Razzismo e salute. Di seguito l’8° intervento del nuovo ciclo di appuntamenti con il dottor Nicola D’Imperio per “Medicina Live”, il nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
(tratto da un articolo del 20 febbraio 2025 del BMJ con commento di Nicola D’Imperio)
Pubblico e commento questo articolo su un argomento che negli USA e in altri Paesi con numerosa componente migratoria e “colored” è ben conosciuto, ma che anche in Italia sta diventando di interesse sociale essendo aumentata esponenzialmente negli ultimi decenni la quota di popolazione immigrata.
Analizzando il rapporto tra la salute e il colore della pelle del paziente un dato strabiliante è stato pubblicato dal dr. Linton S. sul BMJ (British Medical Journal) del mese scorso e riguarda una ricerca epidemiologica eseguita su un campione di 200.000 donne: le donne nere hanno più del doppio delle donne bianche di probabilità di morire per cause legate alla gravidanza. Questa disugualianza non è completamente spiegata dai fattori socio-economici. La spiegazione è il razzismo. Anche in termini di salute in generale le minoranze etniche hanno i peggiori risultati in termini di salute e ancora peggiori sono per i neri. Questo è un cenno se si parla di pazienti.
Sempre restando in Inghilterra, viene analizzato questa volta non più il rapporto tra l’etnia o il colore del paziente e la sua salute, ma il rapporto tra l’etnia o il colore del medico e la sua professione: il rapporto tra minoranze etniche ed inglesi non è neppure estremamente negativo in quanto i medici di etnia diversa sono il 40% rispetto al 60% di inglesi. Non dimentichiamo che siamo in Inghilterra che da almeno 200 anni vede nella composizione della società una ampia fetta di popolazione di origine asiatica. Ma un dato estremamente negativo viene da un rapporto del 2021 dell’Institute for Fiscal Studies in cui solo il 3% dei “medici junior” erano neri, inoltre questi hanno minori possibilità di progredire verso ruoli di “medici senjor”, cioè dirigenziali.
5 anni fa sempre il BMJ, in una sua edizione tematica, ha catalizzato il dibattito sulla discriminazione razziale in medicina, analizzandola sia nella componente “paziente” che nella componente “medico”. Il dibattito non è stato avviato ma almeno è stato dato un impulso per l’analisi e per la ricerca di soluzioni con la creazione di organismi come il “Race and Health Observatory”. Dopo 5 anni i curatori di quella edizione tematica speciale del 2020, i dottori Mala Rao e Victor Adebowale non sono arrivati a conclusioni univoche perché Rao sostiene che l’edizione speciale con l’osservatorio abbia segnato una svolta nell’uguaglianza razziale e abbia cambiato il volto nella diversità, inclusione e uguaglianza nell’assistenza sanitaria, mentre il dr. Adebowale sostiene che un certo progresso, in 5 anni, c’è stato ma è “glaciale” e che la vera equità impiegherà ancora degli anni per essere raggiunta e ne attribuisce fermamente la responsabilità ai leader mondiali di cui una componente fondamentale dovrebbe essere l’equità e l’eguaglianza razziale. Questo è stato confermato da Aneez Esmail e Sam Everinngton, che una volta, da studenti, sono stati arrestati per aver tentato di evidenziare la discriminazione razziale in medicina. Sostengono che l’unico progresso che sia stato fatto è il semplice riconoscimento del razzismo e che il futuro sarà ancora più oscuro ora che la discriminazione è legittimata e incoraggiata a livello globale da Donald Trump e da Elon Musk.
Ma se si vuole affrontare questo problema bisogna avere dei dati certi ed inconfutabili sulla discriminazione razziale della salute come cittadini e sulla discriminazione razziale come operatori sanitari, medici ed infermieri, quindi degli osservatori che prendano in analisi i dati relativi alle etnie e al colore della pelle e metterli in rapporto con la qualità dell’assistenza medica sulla gente o con la possibilità di laurearsi in medicina e fare carriera. Il futuro sembra incerto data la spinta globale separatista delle Nazioni.
Il problema esiste anche da noi in Italia ed è in forte incremento con la crescente popolazione di nuovi italiani di etnia e di colore diverso.
La crisi che sta attraversando la sanità pubblica è evidente a tutti: i tempi d’attesa nelle strutture pubbliche per visite, esami, ricoveri, interventi di qualsiasi tipo, sono sempre più in aumento, spesso improponibili tanto da mettere a rischio la salute e, in alcuni casi, anche la vita della gente. Chi ha delle disponibilità economiche si rivolgerà al privato, ma i meno abbienti rinunceranno a curarsi e tra questi spesso ci sono gli immigrati, le etnie diverse, i neri.
E’ ormai abbastanza frequente ritrovare all’interno degli ospedali medici albanesi, arabi, siriani, palestinesi, cinesi, ma è ancora rarissimo ritrovare medici di razza nera, a dimostrazione delle difficoltà non solo economiche, ma anche razziali, che incontra chi ha un colore diverso della pelle. Quando facevo il primario all’ospedale Maggiore di Bologna avevo nella mia equipe una dottoressa “colored” che era uno dei miei medici più bravi; un giorno venne la figlia di una paziente a dirmi che sua madre, ricoverata presso il nostro reparto, non gradiva essere seguita da una “negra”, detto in modo dispregiativo.