaforma comune di filiera con un “contagio” positivo per tutte le aziende che operano nel settore. Basta muoversi in ordine sparso, per vincere occorre una strategia sinergica unitaria che superi finalmente l’eccessiva frammentazione e la competitività esasperata che spesso penalizza i piccoli produttori sui grandi.
Apr 06