Carmine Vaccaro Segretario Regionale Uil e Giancarlo Vainieri, Presidente Cssel
(Centro Studi Sociali Economici e Lavoro) in una nota congiunta esprimono alcune riflessioni sulle ZES e dichiarano: “Candidature in un “piano strategico” con un confronto reale e partecipato”. Di seguito la nota integrale.
L’individuazione delle Zes (Zone Economiche Speciali) ha bisogno principalmente di un ‘piano strategico’ compiuto ed argomentato che contenga le tracce di evoluzione dei territori candidati all’impiego delle misure e delle provvidenze da utilizzare per lo sviluppo e l’occupazione. Per questa ragione diventa pregiudiziale il metodo della strategia da adottare perché il DL 91 individua i punti cardinali della delimitazione-zonizzazione dei territori, in modo da mostrarne lo ‘stato dell’arte’ e le ipotesi di sviluppo, gli scenari di crescita.
E’ evidente che non ci si può muovere nella logica dell’adempimento di una norma e neppure di una semplice aggiunta ad altri ambiti di finanziamento pubblico. Occorre invece uno slancio creativo e partecipativo di accompagnamento fecondo delle decisioni che prenderà il Consiglio Regionale, in un dialogo serrato e convincente con le istituzioni locali e le forze sociali, sino ad un confronto sul campo tra le nuove Zes e quelle europee già in funzione (come in Polonia) per capirne potenzialità e punti critici.
La “bussola” di orientamento per scongiurare il rischio di spinte campanilistiche e strumentalizzazioni, molto forte nei primi commenti e nelle prime dichiarazioni, sono le tre caratteristiche di una ZES individuate dal DL 91:
• deve essere istituita all’interno dei confini statali, in una zona geografica chiaramente delimitata e identificata.
• può essere composta anche da aree territoriali non direttamente adiacenti, purché abbiano un nesso economico funzionate .
• deve comprendere un’area portuale, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN- T), con le caratteristiche stabilite dal regola-mento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013.
E’ bene dunque subito chiarire che una Zona economica speciale lucana non può che avere un respiro ed un impianto interregionale.La definisce così la legge quando ne vincola la costituzione intorno ad un porto. Serve per altro unaZes con una intelaiatura motivante e plausibile per poter concorrere ad attingere le notevoli risorse messe a disposizione e procurare effetti moltiplicativi importanti di tipo produttivo ed occupazionali.
Dispute intellettuali a parte, l’esercizio migliore è quello di stendere un’agenda degli impegni che si possono prendere: dieci cose da fare per impiantare il processo decisionale delle Zes, nel quadro degli impegni del Governo che ha garantito con Il Ministro De Vincenti ,di recente a Matera, l’impiego dei fondi statali ed europei per nuove opere e non per coprire la spesa ordinaria.
Grande interesse e speranze sono riposte poi nel quadro internazionale in movimento: i progetti cinesi che riguardano i porti italiani; Materastessa che dimostra come l’attrazione di flussi turistici non debba essere legata esclusivamente alle località sul mare ma possa giovarsi di un «racconto» più sofisticato e moderno, ancora tuttavia da organizzare.
In ogni caso è necessario sfidarsi e sfidare istituzioni e mondo della cultura e dell’Università per cominciare a praticareesperimentare modelli di Zes sia verso il Governo che verso la Ue,finalizzando le misure dei Por.
Una sperimentazione da fare anche con un maggior coinvolgimento delle grandi imprese private e pubbliche presenti nel Sud a cominciare da Fca passando per Leonardo, General Electric, Sevel, Barilla, Ferrero, Nestlé, ecc..
Dunque è decisivo che le Regioni meridionali sappiano lavorare insieme, individuando strategicamente i luoghi, da gestire con connessioni trasversali di rilievo mediterraneo.
E cosi promuovere le candidature delle Zes con un chiaro disegno di assetto territoriale aperto, di grande respiro, mediante la inteliatura di benefici fiscali ed agevolazioni da attestare lungo grandi, evidenti e già consolidate direttrici.
