Saverio Paolicelli ha scelto SassiLive.it per inviare il suo contributo dopo aver partecipato al terzo simposio del Piano di gestione del sito Unesco al quale ha partecipato anche Charles Landry. Di seguito la nota integrale.
La creatività immaginaria
“Suscitare quel coinvolgimento psicologico che è «l’elemento base per promuovere la creatività» e realizzare il potenziale nascosto in ogni città”. E’ l’obiettivo che si propone Charles Landry, urbanista di grido nel suo “The Creative City: a Toolkit for urban innovators”. Invitato dal Gruppo di coordinamento dei simposi messi in campo per la definizione del Piano di Gestione del sito Unesco, il guru della “Smart city” ha lanciato lo slogan che vede le persone come elementi chiave per l’innovazione. Al tradizionale schema secondo cui le idee nascono negli studi di progettazione canonica, si trasformano in progetti attraverso le competenze specifiche di istituzioni o di privati interessati alle realizzazioni tipicamente infrastrutturali, egli sostituisce la molteplicità delle sorgenti d’innovazione costituita da cittadini creativi specie se stimolati da ambienti multiculturali. A questi viene dato modo di esprimersi tramite lo spazio della rete, che raggiunge una pluralità di fattori di trasformazione, non solo istituzionali o del settore, e che risultano capaci di cogliere quelle proposte e consegnarle in modo originale agli utenti finali. La catena del concepimento immateriale e della concretizzazione software è moltiplicativa, estremamente più corta, varia e rapida. Alla base di questa concezione c’è però un assunto, che a molti sarà sfuggito: la creativa è un frutto della libertà. Lo spirito umano per potersi esprimere creativamente deve essere “libero da” tutto ciò che lo vincola a uno schema, lo lega a una struttura di pensiero o lo costringe in un framework realizzativo. Se poi vi è un condizionamento latente, magari nascosto da un entusiasmo giovanile facilmente strumentalizzabile, esso dissimula una libertà tanto virtuale quanto fittizia e rimane in attesa di dettare, al momento opportuno, le sue condizioni: consulenze d’oro, appalti indirizzati, lotti scambiati col consenso. Così, mentre le dias proiettate da Landry percorrono le trasformazioni urbanistiche più eccelse del pianeta, abbinandole al potenziale del sito materano e individuando nel vicinato la risorsa conviviale più forte per un’attrazione turistica a misura d’uomo, il complesso monumentale di S. Agostino sparisce sotto una colata di cemento, la Necropoli di S. Leonardo si trasforma in una discarica pubblica e il ponte d’acciaio di vico Commercio si conficca tra le grotte crollate di un vicinato dimenticato. In quest’ultimo caso la Soprintendenza ai beni artistici pensa di camuffarne i piloni di acciaio con pilastri di tufo, in deroga ai manuali di restauro cui due piani di recupero, decaduti dal 1994, hanno attinto. Il comune materano aveva finanziato i lavori di vico Commercio, stanziando 400mila dei due milioni di euro ottenuti dalla Regione e spendendone 267.471,52, nel 2008. A questi si devono aggiungere i 3.062,40 euro per la perizia geologica resasi necessaria nel 2009, cui fa seguito l’approvazione della variante da parte della giunta Adduce, che ci ha donato l’attuale obrobrio. Per quanto riguarda l’area di S. Agostino è proprio la Soprintendenza l’artefice del progetto, che prevedeva inizialmente la costruzione di un parcheggio interrato trasformatosi successivamente in una sala convegni interrata: è il classico caso in cui il controllore coincide con il controllato. Oggi arriva il Comitato di Pilotaggio per la realizzazione del Piano di Gestione del sito Unesco, in cui figurano i suddetti enti e i responsabili dei suddetti scempi, a pilotare la realizzazione del Piano di Gestione, il quale, in realtà, quando sarà completato risulterà successivo a tre programmi biennali di recupero e alle Previsioni generali di recupero del 2005. Come non chiedersi perché all’improvviso tale “solerzia” operativa? Sarà soltanto conseguenza dalla necessità di rispondere ai requisiti minimi per il conseguimento del titolo di Capitale europea della cultura? Andando a spulciare le direttive emanate dal Ministero dei Beni culturali riguardo ai siti Unesco, in particolare la circolare n.6 del 8 marzo 2012 che attua la legge 771 del ‘86, ci si accorge che la prima condizione per ottenere i fondi previsti dalla predetta legge è che il gestore si sia dotato di un Piano di Gestione. Sarà questo il motivo reale che muove il Comune in questa iniziativa, di per sé basilare nel regolamentare la tutela del patrimonio storico materano ? Certo, i sette anni di ritardo rispetto all’emanazione della legge favorirebbero questa ipotesi. E vista l’efficacia dell’imprenditoria edile nell’accaparrarsi finanziamenti pubblici, potendo contare sulla deferente complicità della classe politica, si può non ipotizzare che alla fine i risultati saranno decisi in sedi diverse e da soggetti diversi da quelli chiamati ora a dare il loro contributo? La libertà dai condizionamenti è in realtà una lontana chimera e se oggi la creatività viene chiamata ad immaginare, domani sarà esclusa quando si tratterà di realizzare.
Saverio Paolicelli