Come sta accadendo in Lombardia e Veneto per il sistema ospedaliero della sanità privata che sta contribuendo con medici, strutture e strumentazioni messi a disposizione dei sistemi regionali sanitari ad affrontare il coronavirus, anche il sistema della sanità privata accreditata non ospedaliero è disponibile a fare la sua parte in questa particolare e difficile emergenza salute. Dobbiamo purtroppo registrare che questa nostra disponibilità non trova la dovuta attenzione. E’ il commento di Antonio Flovilla, vice presidente nazionale FederANISAP, con delega al Mezzogiorno che, esprimendo profondo rammarico, aggiunge: scontiamo ancora una sorta di prevenzione mista a confusione tra privato e privato accreditato. I nostri laboratori di analisi cliniche, come in generale i nostri poliambulatori, come sanno bene gli utenti a cui si rivolgono con fiducia e per bypassare le liste di attesa, sono parte integrante del Servizio Sanitario Nazionale. C’è di più: sono più vicini ai cittadini, dispongono di professionalità, tecnologia, strutture, per altro sotto costante controllo, che erogano prestazioni e servizi a costi inferiori, nel caso di analisi cliniche, sino ad un quinto di quelli degli ospedali ed ambulatori delle Aziende Sanitarie Locali. Quindi non solo integrano e sopperiscono al “pubblico puro” ma producono un risparmio perchè i nostri servizi sono sottoposti a tariffe predeterminate e ferme da anni. Altra cosa è il ricorso, come libera scelta del cittadino, alla sanità privata, vale a dire pagata di tasca propria, che non va “demonizzata” e che risponde ad esigenze specifiche, in primo luogo dove e da chi farsi curare. Sono in proposito significative le conclusioni cui perviene uno studio della Fondazione GIMBE: da anni la griglia dei LEA si è progressivamente “appiattita” e non è uno strumento adeguato per verificare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini”. Lo studio GIMBE suddivide le Regioni in quattro fasce sulla base degli adempimenti dei livelli di assistenza dal 2010 al 2017, confermando sia la “questione meridionale” in sanità, sia la sostanziale inefficacia dei Piani di rientro nel migliorare l’erogazione dei LEA. Intanto – aggiunge Flovilla – si conferma che lo Stato certifica l’erogazione regionale delle prestazioni con uno strumento sempre meno adeguato per valutare la qualità dell’assistenza sanitaria. Infatti, a fronte dei risultati dell’ultimo monitoraggio (2017) che documenta un trend dei punteggi LEA in progressivo aumento dal 2012, numerosi report indipendenti nazionali e internazionali attestano invece un peggioramento della qualità dell’assistenza, in particolare secondo la prospettiva del cittadino/paziente.
L’analisi del GIMBE è ancora una volta puntuale perchè in un momento storico per il SSN in cui il Ministro Speranza ha ripetutamente dichiarato che l’articolo 32 è il faro del suo programma di Governo, i dati del report parlano chiaro. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e tra Regioni e strutture della specialistica ambulatoriale accredita e senza un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al luogo e regione di residenza delle persone. L’auspicio è che – conclude Flovilla – superata l’emergenza acuta del coronavirus si stabilisca, una volta per tutte, quali compiti e funzioni possa avere il sistema del privato accreditato. Per questa ragione ogni possibilità di rispondere efficacemente alla domanda di salute che proviene in particolare da alcune categorie sociali – malati cronici, anziani, famiglie, sopratutto delle regioni del Sud – è affidata al nuovo Patto per la Salute, nel quale si devono individuare condizioni, strumenti ed opportunità per una reale cooperazione tra sistema pubblico e privato accreditato a partire dall’abbattimento delle liste di attesa. FederAnisap , come sempre, è pronto a fare la sua parte.
Mar 01