La crisi strutturale di un sistema capitalistico incontrastato e sempre piu affaristico , la cui globalizazzione liberista e selvaggia, ha causato la perdita di lavoro per decine di milioni di lavoratori, la delocalizzazione, il fallimento di tante piccole e medie imprese , una agricoltura agonizzante, un futuro ancora piu oscuro per le giovani generazioni,
Nello stesso tempo l’ulteriore arricchimento di pochi, il degrado socio economico delle regioni piu deboli, la Basilicata, il mezzogiorno d’Italia.
Cio non basta , il grande capitale industriale e finanziario , fiat in testa con il sostegno del governo di destra , la subalternità di alcuni sindacati ostaggi dei suoi gruppi dirigenti, il fabbisogno del lavoro anziche cercare soluzioni sull’utilizzo degli impianti , dell’organizzazione del lavoro nell’ambito delle leggi e dei contratti nazionali di lavoro esistenti, a seguito di un accordo se3parato, che non è stato, non si è voluto sottoporlo al voto dei lavoratorie lavoratrici, (oltre un milione e mezzo) si pensili derogarlo senza alcuna mandato dei lavoratori interessati che vedrebbero peggiorato i lorio diritto,e le loro condizionidi lavoro,con delle deroghe che si vogliono introdurre .
Tutto questo sarebbe la libertà democratica !!! pertanto noi comunisti italiani pdci fed della sinistra condividiamo a pieno la necessitè di una legge sulla rappresentanza in cui ai lavoratori sia riconosciuto il diritto di votare non solo per le elezioni delle rsu ma , anche di votare gli accordi di ogni livello per renderli non di meno il diritto di sciopero, duramente conquistato e sancito dalla costituzione della repubblica italiana , ed altri diritti che non sono negoziabili ma sottoponibili al voto.
Il capitalismo industriale e finanziario a partire dalla FIAT pensano di risolvere il conflitto tra capitale e lavoro, non deriva dalla logicadi sfruttamento e limitazioni dei diritti di libertà, di democrazia di cui il capitalismo ,oggi in una situazione socio-economica , sta creando ipocritamente voler far credere e ignorare la lotta di classe per il capitalismo non venuto mai meno .
Pertanto in considerazione di quanto modestamente innanzi esposto, sottoponiamo a lei la necessità e opportunità che sottoponga alla prossima seduta del consiglio comunale , che oltre ad esprimere ai tre lavoratori della fiat di Melfi ed altri la dovuta solidarietà ed il rispetto delle leggi da parte della Fiat
Fingo stesso sollecitare le forze politiche , il parlamento , la regione Basilicata , avarare due leggi,
A) una legge sulla rappresentanza sindacale, ivi compresili diritto di esprimersi con il voto sugli accordi ad ogni livello e l’intoccabile diritto di sciopero .
B) Una legge sulle delocalizzazione ,ivi compreso la restituzione delle agevolazioni pubbliche per l’inadempienza delle clausole .
Fiduciosi di un vostro interessamento verso i temi proposti, le rinnoviamo gli auguri di un proficuo lavoro al servizio della città di Matera.
Giambattista Barberino gia consigliere regionale
Silvio Cristallo segretario pdci Matera
Rossano Fusillo Coordinatore FGCI Matera
Giacomo Passivanti
Donato Michele Stifano
Mario Lionetti
RIFLESSIONI SUL CASO MELFI DEL CONSIGLIERE REGIONALE NICOLA BENEDETTO
Nessuno sembra essersi accorto che il “muro contro muro”, gli scontri fra operai e azienda, che a Melfi hanno creato un caso “mediatico”, hanno un sapore talmente “vecchio” che ci riporta indietro negli anni e in particolare a quando la lotta fra capitale e lavoro, fra padroni e operai aveva un senso. Oggi siamo nel 2010 e il panorama economico è completamente cambiato. Le dinamiche aziendali e i meccanismi di persistenza sul mercato sono suscettibili di una globalizzazione che nessuno può più ignorare. padrone e operaio, se possono essere chiamati ancora così, devono andare nella
stessa direzione. E non è un caso che la vicenda sia scoppiata proprio a Melfi. Ci troviamo di fronte, ancora una volta, a un’Italia spezzata in due, a un’Italia che viaggia a due velocità.
