È molto diffusa la percezione che la qualità dell’assistenza sanitaria pubblica si vada riducendo, con punte di grave malcontento nelle regioni meridionali dove il 72% giudica inadeguati i servizi sanitari offerti dalla propria regione. È quanto emerge dal Monitor Biomedico 2014, l’indagine condotta periodicamente dal Censis che – a parere dell’ANISAP Basilicata – conferma la nostra indicazione: un miglioramento della qualità e delle performance della sanità, oltre che della sua sostenibilità, può essere prodotto attraverso una azione di rafforzamento della cosiddetta medicina del territorio, dalla medicina di base, alla assistenza domiciliare, alla prevenzione, alla diagnostica, alla riabilitazione.
L’aspetto che pesa ancor più negativamente nel rapporto con le strutture sanitarie pubbliche – secondo quanto continua a segnalare il Censis – è la lunghezza delle liste d’attesa: è l’opinione del 64% degli italiani. Negativo è anche il giudizio sulla chiusura dei piccoli ospedali: il 67% si dichiara contrario, perché costituiscono un presidio importante (44%). Cresce la quota di coloro che reputano negativa l’attribuzione di maggiori responsabilità alle Regioni (il 36% di oggi contro il 30,5% del 2012) mentre a causa della crisi, nell’ultimo anno il 53% degli italiani si è rassegnato a sopportare tempi di attesa più lunghi per effettuare analisi, visite e cure mediche nelle strutture pubbliche. Ed è aumentato il «fai da te»: il 48% si è rivolto direttamente al privato per effettuare analisi, visite e cure a causa delle liste d’attesa, il 35% si è rivolto al privato per ricevere prestazioni di migliore qualità, e due terzi degli italiani hanno sostenuto spese di tasca propria, in particolare per il ticket sui farmaci (66%) e sulle visite specialistiche (45,5%), o per le prestazioni odontoiatriche private (45,5%).
Dunque il settore pubblico pur offrendo servizi di buona qualità – sottolinea l’ANISAP – non è in grado sempre di rispettare criteri di efficienza, cui è possibile sopperire solo con un’offerta compensativa privata. Coordinare, razionalizzare, rendere rapidamente accessibili i servizi di cura e la diagnostica, controllare e innalzare il livello qualitativo di alcuni servizi oggi caratterizzati da un limitato livello di professionalizzazione degli addetti può essere un compito che, operatori privati qualificati possono effettuare, certamente nel rispetto di almeno tre condizioni essenziali: agire in una prospettiva di integrazione collaborativa (e non di sostituzione) con il settore pubblico; garantire e tutelare i diritti di chi accede alle cure ed alle prestazioni, a costi accessibili; essere sottoposti al controllo di organismi pubblici di vigilanza. Il percorso che le politiche di protezione sociale, specie nella componente sanitaria e di assistenza, oggi hanno di fronte appare, pertanto, di grande complessità, ma anche ricco di opportunità. La strada dell’integrazione tra pubblico e privato, in presenza di vincoli di spesa molto stringenti, appare come una delle poche strade percorribili per rispettare il principio di garantire a tutti il diritto di cure appropriate in modo efficace, nel contempo alimentando un sistema, quello della white economy, che può rappresentare un driver per lo sviluppo e l’occupazione del sistema Paese.
”Il nostro sistema sanitario – sottolinea Antonio Flovilla, presidente ANISAP Basilicata – si trova ad affrontare due importanti sfide: l’innovazione e la sostenibilità finanziaria e strutturale del sistema. Solo una visione ampia che superi i confini della sanità può considerare correttamente i benefici del settore della sanità e della salute dei cittadini anche in altri ambiti (economico, produttivo e sociale). L’evoluzione del nostro SSN non può prescindere da un approccio nuovo, più integrato, che va da una ri-definizione delle prestazioni e dei servizi offerti dal sistema e una riallocazione delle risorse disponibili in funzione delle priorità individuate, alla digitalizzazione delle attività e l’utilizzo delle informazioni per offrire ai pazienti servizi ad alto valore aggiunto”.