Comitato “Non siamo un numero” di Sanità Futura denuncia una storia di malasanità per un esame di polisonnografia. Di seguito la nota integrale.
L’ennesima storia di malasanità con un unico responsabile: la mala burocrazia. Una storia kafkiana che ha del tragicomico se non fosse che a pagarne le conseguenze, ancora una volta, sono le persone. Questa la storia. C.T. ha bisogno di una visita pneumologica e sceglie di farla presso una struttura privata accreditata al Servizio Sanitario Nazionale. Un esame (Polisonnografia) che poche strutture pubbliche erogano, un esame richiesto da medici dell’Asp, e che gli stessi medici hanno consigliato al paziente di cercare altrove in quanto non era possibile erogarlo nelle strutture Asp. L’esame è stato erogato dalla Polimedica di Melfi per conto dell’Asp, in quanto la struttura è accreditata per farlo con il Servizio pubblico. In seguito all’esame è stato prescritto di continuare le cure con un presidio coperto sempre dal Servizio Sanitario Regionale, ma dagli uffici dell’Azienda viene detto al paziente che l’esame eseguito presso la struttura accreditata non era titolo valido. Lo stesso certificato invece è stato accolto e ritenuto valido dall’INPS. C.T. per avere una risposta scritta dall’Asp, dopo un lungo iter di invio mail via pec e lettere di avvocati è in attesa da mesi con la conseguenza che se vuole avere il presidio di cui ha bisogno deve prenotarsi presso l’unica struttura pubblica disponibile (ospedale Villa d’Agri), attendere i tempi della prenotazione (lista di attesa), pagare di nuovo il ticket.
Il caso – commenta Sanità Futura che con il Comitato appositamente costituito “Non siamo un numero” ha raccolto oltre 9 mila firme di cittadini a sostegno di una petizione popolare consegnata al Presidente del Consiglio Cicala con al centro la “lotta alle liste di attesa e alla malaburocrazia” – è molto rappresentativo. Esso rappresenta cioè tanti altri casi e rappresenta anche l’ottusità burocratica che nega i diritti che invece dovrebbe garantire. Non si sottovaluti la necessità per il paziente, per proseguire nelle giuste cure e per evitare complicanze, di usare un apparecchio che aiuterebbe la respirazione, ossia il c-pap. Secondo Sanità Futura su un’ipotesi di 10.000 pazienti in “lista di attesa”, circa 1500-2000 riguardano casi come questo. Siamo ad una percentuale incredibile del 15/20 %. Si tratta di pazienti che purtroppo hanno problemi seri e dovrebbero ricevere cure tempestive e appropriate, ingiustamente obbligati a rivolgersi alla struttura pubblica, quindi ad un medico specialista, che dovrebbe certificare una determinata patologia. La soluzione – evidenzia Sanità Futura – sarebbe stata molto semplice e a costo zero: fare una legge regionale che dica quello che sarebbe ovvio, così da evitare che la mala burocrazia ci sguazzi a piacimento, vale a dire che le prescrizioni sono valide se emesse da tutti i medici del servizio sanitario nazionale, a prescindere della proprietà pubblica o privata della struttura in cui lavorano, perchè è il servizio ai cittadini che è pubblico. Il caso tocca un altro aspetto ancora più grave di mala burocrazia, perchè la regione Basilicata (che come tutte le altre regioni ha podestà legislativa in materia sanitaria), ha legiferato sull’argomento; nel 2017 con la legge n. 19, ha finalmente chiarito ai burocrati più integralisti come comportarsi, elencando quali sono i medici che possono prescrivere in nome e per conto del SSN e tra questi ovviamente ci sono anche quelli delle strutture accreditate private. Sembrerebbe tutto risolto… e invece no, perchè le leggi in Basilicata non si applicano. Anzi quelle scritte bene si devono complicare e devono complicare la vita dei cittadini. Ecco che gli uffici dell’Asp tirano in ballo un decreto ministeriale del 1999 dimenticando che da allora c’è stata la riforma del titolo quinto della costituzione che passa il potere di fare leggi alle regioni, dimenticando che un decreto ministeriale è un atto amministrativo e non una legge, dimenticando che la regione Basilicata l’ha fatta una legge nel 2017 ed anche molto chiara, chiedendo oltretutto alle aziende sanitarie di darne immediata attuazione proprio per combattere le liste di attesa e l’inappropriatezza prescrittiva. Si vorrà forse sostenere che questa legge regionale non è valida o inutile? Il timore è che ancora una volta si assisterà a un loop infernale, già visto in altre occasioni, per cui alcuni personaggi difenderanno l’attacco al loro potere emanando delibere e determine dirigenziali che avranno come titolo “l’immediata attuazione della legge” ma come contenuto la menomazione della stessa. Le istituzioni democratiche e la politica cosa fanno? Qualcuno sta già cominciando a stemperare i toni derubricando la drammaticità della situazione di emergenza al livello di ordinaria gestione, per continuare a tenerla in coda in eterno.
Dopo l’audizione in Quarta Commissione con la richiesta di portare la petizione in discussione dell’aula consiliare, il primo tavolo al Dipartimento Salute (con il dirigente generale Esposito) dedicato alle liste di attesa non ha dato ancora le conclusioni operative attese. Anzi – sottolinea Sanità Futura – ci è giunta la convocazione di un secondo tavolo a breve su un’altra questione. Le liste di attesa non sono più un’emergenza prioritaria? Cosa è successo? Dove si è arenato il tavolo di confronto? E il piano straordinario per risolverle? Si sono fatte proposte e si è chiesto al Dipartimento la predisposizione di un piano concreto, fattibile, in tempi rapidi su come risolvere l’emergenza dei ritardi di cura (liste di attesa). Si è chiesto di essere operosi con un metodo di lavoro semplice ed efficace: un problema per volta con relativa soluzione condivisa per poi passare subito al successivo. La tempestività delle cure e delle terapie è l’altra faccia della medaglia della tempestività di atti e provvedimenti della P.A. Per questa ragione rinnoviamo la richiesta di una commissione di indagine, senza preconcetti e prevenzioni, tenuto conto che pur in presenza di lodevoli professionalità, troppo spesso particolari uffici e funzionari responsabili alimentano con il proprio comportamento la mala burocrazia. Sanità Futura continuerà insieme al Comitato “Non siamo un numero” a rendere noti i casi della dura realtà delle emergenze di salute e della mala burocrazia e allo stesso tempo continuerà a chiedere alle istituzioni democratiche azioni e scelte concrete all’insegna della legalità e soprattutto della trasparenza, a cui tutti i cittadini firmatari della petizione hanno diritto.