Il cancro del pancreas. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 116° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
I tumori del pancreas sono molto rari prima dei 45 anni di età, in media si hanno 8,8 casi all’anno ogni 100.000 abitanti. Essi sono di vario tipo, ma in questa sede parleremo del più frequente, quello che prende origine dalle cellule che formano il tessuto ghiandolare che produce gli enzimi per la digestione degli alimenti, l’adenocarcinoma.
Le cause possono essere ereditarie, cioè genetiche, e di tipo tossico-metabolico-ambientale. E’ stato dimostrato che il fumo di sigaretta è il principale fattore tossico e il rischio aumenta con l’aumento del consumo di sigarette e questo rischio perdura per circa 15 anni anche dopo che si è smesso di fumare. Un altro fattore è quello alimentare, infatti si è dimostrato che una dieta con eccessivo consumo di grassi e carne può esporre al rischio di contrarre un carcinoma del pancreas, al contrario un effetto protettivo è stato dimostrato per la frutta fresca e i vegetali. Il diabete è spesso presente nei pazienti affetti da questa malattia, ma più che una causa è la conseguenza della distruzione, da parte del tumore, del tessuto pancreatico sano e quindi anche delle cellule che producono insulina, il diabete si presenta solo nelle fasi più avanzate della malattia.
I sintomi sono tardivi e si hanno solo quando la diffusione del tumore è massiva, quando purtroppo solo il 20% di questi pazienti è ancora operabile. Il pancreas, come abbiamo già detto precedentemente, è suddiviso in tre regioni, la testa, il corpo e la coda; quelli della testa presenteranno dei sintomi relativamente più precoci. Attraverso la testa del pancreas corre il coledoco, che porta la bile dal fegato al duodeno, quindi l’accrescimento del tessuto neoplastico in questa regione comporterà una compressione e coinvolgimento anche del segmento più distale del coledoco con un ostacolo al deflusso della bile che fa così fatica a scaricarsi nel duodeno, ristagna a monte e determina un riversarsi della bile nella circolazione sanguigna che determina l’ittero, cioè una colorazione giallastra prima delle congiuntive, dove è più evidente, e quindi della cute. Poiché la bilirubina (componente della bile) viene eliminata dai reni, ciò determinerà anche una colorazione giallo-arancio-ocra delle urine, mentre la ridotta quantità di bile nell’intestino comporterà una colorazione pallida delle feci. Un adenocarcinoma che interessa il corpo e la coda del pancreas avrà un’insorgenza ancora più subdola, non ci sarà l’ittero e tutti i segni di laboratorio che riconducono ad un blocco del deflusso della bile, e quindi la diagnosi sarà ancora più tardiva, infatti i casi operabili calano al 10%.
Oltre all’ittero un altro sintomo frequente è il dolore in sede epigastrica, cioè addominale centrale, più o meno a livello della regione dello stomaco, e sarà di media intensità, non come quello acuto e violento della pancreatite acuta o cronica, ma sordo, continuo, spesso irradiato alla schiena e spesso insorge, o si accentua, dopo i pasti. Si accompagnano anche altri sintomi aspecifici come la nausea, il facile affaticamento, la perdita di appetito e di peso corporeo.
La diagnosi si fa con i mezzi strumentali a nostra disposizione, che portano alla diagnosi certa nel 95% dei casi,essi sono: è sempre bene iniziare con una EGDS (gastroscopia) per essere sicuri che il dolore non venga dallo stomaco o dal duodeno, se questa sarà negativa si eseguirà una semplice ecografia dell’addome superiore che è spesso la prima a supporre la diagnosi, seguiranno la TAC, o la Risonanza Magnetica, o la ERCP (colangio-pancreatografia endoscopica), la PET, l’Ecoendoscopia con agoaspirato dalla massa neoplastica. I markers neoplastici, in particolare il Ca 19-9 sarà spesso aumentato. In almeno il 50% dei casi la sola ecografia porrà il sospetto diagnostico, ma la diagnosi sarà poi affidata alla TAC con mezzo di contrasto che farà diagnosi in più del 90% dei casi, non solo, ma ci dimostrerà la eventuale presenza di diffusione della neoplasia nel fegato, o nelle strutture limitrofe come il peritoneo, il duodeno, lo stomaco, la vena porta, l’arteria o la vena mesenterica superiore. Dell’ERCP abbiamo già parlato prima, ma, a causa della sua invasività e delle sue complicanze è bene riservarla solo ai casi in cui è necessario eseguire un drenaggio biliare mediante un inserimento di protesi nel coledoco. Una buona Risonanza Magnetica, con studio particolare del coledoco e del dotto pancreatico del Wirsung è stato dimostrato che ha una affidabilità diagnostica pari alla ERCP, ma in compenso non è invasiva e quasi del tutto priva di complicanze. L’EUS (ecoendoscopia) ci sarà d’aiuto nei casi dubbi in quanto permetterà l’aspirazione di cellule della massa neoplastica e quindi la conferma che le cellule del tumore sono deviate, impazzite.
La terapia sarà chirurgica solo nei casi che non mostrano diffusione alla TAC e consisterà nella duodeno-cefalo-pancreasectomia, cioè nell’asportazione in blocco della testa del pancreas o di tutto il pancreas compreso il duodeno, ma, come abbiamo già detto, solo un 10-20 % dei casi è operabile, negli altri casi quello che si potrà fare sarà una terapia palliativa di drenaggio della bile. Ma anche dopo l’intervento la media di sopravvivenza è di 10-20 mesi e la sopravvivenza a 5 anni dopo l’intervento sarà solo del 10-25 %.
Potranno eseguirsi degli interventi endoscopici palliativi, come l’inserimento di protesi biliari nel coledoco che hanno lo scopo di drenare la bile che fa fatica a scaricarsi nel coledoco, oppure la chemio terapia o la radioterapia neo-adiuvante che hanno lo scopo di ridurre la massa neoplastica in modo che un intervento chirurgicoabbia più possibilità di successo.
Ma i progressi della scienza galoppano veloci e i risultati di noi medici che affrontiamo l’adenocarcinoma del pancreas migliorano rapidamente e presto riusciremo, se non a vincere, almeno a migliorare la prognosi di questo che è il tumore più aggressivo e infausto dell’apparato digerente.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it