Gli oltre 9mila lucani che hanno firmato la petizione popolare consegnata al Presidente Cicala non sono affatto convinti che le liste di attesa, vale a dire i ritardi di cura, sono “in via di superamento”. A sostenerlo è il Comitato “Non siamo un numero” e Sanità Futura, associazione delle strutture sanitarie private accreditate aperta da tempo all’adesione di pazienti, che hanno valutato i numeri e le affermazioni emersi in occasione della presentazione del bilancio 2019 dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza. La prima ragione di perplessità da evidenziare – si afferma in una nota – è che sulle liste d’attesa, se al San Carlo una riduzione è avvenuta per il blocco dell’intramoenia (come ha sostenuto dg Barresi), il ritardo per una mammografia o una visita cardiologica o diabetologica (solo per fare alcuni esempi) non sono cambiati nelle altre strutture pubbliche sul territorio. Del resto è lo stesso assessore alla Salute Leone a riconoscere che “il problema delle liste di attesa sta nel fatto che tutti i servizi sono concentrati negli ospedali e quindi i territori sono stati marginalizzati e lasciati a sé stessi” affermando che “i lucani la visita cardiologica o l’elettrocardiogramma la devono trovare a casa loro”. L’assessore Leone “sfonderebbe una porta aperta” e meriterebbe un plauso se si confrontasse sulla griglia di proposte presentate al direttore generale del suo Dipartimento Ernesto Esposito, in occasione del tavolo sulle liste di attesa del gennaio scorso. Su questo problema abbiamo presentato una petizione sottoscritta da un numero di lucani mai visto prima, l’abbiamo sollecitata in IV Commissione consiliare, abbiamo proposto soluzioni vere e ragionevoli da applicare rapidamente e chiesto esattamente quel che dice l’assessore Leone: “più prestazioni e più servizi sui territori”. Qualcuno dimentica che le strutture private accreditate hanno il diritto/dovere di dare questo aiuto al sistema pubblico? Abbiamo anche indicato le cause: circa il 20% del problema è dovuto a un deficit di produzione (insufficiente risposta alla qualità dei reali fabbisogni) un buon 15-20% dipende dalla mancata disdetta di pazienti che non si presentano per la visita-prestazione (gestione e pulizia delle liste di prenotazione), un buon 15-20% da “inappropriatezza”, vale a dire prescrizione di prestazioni non sempre sono necessarie e, in ultimo, l’informatica sanitaria dovrebbe essere minimamente indirizzata anche verso le strutture accreditate. Il risultato fin qui ottenuto? Il tavolo sulle liste di attesa è sparito dall’agenda del confronto, i nostri territori perdono anche capacità di attrazione extraregionale e la “fuga” dei lucani aumenta verso le regioni confinanti perfino per patologie meno importanti – in proposito il direttore Esposito ha riferito che questo saldo negativo costerà alla Basilicata nel 2019 tra i 40 e i 42 milioni di euro che ci toglieranno dal trasferimento nazionale – i nostri indicatori ci dicono che la cifra invece si aggira intorno ai 52 milioni, ma vedremo i numeri ufficiali della Conferenza Stato-Regioni. Ebbene – sostengono “Comitato Non Siamo un numero” e Sanità Futura – dopo il primo tavolo siamo ancora in attesa di conoscere le valutazioni dell’assessore e del suo Dipartimento e, auspicabilmente, le sue decisioni. In proposito non può che preoccuparci la convocazione di un secondo tavolo per il 5 febbraio prossimo con all’odg tutt’altra questione che pure le associazioni hanno sollevato e ci preoccupa non poco anche l’eventualità che la gestione operativa di questo confronto possa essere gestita da chi nel passato ha creato i presupposti delle emergenze che oggi siamo chiamati a risolvere. Se si procedesse con questo “metodo”, almeno per noi – è scritto nella nota – non sarà possibile alcun confronto serio e produttivo poiché si tornerebbe ad un vuoto ritualismo tipico delle precedenti esperienze: sarebbe il miglior metodo per evitare accuratamente le soluzioni. Oggi, tanto più che il presidente Bardi ha annunciato l’avvio dei lavori per redigere il nuovo Piano sanitario, l’assessore Leone ha anticipato alcune idee e pertanto, pur nel rispetto della scelta di affidare a sette esperti il lavoro ricognitivo, le associazioni e i comitati di pazienti vanno coinvolti, ascoltati e presi sul serio e perché no, si potrebbe scegliere a proprio piacimento un esperto anche in questo ambito a garanzia di trasparenza e partecipazione.