“I rilievi della Corte dei Conti di Basilicata al bilancio 2015 dell’Asm riguardano profili formali inerenti il rispetto di limiti di spesa previsti dalle norme nazionali che di fatto finiscono per rendere non modificabili alcune scelte gestionali dell’Asm, in seguito a disposizioni regionali in parte e a prescrizioni nazionali”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione dopo il lavoro della Corte dei Conti.
Ma procediamo con ordine:
– il bilancio 2015 e’ stato approvato dalla Regione Basilicata, con il preventivo parere favorevole del Collegio sindacale dell’Asm. Il provvedimento della Corte dei Conti non e’ non approvazione del documento contabile ma una valutazione con segnalazioni di criticità sull’andamento della spesa rispetto ai parametri fissati dagli obiettivi nazionali di contenimento dei costi indipendentemente dal saldo di bilancio che non va dimenticato per l’anno 2015 si è chiuso in equilibrio grazie alla parziale rifusione dalla Regione dei maggiori costi per farmaci, mentre il 2016 con un avanzo di 3,8 milioni di euro. Bilancio 2015 chiuso in equilibrio nonostante nello stesso anno la spesa per i farmaci innovativi (biologici per malattie oncologiche, antivirali epatiti etc.) sia letteralmente schizzata alle stelle (circa 6 milioni di euro solo per la cura delle epatite C). Ora, rispettando ed apprezzando pienamente le considerazioni dell’organo di controllo contabile rispetto alla spesa sui farmaci, riesce davvero difficile immaginare come l’Asm nel 2015 avrebbe potuto dire alle decine di malati di epatite C, nonostante un obbligo di legge nazionale: “mi dispiace, ma il comma x dell’articolo y vieta di superare una certa soglia di spesa. Per cui anche se un’altra norma dello Stato impone di curare I cittadini anche con costosissimi farmaci innovativi, non si sarebbe dovuto procedere nella erogazione di tali importanti ed innovative prestazioni sanitarie di elevato costo”.
– la spesa del personale a tempo determinato del 2015 è avvenuta per preminenti esigenze assistenziali, specialmente per far fronte a situazioni imprevedibili come sostituzioni di malattie e gravidanze (per le quali non può essere assunto personale a tempo indeterminato) e comunque nelle more del completamento delle procedure di assunzione a tempo indeterminato. Lo si è fatto rispettando le norme regionali allora vigenti. In altri termini, la norma nazionale vieta di ricorrere al precariato per esigenze assunzionali e quindi impone alle Aziende -con una norma che, si badi, costituisce principio generale- di ridurre progressivamente il costo del tempo determinato. Nel caso dell’Asm, tuttavia, nel 2015 il tempo determinato non è stato impiegato in via surrogata aumentando il precariato, ma transitoriamente anche nelle more del completamento dei concorsi a tempo indeterminato. E senza oneri aggiuntivi poiché ciò che l’Asm spendeva per pagare gli infermieri, gli oss, gli autisti del 118 a tempo determinato era identico alla spesa (già disponibile ed autorizzata dalla Regione Basilicata) che avrebbe sostenuto per il tempo indeterminato. Ne è prova la circostanza che, anche nel 2015, la spesa complessiva del personale è ulteriormente e sensibilmente diminuita rispetto al 2014 e agli anni precedenti. Ricorrere al tempo determinato durante l’espletamento dei concorsi a tempo indeterminato non solo era ammesso dalla Regione, ma non è nemmeno un’invenzione dell’Asm: lo dice chiaro chiaro il comma 542 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, quando prescrive che “…nel periodo dal 1° gennaio 2016 al 31 luglio 2016, le regioni…qualora si evidenziano criticità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (le prestazioni che eroga l’Asl, ndr), possono ricorrere, in deroga a quanto previsto dall’articolo 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78…a forme di lavoro flessibile…Se al termine del medesimo periodo temporale permangono le predette condizioni di criticità, i contratti di lavoro…possono essere prorogati fino al termine massimo del 31 ottobre 2016…”.