Che i meridionali non hanno cultura industriale è solo un luogo comune che non trova fondamento sia nella storia, sia nell’attualità.
Piuttosto pensiamo all’emigrazione come a un “giacimento” di valori, a una ricchezza che ha mostrato le capacità dei meridionali in tanti campi e in tanti luoghi: nella nostra Italia e nel mondo e alla possibilità di coinvolgerli in progetti che li riportino al Sud con la quantità e la varietà delle esperienze maturate.
Il divario Nord-sud è stato costruito e lo si vuole mantenere. Ora l’unica strada percorribile è quella del cambiamento. Un cambiamento che deve abbandonare vecchi schemi per costruire uno Stato moderno sburocratizzato e competitivo al servizio del cittadino e non di se stesso.
E per cambiare occorrono l’impegno e lo sforzo di tutte le parti sociali. In questo percorso è importante il ruolo della politica che deve liberarsi delle logiche che finora l’hanno sostenuta e deve uscire dal “Palazzo” per incontrare la gente, dare risposte concrete ai problemi, fare scelte anche impopolari ma rivolte al bene comune.
Se lo stato fosse al servizio del cittadino, dovrebbe cancellare gli enti inutili, ridurre gli sprechi, contenere la burocrazia, combattere la corruzione e le complicità politico-finanziarie, restituire la dignità al mezzogiorno nella consapevolezza che per uscire dalla grave crisi internazionale occorre un’Italia davvero unita.
Invece si tagliano pensioni e salari, si bloccano stipendi e assunzioni, aumenta l’età pensionabile, non si proteggono le imprese né il prodotto Mady in Italy e quest’ultimo diventa patrimonio, nella sua ricerca e innovazione, di Stati più scaltri e astuti che stanno monopolizzando il mercato mondiale.
Che il Capo dello Stato, la Magistratura intervengano per risolvere una questione oggi definita “etica” è la punta di un iceberg, è il sintomo di un malessere generale che va curato con la costruzione di uno Stato moderno.
Intanto il 21 settembre, il giudice del Lavoro di Melfi, Emilio Minio, ha convocato le parti: azienda e Fiom. Una convocazione che servirà a chiarire gli aspetti procedurali dell’antisindacalità dei licenziamenti dei tre operai, la questione potrà andare avanti per anni, la stampa troverà argomenti per le sue pagine, la gente affinerà le proprie opinioni con i fronti dei “sì” e del “no”.
Nel frattempo bisogna chiamare a raccolta tutte le forze in campo per indirizzarle verso uno sforzo collettivo che faccia crescere il Paese, bisogna pensare a una politica “seria”, bisogna stabilire un patto sociale per condividere impegni e sacrifici. Il mio percorso di imprenditore e di uomo politico va in questa direzione, fermamente convinto che altrimenti resteremo confinati in un isolamento senza uscita.
Nicola Benedetto Consigliere regionale Italia dei Valori
COMUNICATO S.I.A.P. BASILICATA
La vicenda Fiat che sta occupando gran parte della stampa e non ultima la lettera aperta dei tre operai inviata al Presidente Napoletano, quale garante della nostra Costituzione, ha evidenziato il suo nobilissimo intervento per la difesa dello stato di diritto.
Vorrei subito sgombrare da ogni equivoco sul perché mi permetto di esprimere un mio modestissimo parere sulla assurda vicenda dei tre operai Fiat. Sono un lavoratore di questa Repubblica fondata sul lavoro , seppure svolgendo un lavoro a tutela la sicurezza pubblica dei cittadini, da oltre 40 anni, e per 35 quale rappresentante sindacale dei lavoratori della Polizia di Stato.
La mia cultura sindacale in Polizia nasce a fianco di sindacalisti del mondo confederale negli anni ’70, data del mio arruolamento, coincidente con il Paese assediato dall’eversione terroristica e della crisi industriale, dalla strategia della tensione.
