I nuovi servizi attivati dal 7 giugno scorso dal Centro Pediatrico Bambino Gesù Basilicata e il cosiddetto tour degli operatori sul territorio non risolvono la questione centrale riferita al “travaso” di casi clinici verso la struttura centrale romana. E’ quanto afferma il coordinatore regionale di IdV Gaetano Cantisani per il quale dopo le prime perplessità sulla presenza accademica del Bambino Gesù di Roma al San Carlo di Potenza, presenza ben pagata dal Servizio Sanitario Regionale e che avrebbe dovuto essere l’attrattore di eccellenza per il segmento pediatrico della sanità lucana, si deve prendere atto della effettiva vocazione “mungitoria” , a danno (era già tutto prevedibile) della Regione Basilicata.
A parere del coordinatore di IdV i supervisori ministeriali avevano visto nell’accordo con il Bambino Gesù un’appendice di eccellenza per la Sanità Lucana, assolutamente da rilanciare sotto il profilo attrattivo. Ma la sfida che l’utenza lucana attendeva era nell’indirizzo del raddoppio delle “linee chirurgiche” dedicate. Quello che avviene oggi, invece, è il semplice trasferimento dei nostri bambini a Roma. Sarà fuori dubbio apprezzabile che i programmi di aggiornamento per il personale sanitario del San Carlo erano finalizzati alla eccellenza del settore, ma – continua Cantisani – ciò che non si riesce a comprendere è il ruolo del Centro che costa ingenti risorse finanziarie regionali come del resto accade per le troppe convenzioni stipulate negli ultimi anni dall’A.O. San Carlo e dalle altre strutture senza nemmeno ricadute occupazionali per i giovani medici lucani.
Ma allora, cosa è cambiato rispetto alla situazione precedente? I mille strombazzamenti si sono risolti in un semplice ambulatorio presidiato da esperti del Bambino Gesù di Roma che provvede a stilare una lista di persone da avviare verso il nosocomio capitolino. La Regione aveva assicurato che il tutto sarebbe avvenuto «non solo senza incremento di oneri per la Regione, ma con l’adozione di un assetto strutturale che avrebbe consentito di ridurre i costi attuali dell’organizzazione nonostante l’incremento nell’offerta dei servizi”.
Intanto però il bilancio, al di là delle comunicazioni altisonanti di Marketing Territoriale, viene etichettato come fallimentare. Soprattutto se la vicenda non ha tolto, né aggiunto nulla, eccezion fatta per le presenze eccellenti. Solo chi è sordo al disagio che monta da tempo nei territori poteva non sentire quant’è profondo lo scostamento tra la sanità virtuale e la sanità reale martoriata con cui si rapportano quotidianamente i lucani. Un’analisi attenta della vicenda potrebbe certificare punto per punto questo disagio che è il risultato di operazioni all’insegna dello spreco di risorse per opera di politici di governo regionale e di manager che qualcuno vorrebbe adesso promuovere a nuovi incarichi di governo come se l’esperienza di manager “prestati” alla politica non abbia insegnato nulla.
«Sono stati chiesti sacrifici per risanare i debiti ma si conferma che, oltre alle entrate dei ticket, milioni di gettito fiscale aggiuntivo, non sono bastati per abbattere i debiti recenti di gestione e per questo, pende ora sui lucani un ulteriore inasprimento di imposte. Sono stati tagliati posti letto in cambio di servizi territoriali e ospedali all’avanguardia ma – conclude Cantisani – i livelli essenziali di assistenza restano negati in molte realtà ed i servizi sono solo sulla carta. Sono state stipulate Convenzioni con grandi Ospedali in cambio della riduzione della mobilità infantile ma risulta che le spese anzichè migliorare vengono raddoppiate”.
Lug 18