E’ opinione comune che le piccole e medie imprese siano quelle che, insieme ai dipendenti, pagano il prezzo più alto della crisi.
Alle migliaia di posti di lavoro in meno, si aggiunge il peso dell’indebitamento bancario, l’aumento delle difficoltà di incasso sulle forniture e i lavori e delle procedure di fallimenti, il crollo degli investimenti e dei leasing, l’usura in agguato.
E’ opinione altrettanto comune, ma questa volta fuorviante, che nelle grandi imprese l’utilizzo della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà abbia consentito di salvare l’occupazione, mentre nelle imprese di minori dimensioni l’occupazione è a rischio anche a causa della non conoscenza di uno strumento nuovo come la cassa integrazione in deroga.
Nel nostro territorio è evidente che, se si eccettua l’oggettiva maggiore difficoltà connessa alle ridotte dimensioni d’impresa, le PMI, grazie al senso di responsabilità di associazioni imprenditoriali e sindacati, sono riuscite a mantenere la coesione sociale nell’annus horribilis 2009 e in questo scorcio di 2010, non certo mirabilis. E proprio gli ammortizzatori sociali in deroga sono diventati l’ultimo baluardo per mantenere la coesione sociale nella provincia di Matera.
Non bisogna neanche sottovalutare il lavoro delle parti sociali. Durante i periodi di crisi dell’economia le associazioni imprenditoriali e i sindacati sono più deboli, perdono parte del loro potere perché si trovano a gestire non più ricchezza e posti di lavoro, ma chiusure aziendali e licenziamenti.
Che cosa fanno allora le associazioni imprenditoriali in queste condizioni? Si ripiegano sulla tutela dell’esistente, cioè su politiche difensive volte a salvare le aziende sopravvissute e i loro dipendenti. Vengono quindi ridotte le attività di marketing territoriale e di attrazione di nuovi investimenti dall’esterno, portate avanti prima del 2005, e incrementate le politiche di tutela dell’esistente.
L’aspetto più drammatico di questa crisi, tuttavia, non è tanto la caduta della domanda, quanto il fatto che si stanno logorando i legami tra le persone e tra le imprese, i rapporti sono sempre più precari, non ci si fida più di nessuno: le banche non fanno credito alle aziende, le aziende non pagano i fornitori, i fornitori licenziano gli operai o li collocano in cassa integrazione, gli operai non consumano. Si crea quindi una spirale perversa che danneggia l’economia, ma soprattutto i rapporti interpersonali.
Le associazioni imprenditoriali dunque hanno fatto un lavoro importante per mantenere il legame tra le persone, in modo da adeguarle ai rapidi cambiamenti intervenuti. E’ lo Stato piuttosto a non essersi dimostrato un partner affidabile, con molte promesse fatte a fronte di pochissime risorse destinate. Adesso il Decreto Sviluppo promette risorse per alcuni settori in crisi, tra cui l’edilizia. Staremo a vedere. Intanto è certo che le grandi aziende possono contare sullo Stato come garante, mentre le piccole imprese possono salvarsi solo se si mettono in rete, ragionano nella logica di un sistema integrato e rinsaldano quei legami fiduciari di cui si parlava.