Erano quelli gli anni in cui nascevano le prime contestazioni dei poliziotti che chiedevano migliori condizioni di vita e di lavoro, le cui iniziative di protesta erano sostenute con il supporto e il pieno sostegno dei sindacalisti della CGIL-CISL e UIL i quali, a sostegno della riforma della Polizia, dedicarono un’ora di sciopero per i poliziotti.
Ecco perché, in ricordo della disponibilità dei sindacati confederali, anch’io quale rappresentante del SIAP intendo dare un contributo alla vicenda Fiat formulando in maniera incondizionata la solidarietà del SIAP ai lavoratori della Fiat, anch’essi cittadini di questa Repubblica, capi famiglia e uomini che meritano rispetto innanzitutto in quanto tali e poi quali lavoratori.
Non possono non riconoscersi i diritti dei lavoratori e cioè i diritti delle libertà sindacali e di manifestare liberamente il proprio pensiero; di ciò devono prendere atto anche i manager Fiat, prima forza industriale del Paese, che non può dimostrarsi zelante e evidenziare i muscoli, addirittura in presenza di una sentenza del giudice del lavoro che ha reintegrato i tre operai di Melfi.
Qui c’è in pericolo la democrazia e con essa lo stato di diritto. Mi viene voglia di affermare, con tutta schiettezza, che di fronte alle tensioni e alle instabilità che provengono dai manager della FIAT si è caduti nel baratro e sono venute meno le corrette relazioni industriali e sindacali per una prospettiva di rilancio e sviluppo del settore automoblistico, della cui crisi nei paga l’intera economia del Paese; oppure si pensa a smantellare la preziosa industria automobilistica di Melfi?
Non si possono attribuire responsabilità a lavoratori che rappresentano altri lavoratori, se non in presenza di fatti probanti che abbiano determinato l’azione Fiat e guai se tale personalismo sia motivo di monito a redarguire sindacalisti che, a prescindere dalla loro appartenenza d’area, vengano intimoriti.
L’analisi va anche fatta a 360 gradi sul perchè di questi tragici avvenimenti i primi a pagare sono sempre i lavoratori, i precari, i deboli coloro che pagano le tasse, e che non arrivano alla seconda settimana del mese.
Volgo l’attenzione a chi soffre e a chi sostiene che occorra una rivolta democratica per iniziare a fare una politica non per l’interesse del singolo, non chiassosa con uno spettacolo indecoroso, ma per i giovani, i disoccupati e per fare anche sindacato a tutela del lavoratore.
Occorre rivedere il ruolo del sindacato partendo però da un percorso comune e ripristinare un cammino unitario se vogliamo davvero salvare una società che è davvero preoccupata per la tenuta democratica.
Solidarietà a Melfi
Lorenzo CREANZA
Segretario Regionale S.I.A.P. Basilicata
CGIL MATERA: IMPIETOSA LA PAGINA SCRITTA ALLA SATA DI MELFI
Impietosa e umiliante verso i 3 lavoratori, verso il diritto al lavoro, verso il nostro territorio, attanagliato dal bisogno di lavoro.
Una pagina che riporta all’antico, al tempo in cui i padroni licenziavano gli operai se non si piegavano alla loro volontà, al tempo in cui per raggiungere il massimo profitto, si negavano diritti e si trattavano i lavoratori peggio delle bestie.
Sembra di assistere ad un dejà vu in un contesto, all’apparenza, emancipato ma in cui lo stile non è cambiato. Il padrone umilia l’operaio che, pur avendo fatto valere, per legge, le sue ragioni, pur avendo vinto una causa di reintegro, si vede negare palesemente e superbamente un suo sacrosanto diritto: riprendere a lavorare.
E ciò che fa più male è che questa ennesima grave scorrettezza si consumi con la complicità meschina e cinica del Governo, del Ministero del Lavoro che su tale vicenda restano codardamente in silenzio.
Ma come si può restare indifferenti di fronte ad un simile scempio?
