I farmaci. Di seguito il 10° intervento del nuovo ciclo di appuntamenti con il dottor Nicola D’Imperio per “Medicina Live”, il nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Il farmaco trattato è conosciuto da tutti coloro che hanno più di 18 anni di età sotto il nome di “protettore” gastrico, ma non protegge un bel nulla, i protettori gastrici sono altri, come gli antiacidi o il sucralfato; la sua azione è quella di bloccare un enzima nelle cellule gastriche che producono acido cloridrico e che sono collocate nel corpo gastrico (la parte centrale dello stomaco), l’enzima si chiama H+\K+ATPasi e regola la cosiddetta pompa protonica deputata alla produzione dell’acido cloridrico, componente essenziale ed utile per iniziare la digestione nello stomaco, ma che proprio per il suo pH estremamente basso, cioè acido, è responsabile della patologia oggi più diffusa tra quelle gastroenterologiche, la MRGE (o Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo). Volgarmente è conosciuto sotto il nome di acido muriatico e questo nome lo diede Lavoisier, dal latino muria (salamoia), che significa del sale o acqua marina e in passato era molto usato, insieme al sale, per la conservazione di alcuni alimenti ittici, infatti è chiamato anche acido marino, spirito di sale o acido del sale, ma per questi scopi era ed è utilizzato molto diluito. Provate a mettere (maneggiandolo con estrema prudenza) una goccia di acido muriatico puro, quello che si usa normalmente per disgorgare le tubazioni otturate, su un mattone e nel giro di pochi minuti ne eroderà irreparabilmente la superficie. Proprio per questa sua aggressività lo stomaco, oltre che produrre questo acido micidiale, produce anche numerose armi per combatterlo, quali il muco che ricopre la sua parete, che protegge le cellule sottostanti e, inoltre, essendo alcalino, ne neutralizza in parte l’acidità. L’acido cloridrico, insieme ad un batterio, l’Helicobacter pylori (Hp), diffusissimo nel mondo e presente nell’uomo da 150.000 anni, è stato responsabile di quella che fu una vera piaga dell’umanità nel secolo scorso: l’ulcera gastro-duodenale, che è stata debellata con la scoperta degli inibitori della pompa protonica e dello stesso Hp. L’Hp è un batterio che aggredisce le cellule dello stomaco e degli organi limitrofi determinando l’ulcera, la gastrite cronica e anche il cancro gastrico (fortunatamente difficilmente si arriva a questo estremo) e che vive benissimo in ambiente acido, anzi ha bisogno dell’acido cloridrico per sopravvivere. Questo binomio è stato sconfitto con l’associazione di più antibiotici per debellare l’Hp e degli inibitori della pompa protonica che riducendo con efficacia la produzione di acido cloridrico rendono all’Hp inospitale lo stomaco da essi colonizzato.
Ma, si badi, non c’è solo l’Hp ad aggredire lo stomaco e gli organi limitrofi: tutte le volte che si rompe l’equilibrio tra i fattori aggressivi (il principale è l’acido cloridrico) e quelli difensivi (il principale è il muco) con la prevalenza dei primi, si crea un problema, come succede oggi in una delle patologie gastroenterologiche più frequenti, la MRGE in cui l’acido cloridrico risale negli organi al di sopra dello stomaco (esofago, faringe, laringe, cavo orale, addirittura naso e orecchio) a causa di una incompetenza della valvola che separa lo stomaco dall’esofago, il cardias. In tali casi gli inibitori potranno portare alla guarigione di sintomi impensabili quali la tosse, le afte orali, il mal di gola, una rinite, oppure una otite. I tempi però saranno lunghi perché l’azione necrotica dell’acido cloridrico sulle cellule di organi lontani come quelle della mucosa faringea, laringea, gengivale o nasale determinano danni che sono difficili da riparare e i tempi saranno lunghi, anche i dosaggi dovranno essere elevati perché per refluire così lontano vuol dire che la quantità di acido cloridrico è notevole e quindi l’inibizione alla sua produzione dovrà essere maggiore e con dosaggi maggiori.
Dopo la scoperta degli antibiotici quella degli inibitori della pompa protonica è stata una delle più importanti per il mondo della medicina: ha debellato una vera e propria piaga sociale, quella dell’ulcera gastroduodenale, ha prevenuto , e previene, pericolose emorragie in pazienti che sono costretti ad assumere farmaci gastrolesivi, arreca un sostanziale contributo alla terapia dell’RMGE, un’altra patologia che si può definire del XXI secolo, e così via.
La famiglia degli inibitori di pompa comprende l’omeprazolo, l’esomeprazolo, il lansoprazolo, il pantoprazolo ed il rabeprazolo, che differiscono solo per qualche legame nella molecola, che però può giustificare il passaggio dall’uno all’altro in caso di scarsa risposta o di effetti collaterali.
Il problema sostanziale ancora oggi, dopo un’esperienza più che ventennale sugli inibitori di pompa, sono il dosaggio, il tempo di durata della terapia, la disinformazione sulla loro azione e sui possibili effetti collaterali.
Il dosaggio e il tempo di durata della terapia con gli inibitori di pompa, vanno calibrati alla patologia, all’età, alla costituzione del paziente, alle patologie concomitanti.
Nello scorso ventennio sono stati curati con questi farmaci, in tutto il mondo, miliardi di persone, anche “ad vitam”, e la letteratura ha confinato gli effetti collaterali alla cefalea o alla diarrea nel 5% dei casi, problema che spesso si risolve cambiando il tipo di inibitore, inoltre l’omeprazolo può interferire con l’uso di alcuni sedativi, un altro problema, relativo, è la possibile alterazione della flora batterica intestinale in quanto l’ambiente gastrico è meno acido e alcuni batteri fermentativi possono non essere “filtrati” e prendere il sopravvento nelle terapie prolungate, il problema è di facile soluzione o sospendendo per circa un mese la terapia, oppure integrandola con probiotici. Numerosi sono stati gli studi di cancerogenicità sugli inibitori usati per lunghi periodi, sia sullo stomaco che sugli altri organi e questa è sempre stata esclusa. Un’altra azione degli inibitori di pompa può essere la formazione, in circa il 5% dei trattamenti prolungati, di “ectasie ghiandolari cistiche”, cioè le ghiandole che producono l’acido cloridrico lo immagazzinano al loro interno e si dilatano assumendo un aspetto pseudopolipoide che alcuni gastroenterologi-endoscopisti inesperti scambiano per polipi gastrici, spesso allarmando il paziente, ma che non hanno alcuna rilevanza sul piano clinico.
Insomma gli inibitori possono essere usati per lunghi periodi e anche per tutta la vita, come le statine per il colesterolo o l’aspirina per alcune patologie cardio-vascolari, che, a dire il vero, danno sicuramente più problemi collaterali.
Nonostante la innocuità degli inibitori usati per lunghi periodi, si è diffusa, sin dalla loro comparsa, la falsa notizia che questi farmaci assunti a lungo “fanno male”. L’origine di questa fake new risale all’inizio della immissione in commercio degli inibitori, quando avevano un costo elevato; allora le Amministrazioni regionali, per contenere la spesa, imposero delle limitazioni e anche penalizzazioni ai medici curanti che superavano un determinato numero di prescrizioni, per cui questi ultimi, per giustificare la non prescrizione nel lungo periodo, furono costretti a dire ai pazienti che non si potevano prescrivere nel trattamento cronico perché potevano dare dei problemi. E questa cattiva fama gli inibitori della pompa protonica se la sono trascinata sino ad oggi.