L’attenzione della Regione e della politica regionale non può limitarsi all’operazione di spendingreview, che dovrebbe portare una ventina di milioni di euro in meno nelle casse regionali, o magari concentrarsi sul decreto del Ministro Lorenzin sulle cosiddette “inappropriatezze”, tralasciando invece l’obiettivo del Piano Sanitario Regionale racchiuso nello slogan “ammalarsi meno, curarsi meglio” e quindi affrontare le “appropriatezze” di servizi e prestazioni.
Intanto, va raccolto anche da noi il “mea culpa” del Ministro Lorenzin sul delicato tema della comunicazione delle misure contenute nel suo provvedimento con l’ammissione che si è sbagliato sulla comunicazione. E’ quello che sta accadendo tra l’utenza lucana frastornata e, a ragione preoccupata,a seguito del bombardamento di servizi del Tg3, notizie su tagli e riduzioni . E se dunque, come sostiene il Ministro, l’aumento dei costi sanitari ha avuto l’indubbio merito di collocare la valutazione dell’appropriatezza al centro delle politiche nazionali e regionali, per comprendere innanzitutto le motivazioni di spese inutili (per Lorenzin circa 13 mld l’anno) la proposta di far sì che la commissione di aggiornamento dei Lea incaricata di esaminare e rinnovare annualmente i Livelli essenziali di assistenza, possa diventare commissione di aggiornamento dei Lea e dell’appropriatezza, può rappresentare una nuova base di confronto. Sempre che non diventi uno schema rigido, una tabella fissa di regole per sanzionare i medici e gli operatori del settore.
Noi lo stiamo dicendo da troppo tempo: ci sono margini di risparmio che abbiamo più volte indicato a partire ad esempio, dalla separazione della diagnostica dalle altre attività oppure l’accorpamento della FKT con la riabilitazione ex art. 26; valutare la possibilità e la convenienza, sul piano dei rapporti costi-benifici, di assegnare ai privati la rete dei centri prelievi. In sintesi, si potrebbe consentire non solo la contrattualizzazione di nuovi e diversi settori dell’ambulatorialità privata da offrire ai cittadini, ma si potrebbe anche immaginare il pieno rispetto delle previsioni del D. Lgs. n. 229/99 circa la retribuzione, ancorchè in maniera differenziata, delle prestazioni extrabudget così come avviene da oltre un decennio per i contrattualizzati ex art. 26. Su tutto ciò avremmo voluto interloquire, dimostrando di essere in grado di accettare la sfida lanciata dal legislatore nazionale per una assistenza del territorio qualificata, efficace ed efficiente.
La principale ragione del ricorso al privato, come è noto, è individuata nelle lunghe liste d’attesa seguita dalla possibilità di scegliere il medico di fiducia. Dunque, la strada dell’integrazione tra pubblico e privato, pur in presenza di vincoli di spesa molto stringenti, come riconosce il Governo Renzi senza trovare sintonia con quello Regionale, appare come una delle poche strade percorribili per rispettare il principio di garantire a tutti il diritto di cure appropriate in modo efficace, nel contempo alimentando un sistema, quello della white economy, che può rappresentare un driver per lo sviluppo e l’occupazione del sistema Paese. Solo da una virtuosa integrazione pubblico-privata, unita alla valorizzazione dell’economia della salute, dell’assistenza e del benessere della persona, può scaturire un forte cambiamento di tipo produttivo e occupazionale utile al rilancio economico e sociale della nostra regione e del Paese.
Occorre, quindi, ripensare il ruolo dell’ambulatorio e del poliambulatorio specialistico in un’ottica dinamica di riorganizzazione dell’assistenza che, partendo dalla domanda effettiva di servizi al cittadino, riconosca all’attività ambulatoriale un ruolo centrale e vicino all’utenza e al territorio. E dopo le aperture al confronto di Renzi e Lorenzin la questione può essere finalmente spogliata dalle polemiche e affrontata nel merito anche dalla regione Basilicata. E solo le linee guida ed i protocolli diagnostici, stilati e tenuti aggiornati dalle società scientifiche, possono fornire una corretta indicazione sull’appropriatezza. Senza sanzioni ad adiuvandum a quelle già previste dal Codice deontologico.