I diritti devono essere rispettati e osservati. Lo sviluppo non può passare attraverso l’azzeramento dei “diritti base” dei lavoratori né la crisi può essere un alibi per negare tutele e garanzie.
Non vince il più forte, devono trionfare i diritti nell’interesse obiettivo di chi è leso, di chi è più debole, di chi è meno garantito.
Nè si può restare a guardare attendendo che una bacchetta magica risolva una situazione così assurda e paradossale.
E’ tempo di reagire tutti insieme, forze sociali e politiche, col fine comune di fare in modo che si perseveri “in una politica di sviluppo e ripresa che subordini tutto e tutti alla suprema necessità di lavorare, nel rispetto dei diritti, e di produrre” (lo diceva G.ppe Di Vittorio nel 1946). Un connubio imprescindibile che si deve avere la forza e la volontà di attuare nell’interesse dei lavoratori e della ripresa economica del territorio.
Non si può prescindere da questo: abbiamo l’obbligo morale nonché il dovere di tutelare i lavoratori e di promuovere uno sviluppo che rispetti i diritti più elementari.
Saremo accanto ai lavoratori di Melfi affinché siano rispettati i loro diritti e si eviti che l’atteggiamento paradossale del padrone Marchionne non diventi un cattivo esempio a cui altri imprenditori si uniformino.
La segretaria generale Cgil Matera Manuela Taratufolo
SOLIDARIETA’ AGLI OPERAI DAL COMUNE DI MATERA
Anche il Comune di Matera ha voluto portare il proprio messaggio di solidarietà ai tre lavoratori della Fiat esclusi dal ciclo produttivo nonostante la sentenza di reintegro da parte del giudice del lavoro.
Ieri, davanti ai cancelli della Fiat di Melfi c’era l’assessore comunale Rocco Rivelli. “Ho voluto essere vicino ai tre lavoratori – afferma Rivelli – perchè credo che le istituzioni non debbano sottovalutare quanto sta accadendo nelle relazioni fra sindacati e azienda. Il rifiuto, da parte dell’azienda torinese, di accettare la prima sentenza del Tribunale rappresenta un pericoloso segnale di allarme per tutti i lavoratori e, in generale, per la tenuta del sistema democratico del nostro Paese. Infatti, la decisione di mantenere i tre lavoratori fuori dal ciclo produttivo, non solo mette in discussione il diritto di sciopero, ma alimenta una complicata relazione fra sistema della giustizia e sistema economico. La inedita decisione della Fiat di non rispettare una sentenza del Tribunale rischia, infatti, di minare l’autorevolezza di uno dei tre poteri dello Stato. La Fiat ha già presentato ricorso in appello, ma nel frattempo dovrà rispettare la legge e riconoscere i diritti dei lavoratori se non vorrà rendersi protagonista di una nuova stagione di tensioni sociali di cui il Paese – conclude Rivelli – non sente davvero il bisogno”.
La segreteria del sindaco
secondo il mio parere ha ragione il dott. Sergio Marchionne, non si può ancora nel 2011 parlare di padroni e operai….ma dove stiamo…tanto dopo questo polverone molto probabilmente la FIAT lascerà la basilicata…con tanti saluti a tutti coloro che criticano la politica di Marchionne…cari sindacalisti se continuate così nel giro di pochi anni in italia non ci saranno più aziende…saranno tutte scappate all’estero….questo vi piace…ma tanto che importa…voi state ABBIGNATI!!!!!!!…come si dice a matera….