Tradotto dal freddo linguaggio legislativo significa che se, come avvenuto in Basilicata ed altrove, non c’è personale per garantire i servizi, per rispettare le norme sull’orario massimo di lavoro etc. le Aziende sanitarie possono derogare al limite della spesa del personale a tempo determinato. Ed è ciò che è successo, si ripete, per garantire la continuità delle cure per il tempo strettamente necessario al completamento dei concorsi a tempo indeterminato. E senza incremento di costi, tanto che la spesa continua a scendere rispetto al 2009 (in quell’anno era stata di ben 137 milioni di euro, ridottisi nel 2015, in soli 5 anni di ben 14 milioni di euro attestandosi a 123 milioni di euro).
– le manutenzioni degli immobili dell’Azienda hanno superato il 2% fissato a livello nazionale, ma la stessa Corte dei Conti prende atto che essendo alcuni immobili obsoleti hanno bisogno di maggiore cura, pena la messa in pericolo della incolumità di pazienti ed operatori.
Detto altrimenti, il 2% è una media stabilita a livello nazionale, che vai poi calata in ogni realtà aziendale.
Ma come funziona il meccanismo? La norma dice che per le manutenzioni non bisogna superare il 2% del valore dell’immobile. Ora, prendiamo a caso un intervento effettuato (e nel 2015 sono stati numerosi) su un vecchio immobile di un distretto ubicato in un paesino della provincia di Matera. Poiché il valore di quell’immobile è -come appare inuitibile- molto basso, un qualsiasi lavoro anche di modesto importo risulta superiore al 2% del modesto valore dell’immobile. L’intervento risulta comunque improcrastinabile per poter erogare le prestazioni sanitarie . Detto in parole povere, mettere a norma gli impianti elettrici di un distretto sanitario comunale per -si ponga- 15 mila euro equivale al 3% del valore dell’immobile, mentre gli stessi 15 mila euro spesi nell’ospedale di Matera che vale infinitamente di più sviluppa una percentuale da prefisso telefonico. Quindi, a meno di sostenere che quell’impianto elettrico andava lasciato così com’era (e in tutta franchezza non ci sentiamo di aderire a questa ipotesi), è facile intuire che l’Asm aveva del tutto l’obbligo di intervenire.
E’ sconfortante – non c’entra qui il prezioso ed apprezzabile giudizio contabile sul bilancio 2015 che è atto dovuto- considerare come da un lato l’operato dell’Asm si presta a critiche da parte delle associazioni dei pazienti e delle organizzazioni sindacali perché manca il personale o quello che c’è non regge giustamente più i turni talvolta massacranti e, dall’altro, gli stessi soggetti vorrebbero il rispetto delle stringenti norme nazionali in tema di spesa di personale, che di fatto impedirebbero di accogliere le loro richieste. Appare, come è evidente, una stringente contraddizione.
Infatti, proprio nei giorni scorsi l’associazione dei pazienti nefropatici aveva criticato la mancanza di personale nel reparto di Nefrologia a Matera per evidenti politiche di gestione aziendali del personale ritenute molto rigorose . Il giorno successivo le critiche dell’opinione pubblica investono proprio la spesa del personale, che peraltro in termini assoluti scende ormai da anni. Così, da un lato, le associazioni dei malati di epatite C -giustamente- attivano sit-in e manifestazioni per chiedere all’Asm di rendere immediatamente disponibili i farmaci che possono finalmente salvare loro la vita strappandoli ad un’esistenza devastata dai farmaci, dall’altro la c.d. opinione pubblica imputa al management di aver sforato la spesa dei farmaci.
Fermo e nel rispetto totale del prezioso lavoro svolto dai giudici contabili , l’Asm nel 2015 ha semplicemente dato attuazione a norme nazionali (l’obbligo di somministrare antivirali costosissimi ai malati di epatite C), regionali (i vincoli di spesa sul personale anche nel rispetto dell’orario massimo di lavoro), di tutela della salute (intervenire sugli immobili più vecchi e in condizioni di rischio), spessissimo evitando con soluzioni gestionali acrobatiche la riduzione o chiusura o sospensione di prestazioni in favore di chi, quando al mattino si reca in ospedale o nel distretto sanitario, si aspetta di trovare un reparto aperto e funzionante, magari in locali sicuri da cui non cadano calcinacci.
Tutto questo, sia consentito, con una spesa del personale che scende ogni anno e con bilanci in equilibrio o addirittura in avanzo.