Una politica per pane e il lavoro
Il 7° Congresso provinciale della CGIL di Matera e il successivo sciopero, ambedue ben riusciti, dimostrano chiaramente come il problema del lavoro sia drammaticamente sentito, certo in tutta Italia, ma ancor di più in Matera e provincia. L’ha messo ben in luce la segretaria della CGIL – Manuela Taratufolo -, in una appassionata quanto realistica e responsabile relazione introduttiva.
Lo sciopero è stato soprattutto diretto contro il governo Berlusconi che, in un periodo di grave crisi dell’occupazione e del lavoro, quando cioè alta è la domanda e povera è l’offerta, e, quindi, il lavoratore è obiettivamente più debole, significativamente proprio allora ripropone un attacco all’art. 18, sì da consentire una licenziabilità più facile. Si tratta di un attacco già fallito nel 2002. E il CIACP, proprio nel lontano 2002, pose in termini allarmati la questione. Oggi, perciò, con pieno diritto, a distanza di sette anni e mentre Berlusconi torna ad aggredire l’art. 18, il CIACP ripropone la questione, osservando come licenziabilità e mobilità significano solo ricattabilità del lavoratore.
E’ emerso, peraltro, che le teorie di Marco Biagi, su cui si espresse negativamente la Chiesa (e in particolare la commissione lavoro ecclesiastica presieduta dal vescovo di Locri), non sono vangelo. Infatti flessibilità e mobilità, producendo una condizione di subalternità e ricattabilità dei lavoratori, comportano necessariamente una situazione di provvisorietà con rovinose conseguenze, fra l’altro, sulla organizzazione e la stabilità della famiglia, come è vero che – cosa prevista e temuta dai Vescovi – le convivenze, ormai, stanno via via sostituendo il matrimonio.
Intanto, se ogni cosa va giudicata dai suoi effetti, è certo che mobilità e flessibilità non hanno portato alla creazione di nuovi posti di lavoro né hanno impedito la crisi delle fabbriche e il tragico abbandono di migliaia e migliaia di lavoratori sul lastrico. Per quanto riguarda poi il nostro ruolo di Centro di Analisi Culturale e Politica, vogliamo ribadire che battersi per il lavoro non è limitativo, come qualcuno ha voluto dire in sede di Congresso della CGIL. Non è istanza poetica o romantica. Qualcuno vorrebbe, che si parli di sviluppo, dimenticando che proprio la battaglia per il “pane e il lavoro” determinò lo “sviluppo Italia” e che, al contrario, lo “sviluppo”, se astrattamente teorizzato e perseguito, può farsi sviluppo “distorto e selvaggio”, con concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi, a danno di larghe masse lasciate nel sottosviluppo e nello sfruttamento. Che è, poi, quanto sta avvenendo nell’Italia di oggi, nella Russia e nei Paesi post-socialisti.
Su questi problemi, anzi su questo problema del lavoro, vorremmo ci fosse il dibattito di questa paludosa campagna elettorale comunale, in cui la presenza di circa ottocento candidati sta determinando solo una ansimante ricerca del voto e del singolo voto. Né, peraltro, la campagna elettorale per il Consiglio regionale di Basilicata ha altro carattere, soffocato com’è da manifesti variamente colorati e sproporzionatamente dispendiosi, oltre che, spesso, insistentemente deviata e deviante tra slogan assai di maniera, circa una Basilicata di sogno e una sorta di Paradiso terrestre.
Come possa essere di sogno e Paradiso terrestre una regione col 20% di famiglie sotto la soglia di povertà e con 2.500 emigrati all’anno è – direbbe Manzoni – una di quelle “sottigliezze metafisiche” che noi non ci arriviamo. Ci auguriamo soltanto che, passata la buriana della campagna elettorale, il nuovo Consiglio comunale e il nuovo Consiglio regionale, qual che sia la loro composizione, pongano al primo posto il problema del lavoro.
Giuseppe Pace, presidente del CIACP
Giovanni Caserta, responsabile culturale del CIACP