I mondiali di calcio rappresentano uno degli ultimi grandi eventi emozionali di massa in grado di sintonizzare e sincronizzare le emozioni delle persone. Neurologi, psicologi e sociologi – sottolinea l’ANISAP (Associazione Nazionale Strutture Sanitarie Private accreditate) Basilicata – si dividono proprio come i tifosi delle squadre nazionali: c’è chi li considera una follia dell’istinto, chi una purificazione comunitaria. Per alcuni solo una scusa per stare in compagnia, il pretesto che tutti aspettano per fermarsi, per ritrovarsi, quasi sempre con gli stessi amici che portano fortuna, per abbuffarsi di pizza, panini, bere qualche bicchiere in più, tra un calcio di rinvio ed un assist e l’attesa del goal. Per altri sarebbe la riscoperta dell’orgoglio nazionalista, dei colori del Paese di appartenenza e da amare, almeno in occasione delle partite di calcio. Ma, forse, nessuno prima dell’edizione 2014 della Coppa del Mondo si era spinto come il prof. Piero Barbanti, Responsabile del Centro per la diagnosi e la cura delle cefalee e del dolore dell’IRCCS San Raffaele Pisana, a considerarli “una positiva ondata di stress”. Per dirla in linguaggio tra lo scientifico e quello del costume – evidenzia l’ANISAP – una scarica di energia vitale che comincia già prima del fischio d’inizio, con l’attesa adrenalinica della partita. E che continua durante i 90 minuti di gioco con il sottile piacere dato dalla voglia di fare gol, e anche dal rischio di poterlo subire.
Ma cosa avviene nella nostra testa? Cosa è che innesca tali meccanismi? E’ lo stesso prof. Barbanti, a dare un’idea dell’impatto dei mondiali sul nostro cervello. «Il primo aspetto è l’attesa dell’evento» spiega il neurologo, «che vuol dire motivazione ed energia. Il sistema vegetativo, il nostro ministro degli interni, indirizza progressivamente la vita viscerale dal tram tram quotidiano verso l’inquietudine, tramite una attivazione simpatica adrenergica. Il risultato è una sensazione di maggiore di vitalità». «Poi c’è la partita, e dunque il senso del rischio. E’ questo l’elemento eccitante per il tifoso, non il conseguimento del risultato finale. E’ dimostrato che il “piacere per la ricompensa” (reward) è elevatissimo nelle condizioni di massimo rischio (cioè il soggetto non sa se vincerà o perderà) e minimo nelle condizioni estreme (quando sa di aver perso o di avere vinto)». E’ un meccanismo che coinvolge la dopamina e una serie di circuiti che vanno dalla corteccia cerebrale (area che solitamente fa da freno agli impulsi) a nuclei profondi come lo striato ventrale e l’accumbens. «Ma è indiscutibile che i mondiali costituiscono un’occasione irripetibile di socialità e felicità collettiva in un mondo in cui accostiamo ma non amalgamiamo con l’altro le nostre esperienze emotive».
Mentre si “soffre”, si gioisce, si esulta. Si ride, si scherza, si urla. E un po’ ci si stressa pure anche se, secondo la teoria di Barbanti, «è una positiva ondata di stress».
Giu 20