DOVETE LAVORARE LAVORARE LAVORARE LAVORAREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
Certo povera Italia, ma perché c’è gente come te!!! La FIAT si sta comportando proprio come i feudatari del Medio Evo! Ha diviso i Sindacati per poter meglio sottometterli! E’ un comportamento vergognoso, che disprezza profondamente i lavoratori, cioè coloro grazie ai quali la FIAT fa utili, non dimentichiamolo!!!!
leggendo il commento di uelo72, devo ancora una volta confermare che in questo paese c’è gente che pur di non lavorare, preferisce la commedia mediatica!!!!…facciamo una radiografia di questi utili che voi sindacati parlate…chi sta meglio in questi periodi di crisi voi o tutta l’industria italiana? il medio evo lo fate voi con il vostro modo di pensare….dovevate vedere nel dopoguera come veramente si stava in fabbrica e…nonostante tutto si lavorava in armonia ed il paese è rinato….ora che si fa?…solo gossip e poi vedrete che questi tre operai finiranno per entrare nella casa del grande fratello proprio come la martani dell’alitalia..vi ricordate? ma pensate a lavorare che nessuno sta con la frusta…..sono chiacchiere……
Certamente i sindacalisti aranno le loro colpe e i loro privilegi però vorrei dirti che nel secondo dopoguerra per i lavoratori non era semplice poichè non avevano i minmi diritti,morivano migliaia di operai nelle fabbriche ogni anno,non vi erano leggi per la sicurezza sul posto di lavoro,sulle malattie pagate,il diritto alle ferie,avevano due permessi all’anno,il riposo settimanale,il massimo di ore lavorative giornaliere fino aldiritto della cassa integrazione ottenuta negli anni settanta.Tutti diritti ottenuti grazie alla lotta dei lavoratori(uomini e donne)tanti dei quali sono morti in queste lotte per garantire questi diritti per loro ed i lavoratori futuri.Diritti riconosciuti da tutte le costituzioni occidentali.
Ed ora non mi va che vengano delle imprese e dei manager industriali a minacciare di delocalizzare le aziende se in Italia non si riducono i diritti dei lavoratori,portando le loro industrie in paesi in via di sviluppo,dove ancora i diritti dei lavoratori non hanno preso piede sono nelle condizioni dell’Italia subito dopo la seconda guerra mondiale. Però anche in questi paesi in via di sviluppo si stanno organizzando sindacati per chiedere ai loro governi leggi a difesa dei lavoratori ci vorranno decenni di lotte sindacali come in Italia ma anche li arriveranno i diritti di cui godono i lavoratori occidentali e non quello che vuole marchionne ovvero il contrario.
solidarieta’ per marchionne a casa chi sabota.
Amico bello, IO sono lavoratore dipendente e vedo ogni giorno con i miei occhi cosa significhi!! Soprusi a destra e sinistra, disprezzo per il lavoratore! I tuoi ragionamenti (!!!) sono qualunquisti, dimostrano pregiudizio nei confronti di chi, ripeto, PRODUCE!!! E nella fattispecie parliamo di lavoratori soggetti a mansioni alienanti e usuranti, non ai “colletti bianchi”. Ma purtroppo l’andazzo degli ultimi tempi è quello: tornare indietro, a quando cioè non c’erano diritti, magari a dormire in fabbrica con tutta la famiglia?? Ah, nessuno sta con la frusta?? Uagliò, p’piacer, se non sai le cose evita di parlare!! E vatti a coccolare quei porci che ci governano!
…dimenticavo: attenzione, perché tornare indietro nel tempo potrebbe essere molto deleterio, per un altro motivo: ricordate gli anni di piombo, l’occupazione delle fabbriche? Indirettamente i lor signori stanno ricreando i presupposti per certe reazioni, meditiamo tutti!!
I principi che enunci sono apparenetemente giusti, ma forse non hai notato cosa sta accadendo nel mondo. Milioni di posti di lavoro si stanno trasferendo dall’occidentale in Cina e paesi simili per la enorme covenienza a produrre la. In questo quadro la CGIL continua le sue battaglie di retroguardia opponendosi anche a qualche turno più disagiato, proclamando inutili scioperi in cui si vieta a chi vuol lavorare di farlo. Quale il risultato? Nessun investimento straniero viene nè verrà mai in Italia ed i disoccupati crescono a dismisura. Ma se fossi tu Marchionne o altro responsabile di grossa azienda, continueresti a mantenere qui una fabbrica senza futuro o correresti dove poter combatter ad armi pari con la concorrenza? Gli operai americani della Chrisler (più occidentali di noi)l’hanno capito, qui lo capiremo mai?