In riferimento alle notizie diffuse dagli organi di informazione negli ultimi giorni relativamente ai casi di positività al SARS-Cov-2 nell’Hospice dell’ospedale ‘San Carlo’, la direzione aziendale ritiene di fornire alcuni necessari chiarimenti.
L’ospedale ‘San Carlo’ di Potenza – come noto individuato quale struttura ospedaliera di riferimento per il trattamento del Covid19 nella fase acuta – ha triplicato i posti letto ordinari, di terapia sub-intensiva e di terapia intensiva dedicati a tale patologia, al fine di garantire una risposta adeguata alla pandemia in essere ormai da un anno. È evidente, nel merito, la differenza fondamentale di questa seconda fase rispetto alla prima (marzo-maggio 2020) allorquando, con poche centinaia di casi in Basilicata, il sistema sanitario nazionale fu completamente bloccato per i trattamenti di ricovero e ambulatoriali ordinari, rimanendo operativo solo per le urgenze. Al contrario, la seconda fase pandemica, ben più consistente nei numeri per la regione, è stata conciliata con le attività ordinarie dell’ospedale ‘San Carlo’, proprio per assicurare il diritto alla salute costituzionalmente sancito.
A tal fine sono state messe a punto azioni capaci di assicurare la mitigazione del rischio di contagi ospedalieri, dagli accessi e nuovi locali separati nel pronto soccorso all’effettuazione di tamponi molecolari ‘veloci’ direttamente presso detta struttura, dall’inserimento del tampone nella fase di prericovero all’individuazione di percorsi e procedure di sicurezza per l’intero plesso, dall’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale da parte di pazienti ed operatori alla sanificazione profonda e ripetuta degli ambienti, dall’individuazione di spazi logisticamente e impiantisticamente idonei per il covid all’acquisizione di tecnologia per il monitoraggio, il trattamento e il trasporto dei pazienti covid, dall’effettuazione di tamponi periodici per operatori sanitari e pazienti all’effettuazione tempestiva della campagna vaccinale a tutto il personale, pur nel rispetto della volontarietà sancita dal legislatore. E tutto ciò proprio per garantire, in piena sicurezza, l’intera attività ospedaliera.
Tuttavia, come noto a chi si occupa di gestione del rischio, quest’ultimo non può essere annullato. Non sfugge, infatti, che il periodo di incubazione del SARS-CoV-2 è mediamente di 5-6 giorni, con picchi di due settimane, e può rappresentare fino al 40% della malattia Covid19 per un paziente asintomatico. Pertanto, non è eliminabile il rischio che un paziente, negativo all’accesso in ospedale – come certificato da apposito tampone – si positivizzi nei giorni successivi, coinvolgendo in tal modo altri ospiti di reparto. E i frequentissimi casi segnalati negli ospedali di tutta Italia lo dimostrano. Proprio la costante proattiva campagna di indagini mediante tampone effettuata dai reparti sui pazienti ha reso possibile la diagnosi di alcune positività, molto spesso in quadri clinici di totale asintomaticità, come nel caso dell’Hospice, che non sarebbero state altrimenti rilevate fino alle dimissioni. In questi casi, seguendo le procedure di emergenza, i pazienti continuano ad essere assistiti per la loro patologia principale in ambienti idonei per il Covid19, senza nessuna chiusura di attività o reparti (come erroneamente segnalato nelle già richiamate notizie).
L’azienda ospedaliera regionale ha al proprio interno professionalità di livello, competenza e dedizione tali da garantire non solo l’assiduo rispetto delle procedure di sicurezza, in primis nei confronti del Covid19, ma anche la costante cura del paziente, nella consapevolezza che rinviare il ricorso alle strutture ospedaliere per ingiustificati timori di contagio conduce in molti casi ad intempestive diagnosi e all’aggravamento di patologie, foriere di effetti ben più rilevanti per la salute dei cittadini.
Mar 30