Ora quale è il disegno regionale di tipo strategico e territoriale, netto ed inequivocabile ,su cui innestarelo strumento Zes? Lo studio predisposto dalla Giunta Regionale è solo una “premessa” di quello che deve essere il ‘piano strategico’ con una “consapevolezza”: una Zes ha maggiori effetti moltiplicativi se si correla ad un complesso di misure pensate per accompagnare lo sviluppo dell’intero territorio regionale, con interventi compensativi e diffusivi. E cosìalle strategie regionali spetta di tenere l’impulso iniziale in termini di visione generale e di obiettivi unificanti del territorio.
La Basilicata, per la sua parte, dovrà ripensarsi con la sicurezza ambientale ed il suo patrimonio forestale montano ,con le sue piattaforme manifatturiere,con l’automotive, in un quadro sostenibile di trasformazione del suo prodotto petrolifero econ la vocazione delle aree interne, la logistica agroindustriale, in parte finanziata e che, potrebbe attingere alle risorse aggiuntive previste nel Decreto 91 , secondo misure fino a 50 milioni.
Altre vie, come si osserva già oggi, possono portare a rivendicazioni e chiusure territoriali.Le Organizzazioni sindacali hanno dato un contributo con diversi documenti tra i quali vi è ‘Basilicata 2020’sostenuto da una convinta manifestazione popolare lo scorso anno.
Si assuma dunqueun documento regionale, forte, condiviso,di prospettiva ulteriore per la fine della legislatura ,di ridisegno dei quadranti del nuovo sviluppo regionale,nel quale siano studiate e tradotte in vettori i flussi e le relazioni interne ed esterne. Un documento più generale da cui è più agevole discutere e derivare le linee del piano strategico connesso alle Zes.
Per noi è questa l’opportunità formidabile per affermare un’idea nuova ed aperta della Regione.Un’idea virale si direbbe oggi legataalla seconda ‘grande trasformazione’ all’innovazione.La Regione non può essere rappresentata ancora come ‘cernieralogistica’, ecc. Essa è già altro.E’ già un luogo di relazioni produttive e vitali integrate nella gran parte delle economie delle regioni contermini.
La prima traccia è quella che fa perno sul porto di Taranto e sul retro porto territoriale che risale fino a Matera-Ferrandina ed alle Murge pugliesi,ma che può avanzare fino alla penisola salentina.E’ la Zes di maggiore evidenza , più approfondita e studiata che si collega bene al potenziale di sviluppo rappresentato da Matera 2019.
L’altra traccia poggia su di una connettività di sviluppo che svirgola lungo le coste tirreniche.E’ la linea dei porti e retroporti che si inarca da Gioia Tauro, al comprensorio del golfo di Policastro , al porto di Salerno e di Napoli-Bagnoli. Una linea che può ricomprendere anche l’interno della Val D’Agri.Cosa mettere in questo circuito?I porti – specie quello diNapoli e Gioia Tauro – che guardano verso l’intera area mediterranea,con grande disponibilità di zone retro portuali.Aree su cui intervenire per intrecciare ‘a pettine’anche interventi di rilancio e di dinamizzazione di filiere delle aree interne meridionali.
Ora una partita da condurre è quella dell’organismo di gestione che fa perno intorno all’Autorità portuale con l’integrazione di rappresentanti regionali.E’ chiaro che occorre arricchire questo ordinamento, alquanto limitante, con organismi di sostegno promossi autonomamente dalla Regione, costituiti con l’apporto di Enti Locali e di rappresentanze professionali e sociali .Una formulazione che non è passata nel DL 91/17 ma essenziale per il radicamento delle Zes.
In definitiva nello spazio delle Zes il modello di ‘Regione aperta’ può prendere corpo con nettezza e organicità.La dorsale appenninica,le aree interne,il comprensorio del Pollino, il Metapontino,Matera ed il suo hinterland,l’area del Melfese verso l’asse adriatico, che insieme, in ‘forma di cerchio’, sono inscritte nei due grandi alvei ionico-tirrenico.
Carmine Vaccaro Segretario Regionale Uil e Giancarlo Vainieri Presidente Cssel
(Centro Studi Sociali Economici e Lavoro)