Rocco Caramuscio, referente di Italia in Comune Basilicata, in una nota invita la Regione Basilicata ad utilizzare le strutture dismesse sul nostro territorio per affrontare l’emergenza coronavirus. Di seguito la nota integrale.
In questi giorni di grande trepidazione e preoccupazione, è indispensabile che la politica dia esempio di coesione e responsabilità.
Il Governo ha adottato misure eccezionali, com’è giusto che sia e anche la Regione Basilicata, dopo un periodo di confusione, ha saputo adeguarsi.
E’ di poche ore fa la disposizione emanata dal Dipartimento Sanità della Regione che prevede la sospensione fino al 3 Aprile, dei ricoveri programmati e degli esami strumentali e diagnostici.
Le azioni, i consigli, le imposizioni, sono tutte improntate a sostenere l’impatto che molto probabilmente saremo costretti a subire nei prossimi giorni anche al Sud.
In questo spirito di collaborazione vogliamo ricordare che tutte le voci sono concentrate sul bisogno di aumentare il personale medico e infermieristico da impegnare sull’emergenza. Cosa questa non più procrastinabile.
Ma forse a molti sfugge che potremmo essere di fronte a una situazione che richiederà anche tanti posti letto per l’emergenza,che alle nostre latitudini mancano a causa delle scelte politiche del recente passato.
I nosocomi lucani non sono tanti e tutti già normalmente fanno fronte all’utenza al limite delle proprie possibilità.
Una soluzione alla portata di mano potrebbe essere quella di utilizzare i posti letto di ospedali in parte dismessi ma con le strutture idonee e corredate anche con apparecchiature nuove e mai utilizzate.
Un esempio per tutti è quello dell’Ospedale di Tinchi dove sono stati spesi diversi milioni di euro, prima per riammodernare i reparti e poi per rendere la struttura antisismica. In esso sono presenti impianti e apparecchiature nuovissime, mai usate.
Di fatto sarebbe pronto ad ospitare, con un minimo di impegno economico e in tempi brevissimi, dei reparti di prima accoglienza per il trattamento dei casi meno gravi.
Sono decine i posti potenzialmente disponibili con stanze di grandezza idonea ad ospitare i pazienti e con una sala operatoria capace di ospitarele apparecchiature per trasformarsi in sala di terapia intensiva.
Forse siamo ancora in tempo per farci trovare meno impreparati.
La minaccia è gravissima e non basta la collaborazione dei cittadini, c’è bisogno di un’assunzione di responsabilità che preveda l’imprevedibile.
C’è un detto che calza a pennello: “Mosè costruì l’arca quando c’era il sole, non attese il diluvio”.
Nella fotogallery delle apparecchiature sanitarie presenti nell’ospedale di Tinchi