Ersilia, la titolare di un birrificio che registra il 90 per cento di calo di fatturato ma vuole continuare a produrre e vendere e chiede solo di sapere come fare; Luana, coordinatrice del centro prenotazioni del poliambulatorio che non sa più cosa rispondere ai circa 900/1000 pazienti che ogni settimana telefonano per una visita specialistica, un esame o una prestazione non più differibile ma il Centro, inspiegabilmente, continua a non poter svolgere l’attività; Giuseppe, parrucchiere, in attesa dei 600 euro del bonus con moglie anche lei in attesa della cassa integrazione, che si sta preparando a riaprire e non conosce quali misure attuare; Incoronata, commerciante alla ricerca di certezze su ordinanze, dpcm, documenti; Alessandro, odontoiatra, alle prese con le introvabili mascherine ffp2 o ffp3 e con gli enigmatici protocolli di sicurezza da interpretare: sono alcune delle storie di uomini e donne che nel tentativo di salvarsi dall’isolamento rischiano di entrare nel girone infernale della burocrazia che sicuramente non aiuta a fronteggiare il virus. A differenza di medici, infermieri e operatori della sanità, la loro è una trincea di vita con un percorso ad ostacoli solo apparentemente più semplice, in realtà il rischio potrebbe essere altrettanto drammatico. Il “fil rouge” che unisce il loro destino (e il loro futuro) passa da un semplice interrogativo – “È il virus o la burocrazia a distruggere il lavoro?” – Sanità Futura lo ha volutamente scelto e sottolineato per il 4° webinar lucano – un mix tra un tavolo operativo, un’assemblea interattiva e una TV on line – trasmesso in live su Facebook e youtube e su www.sanitafutura.org. (riconsultabile).
Questa volta è stato sufficiente dare voce a persone che sono semplicemente ignorate dalle grandi “strategie” della fase due di ripartenza e il risultato è stato un insieme di testimonianze differenziate, miste tra sofferenza e speranza, con una risposta univoca: la burocrazia rischia di colpire le micro attività produttive e le persone che ne fanno dignitosamente una ragione di vita. Tutti d’accordo sulla conclusione: nel Paese – e in Basilicata – manca, o perlomeno non è ancora chiaro, un sistema in grado di accompagnare e sostenere la fase della riapertura. Purtroppo, a quella stessa macchina burocratica che ha fallito nel rapporto con i cittadini già prima che arrivasse la pandemia, si vuole affidare la gestione dell’attuale contesto di un’emergenza che è ben lontana dall’essere risolta. Le testimonianze anche su questo hanno una sola voce: non ci si può fidare di burocrati che hanno già fatto non pochi danni e che non solo si propongono di gestire la fase 2 ma si occuperanno di fare i controlli che, con queste premesse, si tradurranno in atti discrezionali, vessatori e sanzionatori, che colpiranno chi ha veramente intenzione di rialzare la saracinesca e ricominciare a produrre. Ancora. Una certezza è stata espressa da tutti: ogni misura di prevenzione – dalle mascherine alla sanificazione dei locali – si scarica sulle responsabilità e sulle tasche degli operatori e delle piccole imprese che saranno impegnate nella speranza di sopravvivere. Il rischio reale è quello di finire tra l’incudine e il martello: se non sarà il virus, sarà la burocrazia a uccidere il lavoro?
Di fronte a questo vuoto di chiarezza – dice Michele Cataldi, presidente Sanità Futura – noi non ci arrendiamo. Con l’ultimo webinar e con la nostra campagna social “Stop Coronavirus Basilicata”, non ci siamo limitati a lanciare un messaggio di speranza, di fiducia nelle istituzioni e nella capacità a reagire dei singoli che dovrebbero finalmente mettersi in rete, abbiamo altresì voluto chiedere ai decisori nazionali e regionali un percorso chiaro e percorribile in un contesto fatto di sorveglianza e monitoraggio del contagio, di prevenzione, e soprattutto di informazione-comunicazione sul “come” si deve ricominciare a lavorare. C’è tempo e possibilità per rimediare agli errori perché almeno noi – afferma Cataldi – abbiamo rinunciato alle polemiche e alle sterili proteste preferendo rimboccarci le mani e con atteggiamento fiducioso concentrarci su come affrontare quello che ci aspetta. Tutto questo senza appelli retorici o formali alle istituzioni ma con spirito di collaborazione ed un semplice invito: ascoltateci, ascoltate chi non ha voce ed ha molto da dire e offrire alla causa.
La prima parte del webinar è stata invece dedicata agli aspetti scientifici a riconfermare la convinzione che il virus “è fuori la porta di casa”, con l’ intervento del prof. Enrico Bucci (TempleUniversity Philadelphia) tratto da un webinar dell’Associazione Luca Coscioni con cui Sanità Futura collabora che ha offerto un messaggio chiaro dalla comunità scientifica: “la comitatocrazia (l’insieme di task force, comitati di esperti, consulenti, ecc.) si sta rilevando un sistema inefficiente o nella migliore delle ipotesi una perdita di tempo e di denaro pubblico: solo il metodo “scientifico” del confronto democratico può garantire le risposte al bisogno di salute pubblica e al diritto dei cittadini. In sintesi, il politico ha paura di scelte e le scarica sui tecnici”. La prof. Enza Colonna, lucana, ricercatrice del CNR, ha portato aggiornamenti in merito alla sua proposta di un laboratorio lucano di genetica a cielo aperto. La sua idea parte dalla raccolta dei campioni in Basilicata dei dati sui positivi al Covid-19 per metterli a disposizione della comunità scientifica e dare indicazioni di lavoro alla task force regionale – con tutte le sue strutture – per la gestione dell’attuale fase. I contatti vanno avanti, grazie ai webinar di Sanità Futura – ha detto la prof. Colonna riferendo di un invito ricevuto dalla Commissione Sanità del Senato per presentare il progetto che – ha ribadito – in Basilicata ha più obiettivi, non solo sul fronte della ricerca ma anche per il sistema sanitario regionale.
Infine, Giuseppe Demarzio, clinicalrisk management di Sanità Futura, ha spiegato il ruolo e i compiti fondamentali della sicurezza per operatori e cittadini nelle strutture che erogano servizi siano essi sanitari o di ogni altro genere. Vogliamo riaccendere l’attenzione – ha detto – sul mancato diritto a curarsi per alcune migliaia di cittadini affetti da differenti patologie e che da due mesi non possono fare visite, analisi e cure perché le strutture della specialistica ambulatoriale accreditata, a differenza di quanto accade nella vicina Puglia, da noi sono ancora chiuse.